Recensione L'estate di Martino (2010)

Ripercorrendo la favola del pirata Dragut, il quattordicenne Martino scoprirà l'amore, l'amicizia e il valore del sacrificio, in un'Italia sospesa tra la strage di Ustica e quella di Bologna.

Se un pirata diventa un eroe

Può un'ingenua, sebbene edificante, favola per bambini cambiare il destino delle persone e del mondo? Sul potere, e sul ruolo delle storie, e più in generale sulla responsabilità dell'arte ci si interroga da sempre, e non è sbagliato il pensiero che siano proprio le avventure meno altisonanti e pretenziose che più lasciano una traccia di sé in chi le ascolta. I bambini, inoltre, hanno una capacità che quasi tutti gli adulti hanno perso: quella di credere anche in ciò che sembra impossibile alla logica, di credere che solo con le idee e la volontà si possa cambiare il mondo.


La storia preferita del quattordicenne Martino è quella del pirata Dragut, secondogenito di un valente navigatore e innamorato della promessa sposa del fratello. E non è soltanto perché quella di Dragut era anche la storia più amata dalla madre che Martino ne riconosce dappertutto gli echi, nell'indimenticabile luglio del 1980; è per via di Silvia, fidanzata con il fratello Massimo giusto per la durata delle sue vacanze. A movimentare l'estate del protagonista è però anche un altro incontro: quello con il capitano americano Jeff Clark, di stanza alla base militare che rende inaccessibile gran parte della spiaggia. Lungi dal farsi intimidire da una semplice rete, Martino sconfinerà abitualmente in suolo americano, fino a farsi redarguire proprio dal capitano; ma l'intraprendente ragazzino sfrutterà l'occasione per convincere l'apparentemente rude e severo Jeff ad insegnargli a surfare. Il primo amore e la prima amicizia: è davvero un'estate importante per Martino, nella quale si fa opprimente la presenza della guerra fredda e degli interrogativi, mai definitivamente sopiti, sulle responsabilità nella strage di Ustica.

La scelta di incastonare la vicenda de L'estate di Martino tra due momenti, quello del disastro aereo di Ustica e quello dell'attentato del 2 agosto a Bologna, così significativi nella storia italiana è l'aspetto meno convincente della pellicola. Lo scenario sociale in cui il protagonista è immerso è infatti tratteggiato con eccessiva semplificazione: sebbene sia credibile che degli adolescenti non si impegnino in dispute politiche e facciano delle sentenze emesse dai genitori il proprio credo, la contrapposizione tra l'operaio antiamericano e il militare integerrimo poteva animarsi di qualche sfumatura in più. Risolvere un argomento tanto complesso e problematico tramite stereotipi, per quanto nell'ambito di un film per ragazzi, non gli rende giustizia, tanto più che non vi era necessità di ambientare la storia proprio in quel periodo. La storia di Martino, proprio per la sua natura perennemente in bilico tra realtà e immaginazione, poteva avere la stessa forza indipendentemente dal contesto e dal luogo. Il nucleo più emozionante del film è infatti quello giocato tutto sulla personalità ribelle e introversa di Martino, un solitario a cui non interessa il divertimento banale e che non rinuncia a pensare con la sua testa. Per Martino i modelli da seguire non sono quelli del padre e del fratello, ma quelli di cui la madre gli leggeva nelle favole: eroi disposti a sfidare il mondo e se stessi per salvare una ragazza infelice, pirati che vogliono scoprire cosa c'è aldilà dell'orizzonte. Per realizzare queste imprese il protagonista avrà però bisogno di una guida in carne e ossa, che troverà nel capitano Clark, interpretato da un bravo Treat Williams, credibile nel suo slang anglo-italiano; una guida imperfetta, che ha fatto errori ma che è anche capace di riconoscerli, che soprattutto sa ascoltare, e che imparerà dal giovane amico quasi più cose di quante non gliene possa insegnare.

La sovrapposizione tra invenzione e realtà, favola e vita che percorre tutta la pellicola culmina in un finale che, in linea con lo spirito che anima il racconto, lascia libero spazio all'interpretazione. E forse non c'è messaggio migliore, per un film destinato al pubblico giovane, di uno che esorti a non smettere mai di immaginare qualcosa di diverso, di chiedersi come potrebbero andare le cose se tutti fossimo un po' più eroi, di cosa potremmo realizzare se sognassimo di più.

Movieplayer.it

3.0/5