Emidio Greco torna a Venezia con Notizie degli scavi

Insieme ad Ambra Angiolini e Giuseppe Battiston il regista di 'Una storia semplice' presenta a Venezia un'opera difficile che mescola concetti neoclassici come la bellezza dei reperti archeologici ed emblematici riflessi dell'attualità.

A distanza di quasi vent'anni dal film Una storia semplice con Gian Maria Volonté torna al Lido con il surreale e complesso Notizie degli scavi il visionario regista Emidio Greco.
Adattamento dell'omonimo racconto di Franco Lucentini, scritto prima di fare coppia con Carlo Fruttero, il film, fuori concorso alla 67esima Mostra del Cinema di Venezia, racconta una storia delicata e attuale - come il regista stesso l'ha definita durante il breve incontro di stamattina con la stampa - dell'incontro tra due personaggi apparentemente agli antipodi, un professore un po' stravagante e una prostituta depressa per amore le cui coscienze sono risvegliate dalla bellezza emersa dalla visita agli scavi della Villa Adriana di Tivoli. Nei panni della Marchesa e del Professore, una coppia singolare che si esprime attraverso dialoghi di difficile comprensione per chi non è abituato al teatro dell'assurdo di Brecht: Ambra Angiolini e uno straordinario Giuseppe Battiston.

Prodotto dal temerario Gianluca Arcopinto e da Emanuele Nespeca, Notizie degli scavi rappresenta una proposta italiana coraggiosa del programma veneziano: un'opera non comune che tenta un recupero neoclassico del concetto di bellezza attraverso i simbolici reperti archeologici, ma nello stesso tempo rievoca con suggestione un riflesso dell'attualità. Il regista Emidio Greco ci ha raccontato il senso di quest'operazione di rilettura e ci ha spiegato come ha lavorato alla trasposizione dell'opera di Lucentini, ambientata negli anni '60. Ad accompagnarlo un'ironica Ambra Angiolini e un sommesso Giuseppe Battiston, che hanno spiegato quali difficoltà comporta interpretare parti tanto insolite e necessarie.

Notizie degli scavi è un racconto morale le cui scelte sono dettate dalla densità e dalla vività della storia. Signor Greco, che tipo di operazione intellettuale ha fatto con questo film?
Emidio Greco: Questo film per me è una sfida perché il racconto di Lucentini da cui è stato tratto è dell'inizio degli anni '60 e sviluppato in prima persona, la logica quindi si rapporta alla soggettività della persona. Io invece volevo attualizzarlo così mi sono chiesto quanto potesse resistere quella soggettività.

Come considera la sua opera?

Emidio Greco: E' un oggetto delicato perché il racconto di Lucentini è delicato! E' un esercizio di stile perché i personaggi parlano in maniera curiosa. Volevo attualizzarlo, ma non perché non volessi fare un film in costume, ma in quanto il tema centrale è di una straordinaria attualità, forse più rapportabile a oggi che agli stessi anni '60. E' un racconto morale perché parla di due persone che sono emarginate dalla società e che scoprono di poter condividere una simpatia apparsa improbabile prima. Riconoscendosi i due protagonisti decidono che la vita vale la pena di viverla, nonostante le condizioni non allegre in cui si trovano.

A cosa si riferisce in particolare il titolo?
Emidio Greco: Il titolo non è casuale. Gli scavi nel film sono quelli della Villa Adriana di Tivoli perché volevo conferire alle pietre e ai reperti archeologici la capacità di risvegliare i protagonisti alla coscienza. E' evidente la contrapposizione tra la straordinarietà del passato con la Villa Adriana alla modernità e alla vita che i protagonisti conducono, ma lascio agli spettatori la possibilità di cogliere o meno questa contraddizione.

Nel film c'è un riflesso preciso dell'attualità. La ricognizione del rapporto tra passato e presente cambia il destino dei personaggi. In che modo?
Emidio Greco: Ai personaggi i conti non tornano, non c'è niente che funziona come dovrebbe funzionare e così si astraggono, si perdono. Dopo che gli scavi vengono alla luce, non è detto che siano veri al 100 %: l'ambiguità diventa così una condizione dell'esistenza. Inoltre gli scavi, che ho aggiunto alla storia di Lucentini, sono anche molto belli. Ho voluto raccontare l'esplorazione degli scavi per quello che sono, accompagnati dall'Adagio e Fuga in Do minore K 546 di Mozart. Anche gli scavi, come la vita, hanno un'ambiguità difficile da accettare, ma rappresentano anche la bellezza. Da un parte c'è una condizione d'incertezza di vivere e dall'altra quella di bellezza, platonica. Questi due elementi, che a prima vista appaiono inconciliabili, risvegliano i personaggi.

Il personaggio della Marchesa vive quasi di conseguenza quest'esplorazione della bellezza. Come si rapporta con questo comportamento, signora Angiolini?
Ambra Angiolini: La bellezza nel film è generata dall'incontro dei due personaggi, le cui solitudini si credeva non potessero produrre. La stessa "casa di dispiacere" ha una bellezza dentro, una dignità nelle ragazze che la abitano. Per me la bellezza è stata anche nell'essere diretta con magia da Emidio perché non mi vengono proposti spesso ruoli come questo. Tutto rimane sospeso: è un film che smuove tanto, sorprende mostrando le cose, ma senza svelarle troppo.
Emidio Greco: E' vero, non è tutto risolto perché il mio compito non era quello di spiegare in modo didascalico come sarebbero dovute avvenire le cose.

I protagonisti si calano così tanto nei loro personaggi attraverso le loro parole che sembrano incatenati a loro. Come hanno lavorato gli attori con un tipo così complesso di dialoghi?

Ambra Angiolini: I dialoghi sono stati per noi l'elemento fondamentale per capire la musica del film, di cui rappresentano una vera partitura. Se non si capisce che sono scritti per essere detti così, si ha la sensazione di essere costretti in quelle parole. Man mano che studiavo la parte ho capito che c'è libertà proprio in questa scelta: è una musica che solo i protagonisti sanno suonare e che gli spettatori poi possono fare propria. Il linguaggio libera dai pregiudizi e dalle rigidità che caratterizzano i personaggi e sembra che sia quello che più dà il senso dei personaggi.
Giuseppe Battiston: Abbiamo lavorato su un linguaggio estremamente difficile da memorizzare, ma poi nella rappresentazione è stato utile anche per il nostro lavoro perché essendo quella della sceneggiatura una scrittura artefatta mi ha messo nelle condizioni di costruire un personaggio in maniera artefatta! E' un linguaggio complesso e particolare, molto legato alle emozioni, alle reazioni e alle considerazioni delle cose che il mio personaggio vede come diverse dal suo modo di vedere la realtà, una modalità quasi di catalogazione. Il mio personaggio trova la sua ragione d'essere in una casa che definirei "di dispiacere" e quando gli viene chiesto di ritornare in sé è destabilizzato. Ogni elemento contribuisce a scardinare il suo mondo geometrico come gli scavi stessi.

Signor Battiston. come si è preparato per interpretare il ruolo del Professore?
Giuseppe Battiston: E' una possibilità rara per un attore lavorare su un ruolo come questo perché spinge a allontanarsi da sé stessi; far parte del cast di questo film è stato per me molto stimolante. Se da una parte il ruolo era difficile, è stato più facile far suonare quelle corde che non tutti riconoscono. Bisognava partire dal linguaggio e abbiamo discusso a lungo, Emidio e io, su quali potessero essere le caratteristiche del mio personaggio: il Professore parte dall'osservazione delle cose e poi individua la realtà, ma è come un computer che non ha la capacità di mettere in comunicazione finestre diverse. Altro elemento forte per me sono state le situazioni in cui il personaggio si astrae completamente, perdendosi per esempio in un piatto di minestra... Il punto di partenza è stato la considerazione di quelle piccole manie che ognuno di noi ha.