Recensione A proposito di Steve (2009)

Etichettato sotto il titolo di romcom per ovvie ragioni, 'A proposito di Steve' non offre allo spettatore niente di ciò che quest'ultimo potrebbe attendersi e questo, se vogliamo, è un merito.

5 verticale: ossessione, fissazione

"Meglio un buon piano oggi che un ottimo piano domani", chiosava il Generale Patton. I produttori di A proposito di Steve devono aver fatto tesoro del suo insegnamento concludendo che anche un pessimo piano è meglio di niente. Ecco come nasce uno dei lavori più spiazzanti e sconclusionati attualmente in circolazione. Intendiamoci, A proposito di Steve è un film di cui non è semplice parlare, in quanto oggetto strano che sfugge a ogni definizione. Etichettato sotto il titolo di romcom per ovvie ragioni, non offre allo spettatore niente di ciò che quest'ultimo si potrebbe attendere e questo, se vogliamo, è un merito. Quinto potere incontra Miss Detective? Niente rende l'idea di questo frullato di generi che mescola romance e road movie, luoghi comuni sull'universo dei single e critica al mondo della televisione, gag slapstick e satira da bar. La pellicola, scritta da Kim Barker e diretta da Phil Traill, non ci dice tutto su Steve, ma ci fa sapere molto di Sandra Bullock, alias Mary Magdalene Horowitz, nerd single ultratrentenne cattolico-ebrea responsabile della sezione cruciverba del Sacramento Herald che gira per la città in stivaloni rossi ultrafetish perché "fanno sentire le dita dei miei piedi come dieci amici in campeggio". Dopo aver incontrato in un appuntamento al buio il bel cameraman d'assalto Steve ed essersi presa una cotta per lui, il passo da disadattata logorroica a stalker logorroica sarà breve.

Dopo uno spiazzante incipit, A proposito di Steve inanella la messa in scena di una serie di improbabili fatti di cronaca dove la troupe di Steve viene inviata a documentare le notizie, inaugurando un lungo e sgangherato viaggio attraverso l'Arizona delle città fantasma, l'Oklahoma, il Texas battuto dagli uragani e il periglioso Colorado. L'astrusità delle trovate (la crociata dei movimenti religiosi per proteggere la bambina con tre gambe dall'operazione che la renderebbe normale è sublime nella sua improbabilità) ricorda i nonsense di film come il blasfemo The Ten o il delirante The Darwin Awards. Ma la storia prende una piega diversa quando al delirio sentimentale di Mary si affianca la satira del mondo della televisione e dei meccanismi che le sono propri, con anchormen tromboni e ignoranti che si fanno la guerra a colpi di scoop, lampade, menzogne e tirate strappalacrime per fidelizzare il maggior numero di spettatori. La seconda parte di A proposito di Steve tenta di fare per il mondo dell'informazione televisiva ciò che American Dreamz ha fatto per i reality show, desacralizzandone fino all'idiozia i meccanismi caratterizzanti e non manca di strappare qualche sonora risata. Mentre il povero Bradley Cooper, nei panni di Steve, offre una perfomance decisamente incolore, penalizzato da un ruolo piatto e poco incisivo ben lontano dal fascino mascalzone che sfodererà in Una notte da leoni, il vero mattatore del film risulta il veterano Thomas Haden Church nei panni del pomposo Hartman Hughes, giornalista vanesio, ignorante e lievemente sadico a cui vengono affidate le scene più esilaranti del film. Divertenti anche i duetti col produttore Angus, interpretato da Ken Jeong (chissà perché gli orientali che lavorano dietro le quinte della tv devono far ridere per forza...).

E veniamo a Sandra Bullock. Se l'attrice americana più pagata dal momento ha conquistato, grazie alla sua performance in A proposito di Steve, il Razzie per la peggior interpretazione dell'anno un motivo ci sarà. A tratti Sandy riesce a essere deliziosa e scanzonata come sempre, ma vederla cinguettare alla vista di Steve

agitando le braccia in maniera scomposta e facendo tremolare le ginocchia ossute dentro gli stivali rossi metterà alla prova anche gli estimatori più accaniti dell'attrice. Eppure basta fare mente locale per capire che solo un'attrice autoironica ed elegante come la Bullock può sopravvivere - artisticamente parlando - a un personaggio del genere. Sandra Bullock è sopravvissuta a ben altro perciò non possiamo che ammirarla anche quando è preda della logorrea poliglotta (il che accade per la maggior parte del film).
A proposito di Steve si conclude, però, lasciandoci l'amaro in bocca. La pazzia di Mary Magdalene Horowitz subisce, nel finale del film, una sorta di "normalizzazione", viene in parte ridimensionata perdendo un po' della sconclusionata stravaganza che la contraddiceva. Se follia deve essere che lo sia fino in fondo. Dopo una pellicola sbilanciata e abnorme ci saremmo aspettati un finale col botto, invece anche Kim Barker alla fine dei conti si lascia prendere la mano da un eccesso di prudenza rientrando, se così si può dire, nei ranghi. Per fortuna Mary Horowitz non rinuncia ai suoi stivali rossi neanche nella sequenza conclusiva. Se dobbiamo dirla tutta, ci sarebbero mancati.

Movieplayer.it

3.0/5