Blood Vessel, la recensione: un ambizioso (ma fin troppo caricato) film africano

La recensione di Blood Vessel: dalla Nigeria un thriller ambizioso e teso, ma fin troppo rigido nella sua notevole ambizione. In streaming su Netflix.

Blood Vessel, la recensione: un ambizioso (ma fin troppo caricato) film africano

Blood Vessel del nigeriano Moses Inwang fa parte di quella collezione di film legati all'industria cinematografica africana, che Netflix esporta poi - via streaming - in tutto il mondo. Un'industria in divenire, in costruzione, ma che merita una certa attenzione. È innegabile, infatti, che ogni film, a largo budget, sia mosso da una certa ambizione. Questo Blood Vessel, tra l'altro, scopriamo che è stato prodotto dalla Play Network Studios, tra i più influenti studi di produzione nigeriana che, per l'occasione, ha stretto accordo distributivo con Netflix.

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Blood Vessel: una foto del film

Un punto di certo a favore, perché il film scritto da Musa Jeffery David sembra spinto da un dichiarato scopo cinematografico, facendosi intrattenimento nella parte centrale (dura due ore) e, aggiungendo sfumature, facendosi cinema sociale all'inizio e alla fine. Quasi un lungometraggio che vive dei suoi pretesti, e che non rinuncia ad una spettacolarità indotta dalla marcata "voglia di dimostrare". Una voglia, va detto, che alla lunga sfrigola in un eccessivo dosaggio, che ricorre ad innumerevoli sottolineature, tanto nella sceneggiatura quanto nella regia. Una carica quindi eccessiva, però fedele al linguaggio scelto, e intrapreso in un discorso fortemente legato alle dinamiche locali (raccontate con una puntualità che non appartiene al cinema di genere occidentale).

Blood Vessel, la trama: un viaggio drammatico

Non a caso, lo spunto di Blood Vessel è legato ad un colpo di stato in una città dislocata nel Delta del Niger. La situazione si fa incandescente, e il villaggio - tra usanze, tradizioni, superstizioni, legami famigliari e amorosi - si ritrova al centro di uno scontro ideologico, politico e militare. Minacciato, un gruppo di amici decide di fuggire via mare. Appoggiandosi ad un losco individuo, i protagonisti si imbarcano clandestini su una nave diretta in Sud America.

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Blood Vessel: una scena del film

Veri e propri immigrati, si stipano silenziosi nella pancia del battello. Senza acqua né cibo, cominciano a cedere, fino quando uno di loro, di nascosto, sale nelle cucine in cerca di cibo. Scoperto, la copertura salta e i sei amici si ritrovano sotto il mirino del capitano della nave (Alex Budin), convinto che siano delle spie. Comincia una vera e propria caccia al topo, spietata e drammatica.

Ambizione, rigidità e un film troppo caricato

Iniziamo dai pregi: Blood Vessel offre un certo grado di intrattenimento, legato ad una tensione sottolineata ma, via via, sempre più crescente, ed esplosiva. Il tono drammatico è preponderante, restando poi fermo nella rigidità linguistica che il regista smussa come può. Sotto, c'è poi la dinamica sociale, ferma nel raccontare il subbuglio di una popolazione costantemente compressa tra le politiche dittatoriali, la democrazia e i gruppi armati. Uno sfondo in qualche modo contemporaneo, che serve come pretesto per un viaggio disperato che, ben presto, muta verso una sorta di lotta per la sopravvivenza. L'assetto generale, quindi, è di per sé interessante: un discreto ritmo, e una messa in scena arruffata ma, per quanto possibile, avvincente.

Chiaro, poi la struttura di Blood Vessel, come detto, soffre troppo della stessa seriosa ambizione di cui si fa portavoce, incastrandosi in un gruppo di attori non sempre all'altezza nel loro sovraccaricare le interpretazioni (il cast vede diversi volti noti in Africa, da Adaobi Dibor fino a David Ezekiel) e in una ridondanza generale che indugia su ogni colpo di scena, facendo perdere alla sceneggiatura la sua naturalezza. Dall'altra parte, come scritto ad inizio recensione, il film di Moses Inwang è un oggetto interessante in grado di farci scoprire poetiche, tematiche e linguaggi che appartengono ad un cinema modo lontano. Un cinema che, sbagliando e tentando contemporaneamente più strade, riesce comunque a comunicare ciò che ha in mente.

Conclusioni

Come scritto nella recensione, Blood Vessel ci permette di scoprire la cinematografia nigeriana, oggi in forte espansione. La distribuzione Netflix lo conferma e lo conferma anche l'ambizione con cui viene prodotto il film. Tuttavia, una forte rigidità e un linguaggio ridondante rendono l'opera fine a sa stessa.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • C'è una certa tensione.
  • Un finale spiazzante.
  • Ambizioso...

Cosa non va

  • ... ma troppo rigido.
  • Le interpretazioni non sempre naturali.
  • A tratti ridondante.