Recensione Innocent Saturday (2011)

Con una scelta coraggiosa, Alexandr Mindadze si affida ai suoi interpreti realizzando una pellicola fatta di un'incalzante successione di primi piani di facce stravolte e dettagli di corpi nervosi che occupano quasi costantemente la scena.

Valery corre

26 aprile 1986. Nel cuore della notte il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl esplode causando il più grave incidente nucleare della storia. Pochi sono a conoscenza di ciò che è accaduto. I vertici del Partito Comunista decidono di non mettere al corrente la popolazione dell'altissimo rischio di contaminazione. Tra i membri del Partito, solo Valery Kabysh si mette immediatamente in moto per condurre in salvo Vera, la donna con la quale ha una relazione, ma una serie di imprevisti manda all'aria i suoi piani.
Teso e frenetico, Innocent Saturday fotografa la disperata corsa contro il tempo di Valery (l'incisivo Anton Shagin), intenzionato ad allontanarsi da Chernobyl prima che le conseguenze dell'esplosione nucleare si ripercuotano sulla popolazione. Tutto intorno a lui ruota un'umanità varia e inconsapevole che prosegue serenamente le proprie attività del weekend, passeggia, si rilassa, si ubriaca, si sposa. L'intensità del film deriva proprio da questa frizione tra la pacifica quotidianità degli abitanti della cittadina, ignari dell'incidente occorso, e la consapevolezza del nevrotico Valery, il quale si lascia trascinare nel vortice degli eventi senza opporre resistenza.

Il merito principale del regista Aleksandr Mindadze è quello di aver affrontato una delle principali tragedie del secolo scorso focalizzandosi esclusivamente sull'elemento umano, sulle reazioni di chi sa e di chi, invece, viene tenuto all'oscuro. Il taglio scelto dal cineasta è diametralmente opposto a quello documentaristico che solitamente fa da sfondo a certe tematiche. L'incidente vero e proprio non viene mostrato. Il film si apre dopo l'esplosione e del reattore distrutto abbiamo solo poche fugaci immagini all'inizio e alla fine del film. A far comprendere l'entità della tragedia sono, però, le performance dei bravissimi attori che sopportano il peso dell'obiettivo della macchina a mano incollata loro addosso. Con una scelta coraggiosa, Mindadze si affida ai suoi interpreti realizzando una pellicola fatta di un'incalzante successione di primi piani di facce stravolte e dettagli di corpi nervosi che occupano quasi costantemente la scena. A essere esclusa dalla visione non è solo la fabbrica; tutto il paesaggio nel quale si muovono i personaggi subisce la stessa sorte. Il mondo all'interno del quale Valery e Vera si muovono è fatto di sfondi sfuocati, paesaggi indistinti, mani, piedi e voci a cui spesso è difficile attribuire un volto.
Il ritmo indiavolato della corsa contro il tempo di Valery prosegue anche nella messa in scena della caotica festa di matrimonio in cui il giovane uomo rimane invischiato suo malgrado, festa che occupa tutta la seconda parte del film. I membri della sua vecchia band, che non sono a conoscenza dell'incidente nucleare, lo costringono a rimetter mano alla batteria mentre Vera insiste per mettersi dietro il microfono e cantare per gli sposi. La situazione non cambierà neppure quando i musicisti verranno a conoscenza del pericolo che incombe su di loro. Col passare delle ore e con l'inarrestabile crescita del ritmo della musica, della frenesia delle danze e della quantità di bottiglie d'alcool consumate risulta sempre più chiaro che Valery non sarà mai in grado di prendere le distanze dal mondo al quale appartiene. Innocent Saturday mette in scena l'anima del popolo russo, la sua strenua vitalità, la capacità di reagire di fronte alla morte con l'irruenza che gli è propria, ballando letteralmente sulla propria tomba. Lode ad Alexandr Mindadze che ha il merito di trovare la chiave giusta per mostrare tutto ciò con sanguigna verità e senza retorica alcuna.

Movieplayer.it

3.0/5