Colpa di comunismo: Elisabetta Sgarbi, le badanti e il crollo dell'URSS

Dal documentario/fiction nato da un'esperienza personale all'avventura della nuova casa editrice, dopo le dimissioni da Bompiani, la regista e scrittrice si racconta in un lungo incontro torinese.

Documentarista, con predilezione per i film d'arte, Elisabetta Sgarbi ha deciso di accostarsi a un tema molto più pragmatico. Colpa di comunismo nasce da un'esigenza personale, legata al peggioramento delle condizioni fisiche dei genitori della regista, ormai anziani. A un certo punto della vita la Sgarbi è entrata in contatto col mondo delle badanti straniere e, dopo aver toccato con mano le difficoltà di inserimento e la fatica quotidiana per trovare un lavoro, ha deciso di fare un film proprio su di loro.

Colpa di comunismo: una scena del documentario
Colpa di comunismo: una scena del documentario

La regista ci racconta con trasporto questo progetto a cui tiene particolarmente perché "è dedicato a mia madre. Questo film è come se l'avesse fatto lei, anche se non lo potrà vedere. Mia madre e mio padre vivevano nel ferrarese e quando hanno cominciato a non essere più autosufficienti io, che vivo a Milano, ho cominciato a cercare persone che potessero assisterli. A questo punto è subentrata la mia collaborazione con Rai Cinema. Ho proposto un progetto che si intitolava Gli italiani non sono autosufficienti, un film dedicato non agli anziani, ma alle persone che li curano. La mia preoccupazione principale era capire quanto queste badanti fossero consapevoli della responsabilità che gli viene affidata quando vengono messe nelle loro mani persone care. Così ho cercato di seguirle nel loro quotidiano e mi sono recata a Fabriano, dove c'è una comunità di badanti rumene molto organizzate e professionali. Mi è stato segnalato il negozio che si vede all'inizio del film e lì ho conosciuto le mie protagoniste".

Lasciare tutto per un futuro migliore

Colpa di comunismo: un'immagine tratta dal documentario
Colpa di comunismo: un'immagine tratta dal documentario

Tra documentario e finzione, Elisabetta Sgarbi descrive il suo intervento registico che le ha permesso di costruire una pellicola molto vicina al quotidiano ponendo al centro della narrazione tre donne diversissime, Michaela, Ana ed Elena che intraprendono un viaggio nel ferrarese alla ricerca di lavoro. "La storia nasce da un mio bisogno personale che mi ha portato a scoprire un mondo di persone umili, che vivono storie minime. Ero consapevole di puntare la cinepresa su figure anticinematografiche, troppo timide o troppo irruente. Le mie tre badanti non sono attrici, ma sono diversissime tra loro. Michaela, che è l'unica ad avere un lavoro, è aggressiva, sfacciata e spavalda. Le altre due sono buone, generose, timide e dolcissime. Il mio compito è stato quello di costruire il rigore cinematografico dietro le loro azioni. Loro mi raccontavano cosa sarebbero andate a fare e io organizzavo tutto per riprendere le loro attività. Alla fine ci ritrovati con tantissimo girato e ci siamo dovuti fermare, ma io avrei continuato a seguirle all'infinito. Molte scene sono state tagliate, forse le reinserimento nel dvd. Il lavoro di selezione del materiale è stato molto lungo". La Sgarbi appare particolarmente toccata dagli incontri fatti nel corso di questo viaggio che l'ha portata ad assumere una delle donne che vediamo nel film, l'infaticabile Marianna, che ospita le tre protagoniste a casa propria tanto da aggiungere: "Queste persone sono davvero dei lavoratori. Sono persone dure, malinconiche, che vivono in un nucleo familiare improvvisato mentre a casa hanno delle famiglie vere".

Nuove sfide: dalla docufiction a La nave di Teseo

Colpa di comunismo: un'immagine del documentario
Colpa di comunismo: un'immagine del documentario

Attuale nella scelta di toccare temi come l'immigrazione e l'accoglienza in un paese straniero, per il suo documentario Elisabetta Sgarbi ha scelto un titolo apparentemente provocatorio. In realtà Colpa di comunismo è una frase pronunciata da uno dei personaggi che riflette sui cambiamenti politici subiti dall'Europa negli ultimi decenni. La Sgarbi ci tiene a precisare che "i ragionamenti politici non sono stati indotti, ma sono spontanei. In una scena padre e figlio, entrambi rumeni, guardano la tv e riflettono sulla situazione. Parlano della differenza tra l'epoca comunista in cui il lavoro era malpagato, ma garantino per tutti e la crisi giunta col crollo dei regimi che li ha costretti a lasciare il loro paese. Queste persone sbarcano il lunario, ma nel contempo hanno vissuto la storia con la s maiuscola. I temi del film sono attualissimi perché la storia ci supera. All'inizio io non avevo pensato a tutte queste implicazioni". La regista commenta poi brevemente la collaborazione con Franco Battiato che, ancora una volta, ha curato le musiche del suo film. "Battiato c'è sempre. Per alcune scene ha composto musiche originali, ma in questo lavoro va verso l'afasia. Anche le pause e i silenzi sono colonna sonora". L'ultima battuta della regista è dedicata alla notizia apparsa su tutti i giornali pochi giorni fa che riguarda la sua decisione di abbandonare Bompiani per fondare la propria casa editrice indipendente, La nave di Teseo. La Sgarbi non ha molta voglia di commentare la propria scelta che definisce "radicale e importantissima" perché preferisce concentrarsi sul film, che uscirà nel 2016 con Istituto Luce. "Il cinema per me è importantissimo. È un mio linguaggio, è un modo di guardare il mondo. Ovviamente anche il progetto della mia casa editrice è importante. È capitato tutto insieme, ma in questo momento preferisco pensare al cinema".