Recensione Humpday - Un mercoledì da sballo (2009)

Dimenticatevi i film infarciti di clichè, battutacce volgari e umorismo di grana grossa: per quanto Humpday sia un film spassoso, non manca di sollevare qualche riflessione.

Due amici, un matrimonio e un film a luci rosse

Dopo la passione esplosiva al centro di Colpo di fulmine e il torbido intreccio de Il compleanno, in sala arriva una nuova pellicola incentrata sul rapporto tra due uomini, questa volta due amici eterosessuali, che si ritrovano ad affrontare una serie di tabù e dubbi indissolubilmente legati alla fisicità tra maschi. Ben è felicemente sposato con Anna, e insieme a lei progetta di allargare la famiglia. Una notte, mentre i due sono già a letto, a casa loro irrompe Andrew, un ex-compagno di college di Ben che si rifà vivo dopo dieci anni e senza il minimo preavviso. Dopo aver condiviso una giovinezza spensierata, i due amici hanno intrapreso strade diverse, e mentre Ben ha seguito un percorso lineare - ovvero quello di conoscere una ragazza, sposarla e mettere su casa e famiglia con lei - Andrew è un irresistibile e vulcanico giramondo con lo zaino pieno di esperienze, ma poca voglia di crescere, che sembra quasi stupito del modo in cui Ben sia riuscito a mettere la testa a posto, in una casa piena di libri, con un tavolo da caffè e addirittura una doccia con acqua calda.

Per ricambiare l'ospitalità ricevuta, Andrew trascina Ben (e Anna, di conseguenza) in un bel casino che non mancherà di sollevare dubbi e riflessioni, non solo nei protagonisti, ma anche negli spettatori. Alla fine di una serata dionisiaca infatti, a casa di amici di Andrew - un gruppo di fricchettoni estremamente disinvolti da ogni punto di vista - Ben e l'amico si ritrovano a parlare della possibilità di partecipare ad un festival di cinema pornografico con un video a luci rosse che li vedrebbe impegnati in un rapporto sessuale. Secondo i due infatti, il fatto che loro siano due uomini eterosessuali renderebbe davvero interessante la loro performance, considerato che le pellicole porno-gay vengono solitamente interpretate da attori omosessuali. Il giorno dopo, invece di archiviare l'idea, che dopotutto era saltata fuori durante una serata ad alto tasso alcoolico, i due decidono di parlarne lucidamente, e di portare avanti il progetto, più per "principio" che per una reale convinzione. Le vere difficoltà tuttavia, arriveranno quando si tratterà di dirlo alla moglie di Ben e soprattutto di girare il loro film in una stanza d'albergo.
Dimenticatevi i film infarciti di clichè, battutacce volgari e umorismo di grana grossa. Per quanto Humpday - Un mercoledì da sballo sia un film spassoso, non manca di sollevare qualche riflessione, soprattutto quelle legate ad un tabù rimasto insuperato per gli uomini, ovvero la possibilità di accettare la propria componente omosessuale. I due protagonisti sono due eterosessuali che si ritrovano a testare con molta cautela - quasi come se entrassero in una vasca d'acqua gelata - il loro indiscusso affiatamento anche sul piano fisico. Provano a scambiarsi un lungo bacio, poi dopo diversi tentennamenti si spogliano fino a restare in boxer e si abbracciano, cercando di ridimensionare la situazione per tranquillizzarsi. In fondo un abbraccio è soltanto un abbraccio, e quello che si sono scambiati potrebbe essere tranquillamente il saluto di due amici che si incontrano in piscina. Ma il sesso è un ostacolo troppo grande, almeno nella realtà, visto che a Ben è già capitato di fantasticare sul titolare di un videonoleggio, da adolescente.
Per quanto il tono del film sia lieve, e rientri negli schemi della commedia (a tratti punteggiata di amarezza), non è mai caricaturale ed esasperato, e si arricchisce anche di un pizzico di tensione erotica. I punti di forza di Humpday, diretto da Lynn Shelton - filmaker appartenente al movimento mumblecore, corrente di cinema indie americano che si focalizza sui rapporti tra trentenni, sviluppati in pellicole low-budget - non stanno soltanto nel modo in cui affronta il tema dell'esplorazione della propria sessualità da parte dei protagonisti, ma anche nelle interpretazioni, rese più spontanee da uno script praticamente assente e dall'improvvisazione. Mark Duplass interpreta ottimamente Ben, un trentenne che ad un certo punto della sua vita si ritrova ad un bivio, tra sessualità, una vita adulta già "pianificata", e l'istinto di tornare a lasciarsi andare, mentre Joshua Leonard (che pochi riconosceranno come uno degli esordienti di The Blair Witch project) è assolutamente irresistibile nei panni di Andrew, che al contrario di Ben, ha assecondato fin troppo il suo spirito adolescenziale. Dal punto di vista interpretativo tuttavia, la sequenza migliore è quella che vede protagonista Alycia Delmore (qui nel ruolo di Anna), mentre passa dall'euforia per qualche bicchiere di troppo allo sconcerto nel sapere che suo marito ha intenzione di esibirsi in un film a luci rosse. Peccato che tanta spontaneità sia destinata a disperdersi nell'edizione italiana, che arriverà nelle sale con il doppiaggio di Lillo e Greg, una scelta comprensibile dal punto di vista commerciale, ma non condivisibile dal punto di vista creativo.

Movieplayer.it

4.0/5