Bandit, la recensione del film con Mel Gibson: un buon crime movie su Prime Video

La recensione di Bandit: basato sulla vera storia di Gilbert Galvan, il più noto rapinatore di banche canadesi, il film diretto da Allan Ungar unisce i tratti più classici del genere in un mix di divertimento ed emozione che lascia soddisfatti.

Bandit, la recensione del film con Mel Gibson: un buon crime movie su Prime Video

Un film può essere buono senza essere etichettato come capolavoro o spazzatura. In un panorama cinematografico mainstream dove la polarizzazione dei contenuti e dell'audience è ormai all'ordine del giorno, quando arriva un titolo che diverte, emoziona e intrattiene in modo onesto e appassionato, sfruttando degnamente il genere, a volte passa persino inosservato. Perché sono il bianco e il nero a neutralizzare i tanti colori che formano quell'arcobaleno sgargiante che chiamiamo cinema, a interessare veramente al grande pubblico.

Bandit 1
Bandit: Josh Duhamel in una scena del film

È l'evento a generare visione, ormai, e non viceversa; e i film semplicemente buoni finiscono in un tritacarne d'indifferenza che ha portato lo streaming a diventare insieme salvezza e discount della settima arte mediana, quella fatta bene senza estremismi di sorta che però non "tira" più, non è in trend, è trascurabile e superflua, quando invece è proprio in questa grande libreria che spesso vengono depositati alcuni titoli che, tra passatempo e curiosità, meriterebbero in realtà una visione e visibilità. Tra gli ultimi, ad esempio, questo Bandit di Allan Ungar, un con movie che trova in un approccio classico e in alcuni piccoli virtuosismi di forma una formula adeguatamente vincente per confezionare - appunto - un buon biopic criminale.

Il bandito fantasma

Bandit 3
Bandit: Josh Duhamel in una scena del film

Entrare e uscire in tre minuti e non essere beccato nei tre minuti successivi. Era questo il metodo della rapina veloce e perfetta brevettato da Gilbert Galvan Jr (Josh Duhamel), anche conosciuto con l'alias di Robert Lee Whiteman, identità che comprò per appena ventidue dollari da un senzatetto di Ottawa (cosa che il film ci tiene a precisare non essere romanzata affatto). Non un uomo malvagio, Gilbert, ma "prodotto di un sistema iniquo" e soprattutto figlio di un paese in cui il mitico Sogno Americano si stava ormai erodendo, dove "il peggiore nemico degli USA era la crisi finanziaria", con conseguente stagnazione economica e disoccupazione. Siamo in pieno reaganismo e l'America vive un momento di disfacimento sociale, dove "lavoro, aumento del reddito e opportunità devono essere creati giorno per giorno attraverso l'intraprendenza di uomini e donne liberi" (da uno storico discorso di Ronald Reagan), così da nutrire nuovamente quel Sogno Americano in declino.

Bandit 7
Bandit: Josh Duhamel in una scena del film

Seguendo proprio le parole del Presidente, una volta evaso da un carcere di minima sicurezza in Michigan per reati minori, Galvan decise di crearsi le proprie opportunità con impegno e intraprendenza, solo fuggendo in Canada ed esportando il Sogno un po' più a Nord per lasciare i guai a Sud. Cambiò diversi lavori, provò a vivere in modo onesto e incontrò anche l'amore della sua vita, Andrea Hudson (Elisha Cuthbert), ma scappare dal passato è impossibile, almeno finché tutti i conti non saranno chiusi. Brevetta così il suo "metodo infallibile", almeno all'interno del sistema bancario canadese degli anni '80, privo di sicurezza armata e tanto sistematizzato sul principio di collaborazione quanto disinteressato ai rischi. In pratica un gioco da ragazzi, certo non senza prendere le giuste misure e precauzioni e non senza avere valide motivazioni, carisma e faccia tosta.

Bandit 2 Slu2Nsj
Bandit: Mel Gibson in una scena del film

Galvan possedeva tutto questo, prodigandosi per divenire il criminale che ancora oggi detiene il record incontrastato del maggior numero di rapine consecutive in Canada (la bellezza di 59 colpi totali). Quando il virus è forte e invasivo, però, la risposta immunitaria non tarda a farsi sentire, tant'è che le imprese di quello che fu soprannominato dalla stampa canadese Il bandito fantasma risvegliarono l'interesse delle forze speciali guidate dal Detective John Snydes (Nestor Carbonell), soprattutto quando incrociò la sua strada con il ben più pericoloso trafficante canadese Tommy Kay (Mel Gibson).

Agent Game, la recensione: Mel Gibson in un b-movie senza infamia e senza lode

Nessuno nasce cattivo

Bandit 4
Bandit: Josh Duhamel in una scena del film

Tra i più giovani e interessanti registi canadesi del momento, Allan Ungar è un nome da tenere d'occhio. Dopo aver debuttato nel 2014 alla regia di Trapped Out, piccolo film di serie B, ha proseguito il suo percorso con un altro piccolo action-thriller, Gridlocke, conquistandosi il favore della stampa specializzata e degli amanti del genere di seconda categoria, foriero di molte idee e di una regia virtuosa e insieme composta. Bandit è il suo terzo lungometraggio, da poco approdato su Prime Video e quello dove è più evidente il salto di qualità. Mentre la sceneggiatura di Kraig Wenman si affida anima e corpo all'ottimo The Flying Bandit di Robert Knuckle, libro su cui si basa l'opera, inventando molto poco e traducendo più o meno tutto dallo scritto dell'autore, considerato il ritratto più completo ed esaustivo sulla vita e le rapine di Galvan, è in realtà Ungar ad evolvere la sua visione cinematografica.

Bandit 8
Bandit: una scena del film

Guarda a Old Man & the Gun di David Lowery per il lato emotivo, a Barry Seals - Una storia americana per la commistione funzionale di commedia e thriller, persino al meraviglioso Prova a prendermi di Steven Spielberg per quanto riguarda i tratti più camaleontici e sprezzanti del pericolo relativi alla figura del rapinatore. Ungar sfrutta con competenza ispirazioni e derivazioni per confezionare un con-heist movie biografico tanto classico nell'impostazione quanto pop e ricercato nella forma, dove ci sono rotture della quarta parete, piacevoli e ben congeniati freezing con scritte in sovrimpressione e un editing davvero valido. Gran parte del merito della buona riuscita di Bandit va comunque alla carismatica, sfacciata e gigioneggiante interpretazione di un Josh Duhamel mai così bravo (forse in Jupiter's Legacy), seguito da un credibile Mel Gibson nei panni di una figura criminale a metà tra maestro, amico e padrino e ormai stufo di essere l'antagonista, fuori tempo massimo persino per Boy George e la sua Karma Cameleon.

Bandit 1 3Uyybd0
Bandit: Mel Gibson in una scena del film

Da elogiare inoltre Carbonell nel ruolo della "guardia" ossessionata dalla cattura dei "ladri", stereotipo poi nemmeno tanto sbagliato del crimine in senso cinematografico, non potendo esistere un grande bandito senza un grande detective in grado d'incastrarlo (basti pensare a Gli Intoccabili, ad Eliot Ness e ad Al Capone). Al netto di una lunghezza forse eccessiva per la storia che racconta e il modo in cui decide di raccontarla dalla metà in poi, Bandit ha l'ulteriore merito di inoltrarsi con giusto interesse nelle criticità sociali di un'economia alla sbando e di un sistema da riformare, parlando direttamente ai nostri giorni senza nobilitare il reato 'a la Robin Hood ma sottolineando l'importanza delle istituzioni nella protezione del proprio popolo. Quando Galvan dice che "nessuno nasce cattivo", è assolutamente vero, come vera è la rassicurazione del male quando "ogni cosa diventa possibile". Ed è quella sicurezza a trasformare l'uomo in bandito.

Conclusioni

In conclusione, Bandit si rivela una godibile visione su Prime Video. Forte di un'interessante storia vera basata sulla carismatica e istrionica figura del Bandito Fantasma canadese, il film di Allan Ungar mette in scena un Josh Duhamel mai così bravo e un Mel Gibson maestro-amico perfettamente in parte, confezionando un'opera derivativa ma ricca d'intuizione tanto piacevole nella forma quanto persino sorprendente - a tratti - nei contenuti. Un buon film da perdere.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • L'interpretazione istrionica di Josh Duhamel.
  • Un Mel Gibson credibile e in parte.
  • La regia di Ungar.
  • La riflessione per nulla scontata sul reaganismo e "il prodotto del tuo ambiente e sistema".

Cosa non va

  • La durata è forse troppo elevata per la storia e il modo in cui viene raccontata.
  • Funziona molto di più nella prima metà rispetto alla seconda.