American Graffiti, 50 anni dopo: quando George Lucas, prima di Star Wars, guardava al passato

George Lucas è stato sempre proiettato nel futuro, verso mondi di fantasia, dalle tecnologie a noi sconosciute. Eppure c'è stata una volta in cui ha guardato al passato: fu con il suo secondo film, American Graffiti, che usciva negli Stati Uniti il 1° agosto del 1973, proprio 50 anni fa.

American Graffiti, 50 anni dopo: quando George Lucas, prima di Star Wars, guardava al passato

"Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana". Siamo soliti leggere questa scritta, un attimo prima di ascoltare la celebre fanfara di John Williams, praticamente a ogni film di George Lucas che abbiamo visto. Parliamo degli Star Wars originali, le due prime trilogie, per quanto solo quattro dei sei film fossero diretti da Lucas. Quella dicitura, "tanto tempo fa", serviva ad alimentare nello spettatore un senso di leggenda, di distanza, di sospensione dell'incredulità.

Star Wars: il risveglio della forza - J.J. Abrams e George Lucas alla premiere
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Ma George Lucas è stato sempre proiettato nel futuro (vedi anche il suo primo film, L'uomo che fuggì dal futuro), verso mondi di fantasia, dalle tecnologie a noi sconosciute. Eppure c'è stata una volta in cui ha guardato al passato. E fu proprio con il suo secondo film. American Graffiti usciva negli Stati Uniti il 1° agosto del 1973, proprio 50 anni fa. Possiamo considerarlo un unicum nella carriera di George Lucas. Ma è un'operazione che, vista nell'ottica di quello che accade oggi, ha un suo senso profondo.

American Graffiti: il piccolo mondo antico di George Lucas

George Lucas sul set di American Graffiti con George Weston Smith
George Lucas sul set di American Graffiti con George Weston Smith

Era il 1973, George Lucas si avviava a diventare uno dei personaggi più importanti dell'intera storia del cinema, e probabilmente ancora non lo sapeva. Sarebbe stato un eccezionale creatore di mondi, come ce ne sono stati pochi al cinema. Ma in quell'occasione creò (o, è meglio dire, ricreò) un piccolo mondo antico, quello che lo aveva visto crescere. Era l'America dei primi anni Sessanta. Quel mondo, tra i Cinquanta e i Sessanta, è stato un romanzo di formazione, una sorta di età dell'innocenza, di paradiso perduto per tutta una serie di artisti. Che, una volta adulti, lo hanno celebrato. Lucas, a dire il vero, prima di altri: American Graffiti è ambientato nel 1962, e tra quel mondo e il suo racconto passano solo 10 anni, anche se l'America era già profondamente cambiata. In tanti, della generazione di Lucas, li avrebbero poi rievocati. Francis Ford Coppola avrebbe girato il suo I ragazzi della 56a strada (The Outisders), nel 1983, Rob Reiner avrebbe girato nel 1986 il suo Stand By Me - Ricordo di un'estate, tratto da un racconto di Stephen King. Ma a loro modo tornavano indietro nel tempo, tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, anche Grease (1978) e Ritorno al futuro (1985).

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Gli anni Cinquanta e Sessanta allora come gli anni Ottanta oggi

American Graffiti
American Graffiti: un'immagine del film

Quello che accadeva negli anni Settanta e Ottanta con gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta è, in fondo, quello che sta accadendo oggi con gli anni Ottanta. Prodotti seriali come Stranger Things, San Junipero e Cobra Kai, ma anche film come Atomica bionda, Wonder Woman 1984, Sing Street, sono tutte operazioni nostalgia, revival. Forse studiate più a tavolino che quelle di allora. Ma il senso è quello. Guardare indietro all'epoca della propria formazione vuol dire parlare con il se stesso più giovane. Vuol dire parlare ai propri coetanei, che ricordano la propria gioventù, e condividere le stesse memorie, vuol dire parlare ai giovani di oggi per dire che ieri c'erano altri giovani con gli stessi turbamenti e gli stessi problemi. E poi allora gli anni Cinquanta e Sessanta, come oggi gli anni Ottanta, erano abbastanza vicini da mantenere ricordi vividi, ma anche già abbastanza lontani da diventare mitici, sfumati, favolosi nel senso di terreno fertile per le favole. Una curiosità: in veste di produttore, per la Lucasfilm, c'è proprio Francis Ford Coppola, insieme a Lucas uno dei grandi esponenti della New Hollywood che stava nascendo.

California, 1962, tutto in una notte

Ron Howard in American Graffiti (1973)
Ron Howard in American Graffiti (1973)

American Graffiti è ambientato tutto in una notte nel 1962, in una cittadina della California. Quattro amici - Curt, Steve, John e Terry - si incontrano al tramonto nel parcheggio del Mel's Drive-In. È una serata d'addio: Steve e Curt stanno infatti stanno per partire e andare a frequentare un college nell'est, ed è l'ultima sera che passeranno insieme. Steve è pronto a partire, Curt invece ha dei dubbi. La ragazza di Steve, Laurie, la sorella minore di Curt, non vorrebbe che lui partisse. Girando in macchina, Curt incontra una bellissima ragazza bionda alla guida di un'auto, che gli sorride e pronuncia delle parole che sembrano essere "Ti amo". Curt la incontrerà ancora durante la notte, senza capire chi sia. John, il più vecchio dei quattro amici, che nella vita fa il meccanico ed è il leader del gruppo, viene sfidato a una corsa clandestina in macchina.

Un'America già meravigliosamente iconica

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Come si può vedere, il film poggia sul alcuni dei topoi narrativi del cinema degli anni Cinquanta e Sessanta: il drive-in, la corsa clandestina in macchina, famosa dai tempi di Gioventù bruciata (Rebel Without A Cause, il film di Nicholas Ray con James Dean del 195e). E ancora, una sorta di rabbia giovanile mai sopita, la ricerca del proprio posto nel mondo nel mondo e dell'amore. E poi le rivalità, le bande, i riti d'iniziazione, le radio. L'America di quegli anni è già diventata meravigliosamente iconica, con le insegne al neon dei locali e le superfici rilucenti delle automobili.

Un giovane Harrison Ford

Un giovanissimo Harrison Ford
Un giovanissimo Harrison Ford

Ma American Graffiti ci permette di fare la conoscenza di una generazione di giovani attori. Richard Dreyfuss è Curt, e lo ritroveremo spesso nel cinema di Steven Spielberg (Lo squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Always), ma anche in Stand by me - Ricordo di un'estate, il film che abbiamo appena nominato e che, in qualche modo, fa un discorso molto simile a quello di American Graffiti. Ron Howard è Steve. Quel ragazzo dai capelli rossi sarebbe diventato presto un divo della tv, il Ricky Cunningham di Happy Days, una delle prime operazioni nostalgia, ma in chiave televisiva, e poi il grande regista che tutti conosciamo (Apollo 13, A Beautiful Mind, Cinderella Man). Avrebbe anche interpretato, nel 1979, American Graffiti 2 (More American Graffiti), sequel del film prodotto da Lucas. Paul Le Mat è John Milner e Charles Martin Smith è Terry. Avremmo rivisto il primo in American Graffiti 2, e poi, più avanti, in American History X. Il secondo, invece, lo avremmo visto, oltre che nel sequel del film, in Starman, The Untouchables - Gli intoccabili, e in The Hot Spot. Ma la vera presenza cult di American Graffiti è Harrison Ford, che appare nei panni di Bob Falfa, lo straniero che sfida John alla gara in macchina. Già riconoscibile nel suo modo di fare inconfondibile, Ford avrebbe segnato il cinema della Lucasfilm, impersonando Han Solo in Star Wars e Indiana Jones nella famosa saga.

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Quando la Universal rifiutò Guerre stellari

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American Graffiti faceva parte di un accordo che la Universal aveva sottoscritto con George Lucas già nel 1971, e di cui facevano parte due film: questo e Guerre stellari, che però gli studios rifiutarono, perché il budget era troppo alto e Lucas troppo inesperto per film di questo tipo. American Graffiti fu un successo: fece grandi incassi e ottenne cinque nomination all'Oscar, senza conquistarne alcuno, ma vinse due Golden Globe (miglior film commedia o musicale e attore emergente a Paul Le Mat) su quattro candidature (la regia e Richard Dreyfuss come attore).

La colonna sonora

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American Graffiti lanciò un'altra caratteristica che sarebbe diventata usata in ogni operazione di questo tipo (e che è sotto gli occhi di tutti): l'uso, per la colonna sonora, di canzoni di repertorio, uno dei modi migliori per portarci indietro in un'epoca. Nel film di Lucas ascoltiamo i grandi classici dell'epoca: da Rock Around the Clock (Bill Haley and the Comets) a Sixteen Candles (The Crests), da That'll Be the Day (Buddy Holly) a All Summer Long e Surfin' Safari (The Beach Boys) da Johnny B. Goode e Almost Grown (Chuck Berry) a Smoke Gets in Your Eyes, Only You e The Great Pretender (The Platters). Ma sono solo alcune delle canzoni che ascoltiamo in American Graffiti.

Una dolorosa iniziazione all'età adulta

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Un film autobiografico e malinconico diventò un fenomeno di costume e, a detta di tutti, lanciò la moda del film nostalgico. American Graffiti era il modo per Lucas di dire addio alla sua gioventù e diventare adulto. È un racconto apparentemente lieve e spensierato, ma che segna una dolorosa iniziazione all'età adulta. È come se quella notte segnasse una linea di confine, per quei ragazzi ma per l'America intera. Pochi mesi dopo ci sarebbe stato l'assassinio di Kennedy e l'inizio della Guerra in Vietnam. E la fine di un certo Sogno Americano. Quegli incidenti, quegli incendi, quegli amori mancati sono il segno di un'inquietudine che iniziava a farsi largo. Secondo Paolo Mereghetti, quell'inquietudine si faceva largo anche dal punto di vista formale, "nella struttura aneddotica e disgregata, che non rappresenta soltanto un furbo adeguamento registico alle modifiche percettive che la tv stava producendo nella nuova generazione di spettatori", come scrive nel suo Dizionario dei film. Con questo lavoro, George Lucas sarebbe diventato adulto e destinato a grandi cose. I neon delle insegne dei locali sarebbero diventati quelli delle spade laser. Ma questa è un'altra storia.