Recensione Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti (2010)

Se lo spettatore ha la caparbietà di entrare nel mondo surreale di Apichatpong, può restarne insieme affascinato, divertito e stimolato, ma non è un'impresa facile.

L'ultimo viaggio di zio Boonmee

Dopo sei anni dal premio speciale della giuria per Tropical Malady, Apichatpong Weerasethakul torna al Festival di Cannes con Uncle Boonmee Who Can Recall His Past Lives (in Italiano tradotto fedelmente Lo Zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti), unico film con elementi surreali di un cartellone orientato più al realismo, caratteristica che con Tim Burton presidente di giuria potrebbe valere al regista thailandese un riconoscimento.
Ne è protagonista lo zio Boonmee del titolo, un uomo affetto da insufficienza renale che decide di passare gli ultimi giorni di vita in campagna, circondato dalla natura e dai suoi cari: oltre alla sorella è il nipote, infatti, solo l'infermiere è al suo fianco per prestargli le cure necessarie. Ma la tranquillità di Boonmee si arricchisce poco a poco di altre figure, naturali e soprannaturali, tra le quali figurano un bue ed un pesce gatto, ma soprattutto il fantasma di sua moglie, morta da diciannove anni, ed il figlio, anch'egli deceduto, che ha assunto le sembianze di uno scimmione nero con gli occhi che brillano di rosso. Un flusso di personaggi che guida il protagonista nella riflessione sulla sua esistenza, presente e passata.

Vagamente tratto da una serie di racconti di un abate buddista, Uncle Boonme è un viaggio al confine tra uomo ed animale, tra naturale e soprannaturale, un percorso che continuamente valica questo sottile margine tra i diversi ambiti, mettendo in scena, senza soluzione di continuità, le diverse incarnazioni di Boonmee e rappresentando la fede del regista nella trasmigrazione dell'anima. Un viaggio che si fa anche materiale, che porta Boonmee nel cuore della giungla e verso la cava in cui la sua prima vita è nata.
Quella del film è una storia semplice che si fa complessa, arricchita anche da accenni politici e filosofici, da immagini poetiche ed humour surreale che sfocia nel grottesco; un film ricco nel quale la semplicità dell'interpretazione di Thanapat Salsaymar finisce per non stonare, bilanciando quanto lo circonda.

Ma Uncle Boonmee, così come tutta l'opera di Apichatpong Weerasethakul, non è un film per grande pubblico e non concede appigli allo spettatore dal punto di vista narrativo: il regista thailandese pretende che ci si lasci andare e ci si lasci trasportare completamente dalla sua visione, fatta sì di simboli e scelte visionarie, ma anche di ironia ed immagini suggestive, con inquadrature ampie dal gusto pittorico. Se ha la caparbietà di entrare nel suo mondo, lo spettatore può restarne insieme affascinato, divertito e stimolato, ma non è da tutti avere la forza, o la voglia, di farlo.

Movieplayer.it

3.0/5