Recensione Il grinta (2010)

Quarantadue anni dopo la prima trasposizione filmica del romanzo ad opera di Henry Hathaway, che diresse John Wayne dritto dritto verso il suo primo Oscar, i Coen sorprendono tutti confezionando un nuovo capolavoro, lasciandosi alle spalle il film e il personaggio originale per lasciar posto ad una rilettura classica ed integralista del libro che però bene si adatta ai nostri tempi.

Quando il western diventa leggenda

Da tanto lo aspettavamo: Non è un paese per vecchi ci aveva solo fornito un delizioso antipasto omaggiando il genere. Finalmente è arrivato il capolavoro western che da una vita intera i fratelli Joel Coen e Ethan Coen tentavano di portare alla luce. Per realizzare il loro sogno di cimentarsi con il più classico e rigoroso dei generi del cinema, i due registi hanno scelto una storia che è tra le più classiche della letteratura americana, quella che vede protagonista una quattordicenne di nome Mattie, una ragazza grintosa, vendicativa e tenace che si mette in viaggio a bordo del suo cavallo in cerca dell'assassino del padre nella natura selvaggia del Far West. Nato dalla penna di Charles Portis e pubblicato a puntate per la prima volta nel 1968, Il Grinta (in originale True Grit) metteva coraggiosamente al centro di una ruvida storia di vendetta una giovane insolente e temeraria che anziché sembrare un pesce fuor d'acqua, in quel mondo polveroso fatto di barbarie e di crudeltà, rappresentava un'eroina moderna e insieme una sorta di Alice nel paese delle meraviglie alle prese con un mondo del tutto esotico; in un luogo, l'America di frontiera del 1870, devastato dalla guerra civile e letteralmente allo sbando, popolato da sceriffi strafottenti e degenerati, rozzi e individualisti. In groppa al suo cavallo nero, Mattie è decisa a vendicare il padre assassinato, e per farlo chiede aiuto al malandato maresciallo di frontiera Rooster Cogburn e ad un onesto Texas Ranger con i quali si imbarca in un epico viaggio tra l'Arkansas e il Texas attraverso il selvaggio territorio indiano, alla ricerca dell'assassino che per due pezzi d'oro non ha esitato a sparare a sangue freddo al suo adorato papà.


Quarantadue anni dopo la prima trasposizione del romanzo ad opera di Henry Hathaway, che diresse John Wayne dritto dritto verso il suo primo Oscar, e tre anni dopo il trionfo di Non è un paese per vecchi, i Coen sorprendono tutti confezionando un nuovo capolavoro, lasciandosi alle spalle il film e il personaggio originale per lasciar posto ad una rilettura classica ed integralista del romanzo che però bene si adatta ai nostri tempi, difficili come non mai. Il Grinta di oggi è infatti una rivisitazione intrisa di violenza e ironia, cadenzata da dialoghi serrati e taglienti, racchiusa in un film avventuroso che si avvale di un modo del tutto diverso di fare cinema rispetto a quarant'anni fa, sia riguardo la recitazione, pressoché perfetta, di tutti gli attori, sia riguardo le tecniche di realizzazione, che insieme all'estrema cura scenografica e fotografica lo rendono un 'pezzo' di storia del cinema che resterà negli annali.

I personaggi sono quasi tutti brutti, sporchi, incomprensibili nel loro modo di parlare, grezzi e vili, ma proprio per questo affascinanti, resi indimenticabili da un gruppo di attori straordinari tutti in stato di grazia a partire dalla giovane brillantissima Hailee Steinfeld, vera rivelazione di questo film, che per la sua performance è stata giustamente candidata all'Oscar come migliore attrice non protagonista. Memorabile ancora una volta Jeff Bridges, che sveste definitivamente i panni di Drugo Lebowski per vestire quelli de 'il Grinta' Rooster Cogburn, appartenuti al grande John Wayne e che oggi, grazie a un modo del tutto diverso di recitare e al talento dei Coen, divengono a dir poco leggendari. Il 'suo' Cogburn ricorda nel look uno Jena Plissken invecchiato, un pistolero cieco ad un occhio e alcolizzato, solo e stanco, che ottenebrato dall'alcol che se ne va in giro sbiascicando per la città e rincorrendo i suoi rivali. Ad un anno di distanza dall'Oscar vinto con la sua interpretazione in Crazy Heart, l'attore di Los Angeles ci regala un altra grandiosa performance che rischia di insidiare l'ormai quasi certo trionfo di Colin Firth agli Academy Awards 2011.

Attraverso un unico intenso flashback della memoria della protagonista, ormai quarantenne e decisa a rincontrare il suo vecchio compagno di sventura, i Coen riportano agli antichi splendori un genere che ha fatto epoca raccontando alla loro maniera, unica ed inimitabile, una storia d'amore che coinvolge ed appassiona, una storia di violenza nei confronti dei più deboli incentrata sul coraggio e sulla vendetta, che lascia spazio nel finale ad una riflessione profonda sull'essere umano e sul destino. Una storia di uomini malvagi che solo qualche volta si trasformano in buoni e che fuggono, anche quando nessuno li insegue.

Movieplayer.it

5.0/5