L'homme qui voulait sa vie a Roma: un successo a tinte noir

Presentato al festival di Roma il film del regista francese Eric Lartigau, passato dalla commedia al thriller. Nel cast i bravi e affascinanti Marina Fois e Romain Duris.

Abbiamo incontrato a Roma il cast del film L'homme qui voulait sa vie, noir immeritatamente fuori concorso: il regista Eric Lartigau, che per la prima volta porta sul grande schermo un thriller, ci ha raccontato insieme ai protagonisti Romain Duris e Marina Fois com'è nata l'idea di lavorare all'adattamento del racconto di Douglas Kennedy. Autore poco conosciuto in Italia ma molto popolare in Francia, come ci rivela il regista stesso, Kennedy aveva pubblicato The Big Picture nel 1997. La storia è quella di un mancato fotografo che si ritrova avvocato imborghesito e tradito dalla moglie. L'uomo mette allora in discussione la sua identità tentando di vivere una nuova vita, di cui però diventa presto prigioniero. Il film, uscito in questi giorni in Francia, dove ha già riscosso grande successo, è stato girato tra la Francia e il Montenegro e alterna due gamme cromatiche opposte, che riescono a descrivere con impatto visivo le diverse fasi del percorso esistenziale del protagonista, interpretato dal bravo Romain Duris.

Signor Lartigau, il film si apre con una scelta musicale significativa, utilizzando per intero un brano del musicista Beck, come mai questa scelta?
Eric Lartigau: Sì, il pezzo di Beck mi aveva seguito durante la scrittura insieme a uno dei Radiohead, che avevo anche contattato per acquistare i diritti... Ma poi mi sono accorto che non funzionava così la scelta è ricaduta su Beck.

Come avete lavorato alle psicologie dei personaggi, che sono così delineate?
Eric Lartigau: E' stato semplicemente un lavoro di direzione dell'attore: siamo partiti da una mia idea delle emozioni... Pensavamo a Romain per il ruolo di Paul già in fase di scrittura, sapevo dove poteva andare... avevamo un percorso chiaro del personaggio quindi dovevamo solo trasporre tutto nel film. In questo ci ha aiutato molto Romain, che ha assorbito tutto sul set e ci ha proposto continui scambi d'idee.

Un elemento che colpisce del film è il personaggio femminile, Sarah, moglie, madre e donna glaciale. Come spieghereste il fatto che per tutto il film non la vediamo versare nemmeno una lacrima?
Marina Fois: Sarah ha pianto in passato, ma non vuole più piangere. Lei è più avanti di Paul, che infatti si abbandona al pianto più volte nel film.

Signor Duris, lei interpreta Paul, un protagonista molto complesso. Come si è rapportato al suo personaggio, un uomo così emblematico?
Romain Duris: Paul finge che va tutto bene, ama sua moglie e vuole una bella foto di famiglia: sono aspetti molto interessanti. Era piacevole, date queste premesse, attraversare tutta la storia, da quella dell'amante, alla fuga, dalla riflessione sul mondo circostante all'autoanalisi... Paul è un uomo alla ricerca di un'identità sulla strada, con gli altri, e diventa più vero rispetto all'inizio.

Nella vita di Paul contano molto i sensi di colpa, che sono decisivi e significativi. Ci potete parlare di questo tema?
Eric Lartigau: Paul non ha realizzato la sua vita: questa è la tematica più importante del libro di Douglas Kennedy, un soggetto che cercavo da tempo. Volevo la storia di un uomo di successo che rientra in un certo codice sociale. M'interessava la ricostruzione della sua vita, vedere come va avanti un percorso così complesso dopo un terribile incidente.

Alla fine Paul sembra quasi un eroe. Come mai avete deciso di fargli vivere un'evoluzione come quella mostrata?
Eric Lartigau: Ci siamo concentrati sulla ricerca dell'identità, m'interessava seguire tutto il percorso descritto nel libro, raccoglierne gli interrogativi. Il caso lo porta a un incontro e il modo in cui il destino viene accettato può portare a uno sconvolgimento. Nella prima parte Paul è molto attivo, c'è un'azione molto forte specie nel rapporto coi figli e la moglie. Poi il suo castello di carte crolla e lui si sposta nel Montenegro... Con il cosceneggiatore abbiamo pensato ai lettori del romanzo: volevamo che la cinepresa fosse proprio come i loro occhi, affinché vedessero le vertigini vissute dal protagonista.

La possibilità di cambiare identità e lasciarsi tutto alle spalle è un tema recente?
Eric Lartigau: Tra gli aspetti che mi erano subito piaciuti del romanzo c'era il rischio di farne una trasposizione in Francia. Credo che tutti si pongano la questione dell'identità, in ogni nazione.

Quando cambiano le location nel film assistiamo anche a un cambiamento dello sguardo dello spettatore contemporaneamente a quello del protagonista. Come avete lavorato a quest'aspetto?
Eric Lartigau: All'inizio avevamo pensato subito all'Est, fatto di terre così poco portate sullo schermo, luoghi quasi ignoti... Volevamo anche la vicinanza dell'acqua... Man mano facendo ricerche ho scoperto che Montenegro è un luogo dove il tempo è sospeso da quasi un secolo. Il contesto paesaggistico rende coi suoi colori questa sospensione temporale. Inoltre il mare è per il protagonista una via di fuga necessaria. Nella prima parte i personaggi dovevano essere nitidi, nella seconda invece il protagonista s'inserisce nel paesaggio e dovevamo scoprire lo scenario insieme a quello che stava scoprendo Paul.

Non vi siete fermati però a questo parallelismo: c'è anche un cambio di tonalità cromatica durante il film. Che tipo di lavoro avete fatto?
Eric Lartigau: Sì, all'inizio a Parigi non avevamo bisogno di accentuare le cose così i colori sono più tenui. I colori vivi successivi sono quasi una reazione a quelli precedenti. Contrariamente al Montenegro, dove Paul si trova di fronte a situazioni più violente...

Rivedere in un thriller un protagonista che scatta fotografie fa venire in mente i film di Hitchcock. Ha avuto dei modelli di riferimento del genere per questo film?
Eric Lartigau: Ci siamo nutriti di film di vari registi, ma durante la lavorazione di solito io non vado più al cinema e non vedo film perché non mi piace sentirmi influenzato dagli altri. Sicuramente ci sono delle reminescenze ma a livello inconscio.

A proposito di suspense, uno dei motivi tematici più interessanti del film è il fatto che il protagonista si libera della propria identità, ma diventa prigioniero della seconda... Ce ne può parlare?
Eric Lartigau: E' la caratteristica di questo personaggio: lui diventa nemico di se stesso perché la sua vita viene invasa dal delitto, ma continua a vivere. Se vivesse una sorta di schizofrenia si alienerebbe, così cerca di credere lui stesso alla sua versione dei fatti pur sapendo che tutto gli si rivolterà contro. Ha i piedi ancorati nel presente, si concede anche una risata, ma poi subentra il passato.

Il film è già uscito in Francia ed è stato un grosso successo. Ve l'aspettavate?
Eric Lartigau: Assolutamente no. Speravo che la produzione potesse ammortizzare i costi, ma stiamo andando anche oltre. E' eccitante che il pubblico scelga di vedere al cinema un noir.
Marina Fois: In Francia non sono solo le commedie a vincere in questo momento.

Douglas Kennedy ha visto il vostro adattamento?
Eric Lartigau: Sì, è stato il nostro primo spettatore e gli è piaciuto molto tanto da essere poi venuto con noi a promovuerlo a Parigi. Douglas era entusiasta di vedere nello stesso tempo in sala la sua storia ma anche una storia che non era più la sua... In Francia, in Germania e in Inghilterra
è uno scrittore molto noto!