Recensione Ragazzi miei (2009)

'Ragazzi miei' si dimostra una piccola, piacevole sorpresa nel panorama estivo italiano, con la sua capacità di emozionare con una storia vera e ben raccontata.

Una famiglia alla ricerca dell'equilibrio

Tutti noi sappiamo che la vita ci mette continuamente alla prova, con problemi sempre nuovi, spesso drammatici e difficili da superare, che ci appaiono ancora più grandi ed insormontabili quando siamo noi in prima persona a doverli affrontare. Appartiene a questa categoria il dramma di Joe Warr, protagonista di Ragazzi miei, giornalista sportivo trasferitosi in Australia con la seconda moglie Katy, conosciuta durante un'intervista. Dramma perchè la loro vita insieme, felice e completa grazie alla nascita del piccolo Artie, viene bruscamente ed inaspettatamente interrotta dalla morte di lei per cancro. Tutto intorno a Joe sembra crollare. Come affrontare il lutto ed una sofferenza così grande? E come imparare di colpo e da solo a crescere il figlio, a bilanciare la disciplina e l'affetto, ma soprattutto permettergli di affrontare la stessa sofferenza che lui stesso fatica a gestire?
L'arrivo di Harry, l'altro figlio di Joe nato dal suo primo matrimonio, è insieme sollievo ed ulteriore difficoltà, e solo dopo diversi problemi e scontri, culminanti con la fuga del figlio maggiore in seguito ad una festa organizzata in casa e finita male, i tre ragazzi riusciranno a trovare il giusto equilibrio per portare avanti le loro vite nel miglior modo possibile.

E' un bravissimo Clive Owen, in un ruolo per niente facile, a mettere in scena le varie fasi del dolore di Joe, tratteggiandone il rifiuto quasi infantile, gli scatti d'ira, la sofferenza ed i tentativi di affrontare le difficoltà e gli sbalzi d'umore del piccolo Artie. Coadiuvato dagli altri membri del cast, ed in particolare dal piccolo Nicholas McAnulty che dà vita al figlio più giovane, si pone come figura di riferimento del film e riesce a fare da filo conduttore alla storia, adattata dall'autore televisivo Allan Cubitt a partire dalle delicate memorie di Simon Carr.
Il regista Scott Hicks, noto al pubblico per il suo Shine, è abile nel sottolineare i diversi momenti di Ragazzi miei, una storia frammentaria fatta di spaccati della vita di Joe ed Artie, e poi dei due insieme ad Harry, dirigendo con schiettezza e pulizia, cercando di sollecitare le emozioni dello spettatore senza sguazzare nel loro dolore, di trovare l'equilibrio tra le scene inevitabilmente più drammatiche e quelle che comunicano, nonostante tutto, nonostante difficoltà, confusione e disordine assoluto, gioia di vivere e grande senso di libertà.
Pensiamo, per esempio, alla scena iniziale, alla corsa in spiaggia con Artie sul cofano dell'auto, o ad altri momenti di felicità del bambino, ma anche alle brevi sequenze che mostrano la serenità della vita di Joe e Katy prima della prematura morte di lei, assolutamente da alternare alle difficoltà dell'essere padri single, ai momenti di catatonia di Artie, ai litigi con Harry ed il difficile rapporto con Barbara, madre della piccola Lucy, compagna di classe del figlio di Joe. Un'alternanza che cerca di rappresentare la ricerca di equilibrio del nucleo familiare, anomalo ed allo sbando, che fa capo al giornalista.
Se Hicks segue la storia con la dovuta dignità, integrandola nelle suggestive ambientazioni australiane, altrettanto fanno le musiche di Hal Lindes, arricchite da frammenti delle eteree canzoni dei Sigur Ros, capaci di adattarsi allo stile della messa in scena ed a quello che vediamo su schermo.
E' per questi motivi che Ragazzi miei si dimostra una piccola, piacevole sorpresa nel panorama estivo italiano, con la sua capacità di emozionare con una storia vera e ben raccontata.

Movieplayer.it

3.0/5