Recensione La conquête (2011)

La storia dell'ascesa al potere del nervoso e determinato Nicolas Sarkozy, che coincide con il naufragio del suo matrimonio con la sua più preziosa consigliera, la moglie Cécilia.

Il potere logora l'amore

All'inizio dell'inarrestabile scalata, Cécilia è sorridente al suo fianco, la sua consigliera più preziosa e insostituibile. Ma nel momento del trionfo, la riluttante première dame si è defilata, e se compare al fianco del suo uomo è con il viso tirato, lo sguardo malinconico, e la risoluzione nel cuore di prendere la sua strada. Le ricordiamo tutti molto bene, le presidenziali francesi di quattro anni fa, la contesa tra due candidati giovani e di grande carisma, Nicolas Sarkozy e Segolène Royal: ma è il rovescio della medaglia della "conquista" sarkozyana del potere in Francia il focus principale della pellicola di Xavier Durringer.

L'uomo che quest'interessante e velenoso biopic sceglie di raccontare non è inedito per l'opinione pubblica. Il suo circo mediatico, gli espedienti per tenere la bella Cécilia al suo fianco, gli scatti di rabbia, il suo patetico levarsi sulle punte per non sembrare piccino al fianco di colleghi e rivali. Nicolas Sarkozy è anche questo, ma sono caratteristiche che in fondo lo rendono umano e genuino; noi, dall'Italia, non possiamo certo permetterci di fare i superiori, con la situazione che abbiamo in casa. Ma il ritratto offerto da Durringer ha implicazioni più ampie e sconfortanti, poiché dipinge il mondo della politica francese come un ambiente vacuo, competitivo, in cui ogni mossa è indirizzata a gettare fango sull'avversario, o sul rivale della stessa parte politica, o a infilare un piede in un ufficio prestigioso, mentre agli interessi del paese ci pensa, forse, chi scrive i discorsi.
Come i suoi "eroi", anche Durringer sceglie di lasciare i problemi della Francia contemporanea sullo sfondo in La conquête, e a trovare spazio sono i gustosi ritratti del dinosauro che Sarko vuole detronizzare, Jacques Chirac, e del rivale belloccio, Dominique de Villepin, intepretati con sfacciato mimetismo da Bernard Le Coq e da Samuel Labarthe, e naturalmente quello del calcolatore, astuto e orgoglioso Sarko, che ha il volto di Denis Podalydès. Nel complesso di un film che funziona, è proprio il logorio del rapporto con Cécilia a sembrare illustrato in maniera insufficiente, forse perché lo script non vuole rischiare di andare troppo a fondo. Resta il fatto che il film di Durringer ne ha davvero per tutti, e non mancherà di fare discutere, dalla Croisette all'Eliseo, e magari anche oltre.

Movieplayer.it

3.0/5