Recensione Pandorum - L'universo parallelo (2009)

Christian Alvart dirige con sicurezza, a tratti azzarda, costruendo sequenze ben calibrate e tese al punto giusto, che strizzano l'occhio ai modelli del passato.

Paura nello spazio profondo

Un classico come Alien ci insegna che una nave spaziale non è sempre e solo sinonimo di fantascienza, ma che può essere una perfetta ambientazione per mettere in scena paura e claustrofobica tensione: nello spazio profondo, ammoniva infatti lo slogan del film di Ridley Scott, nessuno può sentirci urlare.
Non è dissimile il caso di Pandorum - L'universo parallelo, che prende le mosse dal risveglio del caporale Bower a bordo di una desolata nave spaziale chiamata Elysium, che ospita sessantamila esseri umani addormentati, da trasportare in un viaggio di 123 anni verso Tanis, pianeta simile alla Terra su cui impiantare una colonia per rimediare alla inevitabile, quanto cinematograficamente consueta, sovrappopolazione del nostro mondo. Di tutto questo Bower non ha inizialmente memoria, nè sembra saperne di più il tenente Payton, da lui svegliato, ma i due iniziano un percorso di esplorazione della nave per poter raggiungere e riattivare il generatore che gli consentirebbe di rimettere l'Elysium sulla giusta rotta per proseguire nella missione che poco per volta, pezzo dopo pezzo, inizia a riaffiorare nella loro mente.

Non tutto è così semplice, perchè da una parte i ricordi cominciano ad affiorare, ma dall'altra non va trascurato il cosiddetto Pandorum, condizione psicologica in cui si ritrovano coloro i quali sono sottoposti a lunghi periodi di iper-sonno, i cui sintomi sono paranoia, allucinazioni e tendenze omicide. E mentre l'esplorazione di Bower prosegue con la guida accorta di Payton, facendo luce sul mistero che riguarda la nave spaziale ed il suo viaggio, diventa sempre più evidente che la calma in cui versa la Elysium è solo apparente.

Christian Alvart, già cimentatosi nel thriller con il precedente Case 39, non si discosta dalle scenografie cui siamo abituati in storie di questo tipo, muovendo i suoi attori tra labirintici corridoi carichi di vapore, attraversati da tubature e cavi, e scarsamente illuminati da fonti di luce innaturali e minacciose, nè prende le distanze dai classici del genere, costruendo sequenze ben calibrate, e tese al punto giusto, che strizzano l'occhio ai modelli del passato. Non manca un po' di sano gore, condito da effetti dalla realizzazione discreta, nè la giusta dose d'azione, tra lotte e fughe tra i corridoi dell'astronave, ma non viene mai trascurata la parte più propriamente psicologica della paura, forse anche grazie ad un budget non elevatissimo, che avrà costretto il regista a dosare quanto mostrare e quando farlo. A completare l'atmosfera, la musica d'accompagnamento di Michl Britsch, già usato dal regista nel suo precedente lavoro.
Efficace anche l'interpretazione dei due protagonisti Ben Foster e Dennis Quaid nei panni di Bower e Payton, ai quali, a storia in corso, si aggiunge un misterioso e discreto Cam Gigandet.

Quello che manca a Pandorum per poter varcare il confine del piacevole intrattenimento estivo di genere, è quel tocco in grado di renderlo unico, quel dettaglio, quel segno distintivo, quella capacità di osare che è riscontrabile in altri lavori che per un motivo o per un altro amiamo: pensiamo, tanto per fare un esempio recente e senza voler scomodare ben più illustri predecessori, all'asciutta efficacia di The Descent - Discesa nelle tenebre di Neil Marshall. Alvart dirige con sicurezza, a tratti azzarda, ma ogni sequenza dà la sensazione di essere un'entità a sè: un senso di poca coesione che si accompagna all'inevitabile sensasione di poca originalità che, almeno nelle situazioni, permea la narrazione.
E' per questo che, nonostante il plot intrighi e incuriosisca fino alla rivelazione finale, ci sentiamo di parlare di un discreto film, che però non riesce a valicare i rigidi confini in cui da solo si è rinchiuso.

Movieplayer.it

3.0/5