Cannes 2013: Ari Folman presenta il suo 'The Congress'

Il regista israeliano arriva sulla Croisette per aprire la Quinzaine con il suo nuovo film in cui, tra live action e animazione, racconta le futuribili conseguenze di un mondo diviso nettamente tra realtà e illusione indotta.

Per Ari Folman il racconto attraverso l'animazione non è certo un territorio sconosciuto. A dimostrarlo è il suo background artistico che, dai primi tentativi nella serie The Material That Love is Made Of, lo ha portato direttamente al successo internazionale grazie a Valzer con Bashir. Basata su una storia realmente accaduta durante i giorni della guerra in Libano, la pellicola ha regalato al regista la soddisfazione di un Golden Globe come miglior film straniero, un Cesar e l'ambita nomination degli Academy Awards. Tutto questo ha cambiato la sua vita personale e professionale? Non molto. Stando alle sue dichiarazioni viaggia ancora in economy e la quotidianità artistica non si è trasformata in una strada in discesa. Questo vuol dire che per realizzare il suo visionario The Congress, con il quale apre la Quinzaine alla 66.ma edizione del Festival di Cannes, Folman ha dovuto faticare per trovare l'inevitabile appoggio produttivo. Probabilmente una vicenda visionaria ispirata al romanzo The Futurological Congress di Stanislaw Lem con all'interno evidenti critiche al sistema hollywoodiano, non deve aver fatto impazzire le major. Diverso, invece, il discorso per i suoi interpreti che, da Robin Wright a Paul Giamatti e Harvey Keitel, hanno colto con entusiasmo l'opportunità di essere "animati" in un progetto dal respiro nuovo e dall'ampia visione artistica.

Adattare per il grande schermo un romanzo di Stanislaw Lem non deve essere stata un'avventura semplice. Come e quando è nato in lei questo desiderio? Ari Folman: Credo di aver letto per la prima volta il libro all'età di sedici anni, innamorandomene subito. Le nostre strade si sono incrociate per la seconda volta quando ero già alla scuola di cinema e, a quel punto, ho capito che con quel materiale avrei potuto realizzare qualche cosa di cinematografico. Però, è stato solo dopo il successo di Valzer con Bashir che il progetto si è fatto più chiaro nella mia mente. Per scrivere la sceneggiatura ho impiegato più di un anno, allontanandomi quasi sistematicamente dal testo originale per poi tornarvi appena avvertivo di aver perso la strada.

Il narratore di questa avventura divisa tra live action e animazione è Robin Wright. Quando ha capito di trovarsi di fronte all'interprete giusta? Ari Folman: Ho incontrato Robin a Los Angeles in occasione di una cerimonia. Ricordo di aver passato l'intera serata ad osservarla con attenzione. Era seduta ad un tavolo di fronte al mio ed incarnava perfettamente tutta la bellezza e la fragilità che volevo avesse il mio personaggio. Così, il giorno dopo le ho presentato il progetto, mostrandole anche alcune illustrazioni che erano state realizzate da David Polonsky durante la notte. Robin è rimasta immediatamente conquistata e abbiamo iniziato insieme un lungo viaggio durato ben quattro anni.

Parlando da un punto di vista tecnico, quale sforzo produttivo e creativo ha richiesto la realizzazione di un film come The Congress? Ari Folman: Innanzi tutto ha richiesto molto tempo. Il mio desiderio era di fare qualche cosa che fosse diverso da quanto proposto negli ultimi tempi. Per questo motivo con il mio team di animatori ci siamo diretti verso uno studio attento dell'animazione più classica, offrendo un tributo ideale al lavoro realizzato negli anni Trenta. Sì, è stata una missione difficile che ha richiesto lavoro duro e dispendio di soldi. Si è trattato di organizzare team di lavoro in ben otto paesi diversi per un totale di due anni e mezzo. Il tutto per portare a termine cinquantacinque minuti di animazione.

The Congress è diviso formalmente in due tempi diversi, caratterizzati dal live action e poi dall'intervento dell'animazione. Come avete lavorato su questa seconda parte per mantenere realistica e riconoscibile l'interpretazione dei protagonisiti? Ari Folman: Ogni singola scena è stata girata in studio, comprese quelle animate. Il che vuol dire che Robin e Paul Giamatti, ad esempio, si sono preparati, hanno provato e, infine, recitato di fronte agli animatori. Quasi come fossero a teatro. Si è trattato di un processo necessario per far in modo che ogni espressione, esitazione e movimento fosse catturato e riportato nella seconda parte. In breve, a differenza di quanto accade nella storia del film, io non avrei mai potuto rinunciare all'essenza dei miei interpreti.