Recensione Star Trek (2009)

Sulla carta, l'operazione di Abrams si presentava come molto rischiosa, ma un'intelligente sceneggiatura, che mescola abilmente presente e futuro, è riuscita a ridare nuova linfa a un mito.

Enterprise: Reboot

Sequel, prequel e remake impazzano oggi più che mai a Hollywood, e questa non è certo una novità. Il caso di Star Trek, però, si presentava fin dall'inizio come diverso, e ciò appariva altrettanto evidente anche all'occhio più distratto. Innanzitutto, stiamo parlando di un autentico caposaldo della cultura pop, che non ha cessato di affascinare e conquistare adepti da oltre 40 anni a questa parte, con un appeal paragonabile solo a quello suscitato da un altro classico (ancorché "rivale") come la saga di Guerre Stellari di George Lucas. Inoltre, al timone di regia c'è un personaggio eclettico come J.J. Abrams, che di recente ha conquistato un vastissimo pubblico televisivo con serie cult come Alias e soprattutto l'ultrapremiata Lost. A tutto ciò, c'è da aggiungere la delusione suscitata nei fan di vecchia data dagli ultimi "figli" della serie originale creata da Gene Roddenberry (ultimo, il discusso Star Trek La Nemesi, uscito nel 2002) che ha ovviamente massimizzato le attese per questo reboot, salite a livelli spasmodici quando è stato confermato che Leonard Nimoy sarebbe tornato a interpretare il "suo" personaggio, il celeberrimo Primo Ufficiale Spock.

Sulla carta, l'operazione di Abrams si presentava quindi come molto rischiosa, anche per la necessità di tornare a catturare l'appeal della serie originale (nata in un contesto storico e culturale molto lontano da quello attuale) adattandola alla sensibilità e ai mezzi moderni, che teoricamente mal si sposavano con quel fascino ingenuo, un po' naif, che caratterizzava i viaggi dell'Enterprise e del suo equipaggio. Sorprendentemente, però, il risultato è decisamente positivo, merito soprattutto di un'intelligente sceneggiatura (opera dei fidati Roberto Orci e Alex Kurtzman), che anziché limitarsi a raccontare l'origine e la formazione dei personaggi, mescola abilmente presente e futuro, in un gioco a incastri che diventa quasi riflessione metacinematografica sulla necessità di far vivere il mito (codificato, riconoscibile) nel contesto del cinema moderno. Operazione riuscita, quindi, e sorprendentemente integrabile (se si vuole) nella timeline originale: il paradosso del viaggio nel tempo e del conseguente cambiamento del passato giustifica le incongruenze, rendendole anzi funzionali alla trama. Incongruenze che, è bene dirlo, non modificano i caratteri dei personaggi, ai quali al contrario lo script si accosta con rispetto: è ben descritta la radicale differenza di carattere tra i due protagonisti (ribelle e impulsivo il capitano Kirk, razionale ma incapace di eliminare la componente emotiva il vulcaniano Spock), ben narrata la loro iniziale rivalità, destinata a trasformarsi presto in un'amicizia sincera ancorché competitiva.
Il tema del viaggio nel tempo (non certo nuovo, ma qui ben utilizzato) permette così di "sdoppiare" il personaggio di Spock, facendo tornare l'anziano Nimoy, ormai settantottenne, al ruolo che gli diede fama mondiale; e di intessere inoltre una complessa storia di formazione, coraggio e vendetta, con un villain (interpretato da un convincente Eric Bana) sorprendentemente ben delineato, le cui motivazioni appaiono persino comprensibili per lo spettatore. Fa il resto una solida regia, che alterna divertenti scene d'azione a un uso del digitale sempre funzionale alle esigenze narrative, riuscendo anche a non far sfigurare il look inevitabilmente retrò dei costumi (le tute dei protagonisti sono riproposte in modo filologicamente fedele) in un'estetica comunque decisamente moderna. Anche gli interpreti principali appaiono in grado di soddisfare i palati dei fans di vecchia data: il Kirk di Chris Pine coglie bene la natura (e la trasformazione) del personaggio nel corso della storia, mentre il "nuovo" Spock interpretato da Zachary Quinto (noto per il suo ruolo nella serie televisiva Heroes) si confronta col vecchio senza timori reverenziali, seguendo bene l'approccio al personaggio della sceneggiatura. Anche Winona Ryder, nel pregnante ruolo della madre dell'ufficiale vulcaniano, fa il suo, e lo fa bene.

Così, questa operazione atipica (prequel? Remake? A noi continua a piacere di più il termine reboot) raggiunge, un po' sorprendentemente, un risultato positivo, dando nuova linfa al mito e continuando a farlo vivere, con i necessari aggiornamenti (o forse sarebbe meglio parlare di contaminazioni, data anche la natura del soggetto) nel cinema attuale. E non è un caso che un sequel sia già in cantiere. Che il Lucas attuale (la cui ILM ha tra l'altro curato gli effetti speciali del film) guardi e, se possibile, impari.

Movieplayer.it

4.0/5