Recensione La versione di Barney (2010)

Barney's Version è un film di attori e sentimenti, capace di commuovere e di toccare il cuore senza ricattare emotivamente il pubblico.

Barney non abita più qui

Solo una manciata di interpreti di talento come Paul Giamatti, Dustin Hoffman e Rosamund Pike poteva rendere giustizia al caustico Barney's Version (La versione di Barney), romanzo-testamento dello scrittore canadese Mordecai Richler, scomparso nel 2001. Per anni la densità emotiva della materia e il cinico humor ebraico che la profonde hanno reso difficile qualsiasi adattamento e solo l'intervento di un produttore tenace e illuminato come Robert Lantos è riuscito a portare sullo schermo la vita del cinico Barney Panofsky, rabbioso ebreo canadese con un armadio pieno di scheletri e di ex mogli. La difficoltà principale del romanzo riguarda l'insistita soggettività del protagonista, personaggio che oggi definiremmo "politically uncorrect", il cui sguardo funge da filtro dei fatti narrati, visto che quella di cui ci rende partecipi è la sua "verità". Barney, ricco produttore di soap di bassa qualità, è un vecchio scorbutico dalla lingua lunga, amante dei vizi - fumo e alcool su tutti - delle donne e del denaro, che non esita a elargire in maniera sferzante il proprio punto di vista sulla realtà, specialmente se non richiesto. A incarnare lo scomodo personaggio sullo schermo è stato chiamato Paul Giamatti, interprete di razza qui chiamato a plasmare la propria recitazione e il proprio aspetto in base alle varie stagioni della vita di Barney.


Il Barney giamattiano perde un po' della ferocia di quello letterario per assumere un tono più dimesso e malinconico. Lo sguardo liquido e profondo di Paul Giamatti esprime calore umano infinitamente superiore rispetto al suo alter ego cartaceo e la sua interpretazione, che privilegia la sfera dei sentimenti sacrificando la vis polemica originaria, produce attimi di toccante umanità. Giocato su poche, ma fondamentali scene chiave il rapporto affettivo tra Barney e il padre (un irresistibile Dustin Hoffman). Tutta la carica di cinismo che apparteneva al Panofsky del romanzo viene assorbita dal personaggio di Hoffman, un ex poliziotto rozzo e sboccato a cui il grande Dustin infonde una carica vitale quasi contagiosa. All'eterea Rosamund Pike tocca il ruolo femminile più interessante, quello della saggia Miriam, paziente e affettuosa moglie di Barney e madre dei suoi figli. La recitazione in punta di piedi dell'attrice inglese risulta particolarmente azzeccata, la grazia infusa nel personaggio di Miriam fa si che a ogni sua apparizione l'attenzione si sposti immediatamente di lei, permettendole di tener testa al grossolano Barney.

Barney's Version è un film di attori e sentimenti, capace di commuovere senza ricattare emotivamente il pubblico. Nell'economia dell'opera non stona la presenza dietro la macchina da presa di un regista di estrazione televisiva come Richard J. Lewis, che mette il proprio mestiere al servizio della sceneggiatura cercando di esaltare il cast con tutti i mezzi che si trova a disposizione. Non mancano una certa cura formale nella ricostruzione degli ambienti - si segnala una breve incursione a Roma durante la giovinezza di Barney - e un uso insistito della colonna sonora a commento degli accadimenti mostrati, ma il cuore del lavoro diretto da Lewis è la storia di Barney e di coloro che entrano in contatto con lui. Ogni uomo è un'isola. Quella di Barney , via via che il tempo passa, si fa più impervia e rocciosa. Solo chi avrà la pazienza di esplorarla interamente comprenderà a fondo la ricchezza dell'uomo che si nasconde dietro una spessa maschera di cinismo e solitudine. Una maschera che solo la fine saprà rimuovere.

Movieplayer.it

3.0/5