Cattiva coscienza, la recensione: istinto vs. ragione per una commedia originale

La recensione di Cattiva coscienza: Davide Minnella dirige una commedia dal tocco fantasy, immaginando le coscienze come se fossero degli esseri umani. Funziona, nonostante ci siano ben pochi sussulti. Protagonisti del film Francesco Scianna, Matilde Gioli, Filippo Scicchitano, Beatrice Grannò.

Cattiva coscienza, la recensione: istinto vs. ragione per una commedia originale

Ad un certo punto, pensiamo tra noi e noi: "Ma questo è Inside Out all'italiana!". Perché l'ispirazione, pur soffusa, pare arrivare direttamente da lì: Cattiva coscienza di Davide Minnella immagina infatti la coscienza (appunto) come un'enorme ufficio, in cui operano - più o meno alacremente - le nostre rispettive coscienze (umanizzate) che ci spingono a fare sempre la cosa più giusta. Un'intuizione forse debitrice, ma senza dubbio interessante perché la prospettiva viene ribaltata sotto forma di commedia romantica, in cui l'amore finisce per avere sempre l'ultima parola. Del resto, istinto e ragione si fanno la guerra da sempre, e lo script di Cattiva coscienza - firmato da Stefano Sardo, Giordana Mari, Teresa Gelli - gioca con il doppio contrapposto, strutturando una dimensione parallela popolata da quelle vocine che sussurrano nell'orecchio.

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Cattiva coscienza: una foto

Va da sé che l'originalità di Cattiva coscienza è proprio il suo tocco fantastico, che non stride e anzi rende il tutto coinvolgente, nonostante diverse forzature che si scontrano con i limiti tecnici e narrativi. Se la staticità sembra essere preponderante nella prima parte, sono invece azzeccate le svolte prese dai personaggi. E possiamo dirlo: Cattiva coscienza non ha paura di mettere al centro lo sbaglio e il dubbio. Sono gli errori la traccia che segue Minnella, portandoli in primo piano. Errori che sono la diretta conseguenza delle azioni e delle personalità dei protagonisti, enfatizzando poi il tocco fantastico sostenuto dal regista, che si inserisce in modo fluido nei toni più classici (potremmo dire abusati?) della tipica rom-com contemporanea, che dialoga (o almeno ci prova) direttamente con la generazione dei trentenni e dei quarantenni, sospesi in un quello che potrebbe essere un limbo emotivo.

Al cuore non si comanda!

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Cattiva coscienza: un momento del film

Come scritto all'inizio della recensione, Cattiva coscienza immagina le coscienze in versione antropomorfa, abitando quello che viene chiamato il Mondo Altro. Un universo parallelo, una realtà alternativa dove, però, le coscienze sono fin troppo umane. Proprio loro che dovrebbero dare il buon esempio, non sono immuni ai difetti. Davide Minnella immagina le coscienze all'interno dello stesso ufficio, facendosi concorrenza tra loro. Ce n'è una, però, che non sbaglia un consiglio: si chiamata Otto (Francesco Scianna) ed è la "guida" di Filippo (Filippo Scicchitano).

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Cattiva coscienza: una scena del film

Ma anche Filippo, represso, insicuro e triste, non resiste all'istinto, disobbedendo ad Otto. Come? A pochi giorni dal matrimonio con Luisa (Beatrice Grannò), tradisce la sua futura moglie con Valentina (Matilde Gioli), conosciuta per caso. Bisogna rimediare: Otto scende (o sale, come preferite) sulla Terra per farlo rinsanire, anche perché lo aspetta una gradita promozione lavorativa. Tuttavia, nessuna coscienza può resistere alla forza dell'amore.

Una rom-com dalle sfumature fantasy

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Cattiva coscienza: una scena del film

Il cast funziona, la regia ha le sue intuizioni (notevole la scelta di riprendere Roma da un punto di vista inusuale, a cominciare dalla Tangenziale Est), e pure la scrittura fa il suo, tenendosi in equilibrio tra credibilità e incredibilità. Potrebbe esserci una superficialità latente, nonché una velocità di risoluzione pressoché immediata, tuttavia è suggestivo il confine creato da Davide Minnella, che aveva dimostrato una certa bravura già nel suo film precedente, La cena perfetta, nonostante anche lì fosse legato a certi schemi. Schemi culinari, che qui vengono replicati negli schemi della rom-com. Che piaccia o no, il genere è ancora una zona di comfort per il pubblico italiano, benché si stia (finalmente) provando a fluidificarlo in scia con una narrativa che dovrebbe svecchiare la struttura. Anche per questo, in un certo cinema (e in Cattiva coscienza) i protagonisti sono sempre di più coloro che sono nati a metà degli anni Ottanta: una generazione caricata di aspettative, mai del tutto libera dalle eredità passate e dai compromessi. Amorosi quanto lavorativi.

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Cattiva coscienza: una scena

Dunque, Cattiva coscienza è un interessante non tanto perché la immagina (la coscienza) in modo cartoonesco ma solido, ma perché riflette su quanto gli esseri umani siano effettivamente liberi. La libertà, in questo caso, è una prospettiva personale, indotta dalla nostra indole, dalle nostre esperienze e dalle nostre caratteristiche. Conseguentemente, sono le scelte a renderci veramente liberi, ci dice la storia, senza essere soggiogati dal solito binomio di retaggio religioso: il bene e il male. Fin dal titolo, Cattiva coscienza punta invece sul giusto e sullo sbagliato, tracciando un percorso in cui i personaggi (che sono molto simili tra loro) troveranno una dimensione più vicina al loro volere emozionale. Per questo, l'opera potrebbe essere valutata come un tentativo: liberarsi da certi schemi cinematografici, ma intanto restare fedeli alla tradizione. Un passo alla volta.

Conclusioni

Non c'è dubbio, come abbiamo scritto nella recensione, che dietro Cattiva coscienza ci sia una buona intuizione: immaginare le coscienze come esseri umani. Una buona intuizione che il regista Davide Minella trasforma in una commedia romantica decisamente originale e suggestiva, nonostante ci siano pochi guizzi e pochi sussulti. Un pizzico di intraprendenza in più avrebbe reso il film un piccolo, grande caso.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Una bella idea.
  • Un buon cast.
  • Una Roma inusuale.

Cosa non va

  • Una buona idea, ma pochi sussulti.
  • Alcune dinamiche da solita commedia degli equivoci.