Fortuna, film con Valeria Golino, il regista: “Abbiamo raccontato l’orrore attraverso la fiaba: come Del Toro"

La video intervista a Nicolangelo Gelormini, Valeria Golino e Pina Turco, regista e protagoniste di Fortuna, terribile fatto di cronaca raccontato come una favola.

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Fortuna: Valeria Golino, Cristina Magnotti e Pina Turco in una scena

Dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma 2020, arriva in sala il 27 maggio, distribuito da I Wonder Pictures, Fortuna, film d'esordio di Nicolangelo Gelormini, che racconta un terribile fatto di cronaca, un caso di pedofilia avvenuto a Caivano, che ha portato alla morte di una bambina di sei anni.
Il regista ha scelto di raccontare questa storia non come un thriller, o con un approccio documentaristico. Anzi, Fortuna è quanto di più lontano da una trasposizione fedele della realtà: la bimba protagonista, Nancy detta Fortuna, vive come se fosse in una fiaba.

Crede di essere la principessa di un pianeta lontano e deve tornare nel suo luogo natale, prima che i giganti che la inseguono riescano a prenderla. Non è difficile capire che cosa rappresentino questi mostri incombenti. Nel ruolo della protagonista c'è Cristina Magnotti, con lei anche le attrici Valeria Golino e Pina Turco. Abbiamo incontrato il regista e le sue interpreti proprio a Roma.

La video intervista a Nicolangelo Gelormini, Valeria Golino e Pina Turco

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Fortuna: raccontare l'orrore attraverso la fiaba

Questo film sembra una fiaba, ma in realtà nasconde molto. Mi ha ricordato un po' Il labirinto del Fauno di Guillermo Del Toro. Era l'unico modo possibile per raccontare una storia così tremenda?

Nicolangelo Gelormini: Infatti secondo me doveva farlo lui questo film! L'idea iniziale era di fare un cartone animato, qualcosa di animato, che fosse lontanissimo dalla realtà. Se il film ha mantenuto questa idea fantastica sono soddisfatto, perché volevo nascondere il più possibile la realtà per consentire alla finzione, all'immaginazione, al cinema di mostrare una realtà che altrimenti sarebbe stata immostrabile, indicibile, irraccontabile.

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Fortuna: Valeria Golino, Cristina Magnotti in una scena

Perché la colonna sonora anni '80?

Nicolangelo Gelormini: Dovendo raccontare l'infanzia nel mio immaginario c'è quello che ho vissuto io. Valeria e Pina infatti sono vestite come era vestita mia madre. Non è tanto una ricostruzione, è più un'atmosfera con cui ho familiarità, per consentimi di muovermi con maggiore confidenza.

Fortuna: riconoscere i mostri anche quando non lo sembrano

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Locandina di Fortuna

Ci sono dei mostri in questo film, gli alieni che immagina Fortuna ma anche altri. Come si riconoscono i veri mostri secondo voi? Soprattutto quando non lo sembrano.

Nicolangelo Gelormini: Con l'analisi!

Valeria Golino: Penso che il film, a proposito di mostri, sia sinistro: è anche un film dell'orrore per certi versi. In tutto quello che non vedi, in tutto quello che immaginiamo stia per succedere. Dei giganti ne sentiamo parlare ma non li vediamo. Quello che succede a questo gruppo di bambini e alla nostra protagonista non lo vediamo. Tutto l'orrore è al lato dell'inquadratura. Quindi in questo senso è ancora più sinistro. È ancora più pauroso. Perché è indicibile: se lo facessimo vedere sarebbe pornografico e voyeuristico. Mentre Nicolangelo riesce a farci capire che lì c'è il male. Il personaggio di Maria, la signora che sta nell'androne, vista quasi sempre di spalle, se vogliamo potremmo dire che è la rappresentazione del male. Nicolangelo fa delle inquadrature molto geometriche, ma la sua narrazione è obliqua.

Fortuna: dare forma al rimosso

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Fortuna: Pina Turco e Cristina Magnotti in una scena

Il film è girato in 4:3: le bande nere rappresentano quello che non vogliamo vedere. Per gli attori è più difficile, non potete nascondere una parte del vostro corpo per dare l'idea del rimosso. Come siete riuscite a dare la sensazione di qualcosa che non c'è?

Pina Turco: Nicolangelo è molto bravo a lavorare sulle zone d'ombra. A dirti quello che non c'è dietro quello che è. Noi invece abbiamo un altro compito, dobbiamo portarle alla luce o, talvolta, attraverso la nostra luce nascondere le cose. C'è un doppio gioco. Questa è una storia che esige, da parte nostra, un grande desiderio di lealtà nella costruzione del personaggio. Bisogna essere molto onesti. I mostri si riconoscono quando c'è un grande amore per se stessi e i bambini in questo caso, siccome non hanno ancora gli strumenti intellettuali per avere un amore di sé, andrebbero semplicemente amati. Solo così si riconoscono i mostri. Noi abbiamo fatto lo stesso con i personaggi: abbiamo applicato lo stesso pensiero della contrapposizione dei mostri, abbiamo amato questo personaggio e lo abbiamo costruito in una maniera sincera.