Amarcord compie 50 anni: Federico Fellini e il dipinto dei ricordi

Amarcord di Federico Fellini arrivava al cinema cinquant'anni fa. Riscopriamo insieme uno dei capolavori del regista che qui, come in altre sue straordinarie opere, viaggia tra realtà e fantasia.

Amarcord compie 50 anni: Federico Fellini e il dipinto dei ricordi

Nel dicembre del 1973 arrivava nelle sale italiane un film cardine della cinematografia italiana: Amarcord di Federico Fellini. Ambientato negli anni Trenta del Novecento, Amarcord rievoca i ricordi di gioventù del regista riminese, attraverso personaggi e situazioni a metà strada tra realtà e fantasia. Il titolo del film richiama il dialetto romagnolo, più precisamente nell'espressione "io mi ricordo", esattamente come nelle intenzioni di Fellini sin dall'ideazione dell'opera.

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Amarcord: una scena del film

Curiosamente, il regista aveva inizialmente pensato a un più austero "Viva l'Italia", poi scartato perché ritenuto fraintendibile. Successivamente aveva valutato "Il borgo", come la Rimini dell'epoca viene chiamata nel film, ma infine scelse per il più versatile "Amarcord", ch'egli stesso definì "una paroletta bizzarra, un carillon, una capriola fonetica, un suono cabalistico, la marca di un aperitivo" (Amaro Cora, ndr). E, in effetti, Amarcord è un racconto che si muove come un dipinto realizzato con pennellate sparse, nel quale i ricordi emergono nella loro forma eterea, sfuggevole, narrati con la proverbiale maestria di Fellini. Andiamo a riscoprire insieme la pellicola, a cinquant'anni di distanza dall'uscita.

Vita nel borgo

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Amarcord: una locandina del film

Anni Trenta del secolo scorso. In un immaginario borgo di provincia dell'Italia fascista, l'adolescente Titta (Bruno Zanin) vive con la propria famiglia, composta dal burbero padre Aurelio (Armando Brancia), di mestiere capomastro, dalla madre Miranda (Pupella Maggio), da un fratello più giovane (Stefano Proietti), dall'arzillo nonno (Peppino Janigro) e dallo zio fascista e fannullone, Lallo detto il "Pataca" (Nando Orfei). Un altro zio, Teo (Ciccio Ingrassia), fratello del padre, è ricoverato in manicomio. Titta va a scuola, dove si diverte con i compagni, spesso alle spalle dei severi insegnanti; ma, per lui, è anche il periodo della scoperta della sessualità, e così vive le prime avventure, in particolare sognando di poter conquistare l'affascinante Gradisca (Magali Noël) o la giunonica tabaccaia del paese.

Il tempo passa, e con esso le stagioni. Dalla fine dell'inverno, celebrata con un grande falò in piazza, si arriva alla primavera e alle sue "manine", animate dal vento che soffia dal mare. Accadono anche episodi indimenticabili: l'arrivo di un emiro e delle sue moltissime concubine, tutte ospitate dal Grand Hotel; il passaggio del transatlantico Rex, che avviene una notte d'estate, e quello della Mille Miglia, la celebre gara automobilistica. Finché non tornerà l'inverno, e con esso la sua malinconia...

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Oltre l'autobiografia

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Amarcord: una scena del film

Scritto da Federico Fellini insieme al poeta Tonino Guerra, Amarcord potrebbe facilmente trarre in inganno, presentandosi come un film strettamente autobiografico. In realtà, è stato lo stesso Fellini a spiegare, in diverse occasioni, che non è affatto così.

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Amarcord: una scena del film

In tutto il suo cinema c'è l'aspetto del ricordo, un costante ritorno alle origini nella sua Rimini, vissuta in gioventù prima di approdare nella Capitale negli anni Quaranta. È presente ne I vitelloni, e successivamente in Amarcord, che conclude idealmente un trittico (al quale aggiungere Roma) dove l'immaginario di un grande regista ha trovato una sublime realizzazione. Concentrando la nostra attenzione sull'opera del 1973, soltanto alcuni dei personaggi mostrati si possono ricondurre alla realtà: ma non si tratta del giovane Fellini, bensì della famiglia di un suo amico, Titta Benzi, che peraltro Federico avrebbe voluto nel ruolo di suo padre Ferruccio (che nel film diventerà Aurelio). Soltanto con l'uscita della pellicola, il vero Titta si accorgerà di rivedere se stesso sullo schermo.

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Amarcord: una scena del film

Ma, anche in questo caso, Fellini va oltre la semplice descrizione di un microcosmo realmente esistito quarant'anni prima, e dunque attorno al suo Titta - le cui avventure legano i vari segmenti dell'opera - ruotano personaggi frutto della fantasia di Federico, che certamente ha ricreato in essi figure appartenenti a un periodo storico che non esisteva più. L'avvocato loquace, il motociclista esibizionista, la disinibita Volpina, l'irresistibile Gradisca o i ridicoli fascisti, sono appunto racchiusi nel cassetto dei ricordi, forse universali nell'ambito della provincia italiana di un tempo, ma certamente particolari dei luoghi vissuti dai giovani Fellini e Guerra, che avevano storie simili da raccontare e lo hanno fatto attraverso un film che fonde nostalgia e tenerezza, perché è dolce lo sguardo con il quale il regista guarda al passato, sognato ma non necessariamente rimpianto.

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Gli anni di Amarcord

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Amarcord: una scena del film

Del resto, è difficile rimpiangere del tutto la giovinezza del protagonista e il periodo in cui vive: egli è un adolescente proprio negli anni del fascismo imperante. Amarcord è forse ambientato nel 1933, quando si svolse la VII Mille Miglia; ma potrebbe essere anche più tardi, poiché è del 1937 la data d'uscita di Voglio danzare con te con Ginger Rogers & Fred Astaire, del quale si nota un manifesto al Cinema Fulgor. Di certo, essere giovane in quell'epoca storica imponeva obblighi che oggi appaiono insopportabili, come partecipare alle adunate, mostrarsi militante e indossare abiti adatti e varie uniformi. Era la morsa del regime nei confronti delle nuove leve, cui veniva inculcata la dottrina fascista. Ma anche la formazione scolastica, e soprattutto la rigidità degli insegnanti, era caratterizzata da quella cultura tutta d'un pezzo, che non accettava contrapposizioni e non si curava delle proprie contraddizioni.

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Amarcord: una scena del film

In Amarcord non c'è una rappresentazione precisamente storica del fascismo, ma esso viene raccontato attraverso l'esperienza diretta dei suoi protagonisti, in particolare la famiglia di Titta. Egli, come i suoi amici coetanei, non può sottrarsi alle prescrizioni; suo zio Lallo, allineato al regime, arriverà a denunciare alle camicie nere locali che il cognato Aurelio non ha partecipato - poiché "trattenuto", in qualche maniera, da Miranda - all'adunata generale svoltasi al borgo. Velatamente antifascista, il capomastro verrà trattato con metodi violenti e olio di ricino, esattamente come accadeva a chi non aderiva al partito nazionale fascista e ai suoi usi e costumi. È straordinaria anche la ricostruzione ambientale di Danilo Donati, che restituisce appieno il clima di quel periodo.

Una scena di Amarcord
Una scena di Amarcord

Insieme allo scenografo e costumista (due volte premio Oscar), Fellini ricreò il Borgo negli studi di Cinecittà, così come lì inventò il transatlantico Rex. È curioso che nella filmografia di Federico, la vera Rimini non appaia praticamente mai, come già accaduto per I Vitelloni. Con Donati e con il direttore della fotografia Giuseppe Rotunno, il regista immaginò i luoghi delle sue origini esattamente come avrebbero dovuto essere nella sua mente, più che com'erano realmente. All'interno di questo set, egli inserì i suoi personaggi, che compongono così il dipinto dei ricordi, sospinti dal vento di primavera, illuminati dal sole d'estate, nascosti dalla nebbia d'autunno e divertiti dalla neve d'inverno, mentre lanciano uno addosso all'altro delle palle ghiacciate.

Amarcord avrebbe inaugurato, fuori concorso, il Festival di Cannes 1974, raccogliendo il plauso internazionale, al quale si era già aggiunto quello italiano, inclusi i premi ricevuti, tra cui due David di Donatello e quattro Nastri d'Argento. L'affermazione più importante giunse nell'aprile del 1975, quando l'opera venne insignita dell'Oscar come miglior film straniero. Era la quarta statuetta per Federico Fellini, dopo quelle ottenute con La strada, Le notti di Cabiria e .

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La musica di Amarcord

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Amarcord

Non potrebbe esistere capolavoro di Fellini senza la controparte del regista, il compositore che lo accompagnò per gran parte del suo percorso artistico: Nino Rota. Per Amarcord, il musicista milanese scrisse come tema principale un semplice valzer ballabile, che rafforzò l'idea universalistica dell'opera la quale, come abbiamo accennato, non si deve considerare soltanto un omaggio alla vecchia Romagna ma, soprattutto, alla provincia italiana di una volta. Un brano che è entrato nell'immaginario collettivo, tra i passaggi più sublimi dell'opera di Rota.

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Amarcord: una scena del film

Al tema portante del film, ripreso più volte con diversi arrangiamenti, tra cui uno per fiati e uno per archi e pianoforte, si accompagna La fogaraccia, dove una tromba andante ma malinconica emerge tra fiati e percussioni; quindi, Le manine di primavera, nel quale si ritrova una triste fisarmonica (essa sì, tipicamente romagnola), accennata nel film attraverso un particolare personaggio (un fisarmonicista cieco) e che include una decisa variazione con sonorità tipiche degli anni Trenta.

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Amarcord: una scena del film

Altri brani da evidenziare sono Gary Cooper, La Gradisca e il Principe (che fa da sottofondo a una delle indimenticabili scene con Magali Noël protagonista), la composizione per corde e fisarmonica Siboney, Lo struscio (che include altri motivetti dell'epoca), Danzando nella nebbia, Tutti a vedere il Rex, Quanto mi piace la Gradisca e il finale, La Gradisca si sposa e se ne va. E con lei anche quella agrodolce giovinezza.