Recensione Shadow - L'ombra (2009)

Un horror a scatole cinesi, per Federico Zampaglione, non originalissimo, ma sicuramente non prevedibile. Scenari suggestivi - tra boschi fitti di vegetazione e bunker sinistri - per una storia alla quale non mancano scene molto forti.

L'ombra del male

A volte ritorna, l'horror-thriller italiano, ormai sepolto da decenni sotto la gloria di titoli e filmaker che hanno dato lustro a questo genere. I vani tentativi recenti di riprendere le redini di un genere prolifico intorno agli anni '70 e '80 sono affondati silenziosamente nell'oblio, oppure sono rimasti confinati al ristretto ambito dei vari festival 'da brivido' organizzati nella Penisola e in Europa. Nonostante siamo ben distanti quindi dal vivere un momento fortunato, come sta accadendo in Spagna - per quanto riguarda il cinema in generale, ma soprattutto quello di genere - ogni tanto qualcuno prova a smuovere le acque, come Federico Zampaglione, che con il suo Shadow tenta la strada dell'horror dopo l'esordio cinematografico con Nero Bifamiliare, uscito nelle sale tre anni fa. Il cantante dei Tiromancino non ha mai nascosto il suo affetto per il nostro cinema di genere e lo ha ribadito in maniera piuttosto plateale anche in occasione del primo Fantasy Horror Award di Orvieto, al quale ha partecipato con una proiezione speciale del suo nuovo film, che ha raccolto attorno a sè aficionados del cinema da brivido e veterani come Argento, Yuzna e Deodato oltre alle nuove leve come Balaguerò. Zampaglione, tuttavia, nel tentativo di tracciare un nuovo solco nell'horror nostrano, ha deciso furbescamente (e con efficacia, va detto) di percorrere più strade già battute con successo negli ultimi anni.

Il protagonista di Shadow è David, un giovane americano reduce dal fronte iracheno, che tenta di lasciarsi alle spalle gli orrori della guerra in sella alla sua mountain bike, tra i fitti boschi dell'Europa, in una località remota e difficile da percorrere, se non da persone esperte. Tuttavia in una locanda isolata si vede costretto a difendere la bella Angeline dalle attenzioni di due loschi energumeni, che cacciati in malo modo dal locale, lasciano intendere che la questione non è chiusa. La notte stessa, a causa di una tormenta, David si ritrova con la tenda spazzata via dal vento e viene accolto da Angeline, che gli offre rifugio nella sua canadese. Trovandosi a condividere l'amore per la natura e gli avventurosi percorsi in mountain bike, tra i due nascerà qualcosa di speciale che sarà bruscamente interrotto da un nuovo incontro con Fred e Buck, i due cacciatori che avevano infastidito la ragazza alla locanda e da qualcosa di sinistro che si muove con sicurezza nella fitta vegetazione.

Senza svelare ulteriori dettagli della trama di Shadow, si può dire che il film di Zampaglione ha il pregio di non essere prevedibile come tanti altri titoli del genere al quale appartiene, usciti negli ultimi anni. Al tempo stesso però, percorre strade già battute in precedenza, azzardando una struttura narrativa a scatole cinesi che di volta in volta rivela nuovi scenari e contesti differenti. Il regista - che è anche autore della sceneggiatura, con suo padre Domenico e Giacomo Gensini - pesca situazioni e figure già collaudate in pellicole come Un tranquillo week-end di paura e Non aprite quella porta fino ai più recenti Hostel e The Descent - Discesa nelle tenebre, e mette insieme una storia avvincente, non originalissima e dal finale un po' debole, ma come non se ne vedevano da anni, in Italia. Gli scenari sono fortemente suggestivi, sia quelli immersi nella natura, tra alberi fittissimi e fango, che quelli che ricostruiscono il bunker in cui si risveglia David ad un certo punto della storia. Le luci soffuse svelano dettagli terrificanti - strumenti chirurgici, lettini da sala operatoria e resti umani - oltre ad un'ossessione morbosa per le pagine più oscure e violente della storia dell'umanità, a partire dai lager nazisti fino all'11 settembre 2001 e una fascinazione per figure come Hitler, Mengele e la regista Leni Riefenstahl. Assecondando le tendenze horror del decennio appena conclusosi, Zampaglione fa di questo bunker uno scenario di torture terrificanti che non hanno nulla da invidiare in termini di impatto psicologico e cinematografico ai film di Eli Roth, ed elegge a signore di questo oscuro regno sotterraneo il personaggio interpretato con efficacia da Nuot Arquint, una sottile ombra strisciante e silenziosa, bianca come il gesso, e dagli occhi malvagi, neri come il carbone.

La prima parte della pellicola è forse quella più avvincente, con i primi piani serrati sui volti sporchi e sudati dei protagonisti e le riprese dall'alto dei boschi, la fuga dei due ragazzi e la notte trascorsa in tenda: trascina lo spettatore in un'avventura coinvolgente e misteriosa nel ventre profondo della natura, che può rivelarsi accogliente e ostile al tempo stesso. Per la seconda invece, occorre fare appello a uno stomaco d'acciaio e prepararsi a mutilazioni, urla e altro repertorio da grand guignol. In definitiva, si può considerare Shadow come un esercizio di stile ben riuscito, e se Zampaglione deciderà di proseguire la sua avventura alla riscoperta del nostro cinema di genere - che si preannuncia non facile, tra l'altro - ci si augura che possa farlo con una storia più personale, soprattutto per quanto riguarda la trama.

Movieplayer.it

3.0/5