Recensione Legion (2010)

Gli ingredienti potenziali per mettere in piedi con Legion un action horror intrigante e ritmato c'erano tutti, dall'assedio alla tensione scaturita dall'isolamento e dall'imminente apocalisse, ma non sempre è facile miscelarli nel modo giusto e l'(in)esperienza del regista Scott Stewart ha sicuramente influito in negativo.

Angeli con le pistole

Los Angeles, 23 Dicembre. Un uomo cade dal cielo in un vicolo, ferito ed armato di coltello. Due condizioni a cui porre rimedio subito: dei precisi punti di sutura ai tagli sulla schiena, in perfetto stile Rambo, ed un rapido quanto necessario rifornimento di armi da fuoco di vario tipo. Il tempo stringe e lo conferma lui stesso ai due sfortunati poliziotti che lo fermano dopo il furto: "Sta iniziando. Non c'è molto tempo."
E' solo una breve parentesi nella desolata ambientazione che farà da sfondo a tutto il film, che innalza il tono nel tentativo di dare un sapore epico alla storia, ma è subito al deserto del Mojave che si torna ed ai personaggi che ruotano intorno a Paradise Falls, una isolata stagione di servizio: la cameriera Charlie, vicina al parto, il gestore Bob con il figlio Jeep e l'aiutante Percy, gli sfortunati avventori di passaggio Sandra ed Howard, con la figlia adolescente Audrey, bloccati in attesa che la loro auto sia riparata. La tranquillità della situazione viene alterata dall'arrivo di un'anziana signora, che dopo essersi rivolta con gentilezza alla cameriera per l'ordinazione, si trasforma, nel linguaggio e nei modi prima, nell'aspetto poi. La lotta con la vecchia, che sbraitando oscenità inizia a camminare sulle pareti e sul soffitto, è solo l'inizio del dramma per i protagonisti e lascia Howard ferito e bisognoso di cure. Isolato dal resto del mondo per l'assenza di segnale televisivo e l'interruzione delle linee telefoniche, il gruppo cerca di prestare soccorso ad Howard, ma viene raggiunto dall'uomo che avevamo visto a Los Angeles, che annuncia l'importanza del figlio non ancora nato di Charlie per il futuro dell'umanità e la necessità di difenderlo. Da quel momento Paradise Falls diventa un fortino da difendere contro ondate di mostri.

Con echi di Terminator ed il sapore da Assalto a Distretto 13: le brigate della morte di John Carpenter, Scott Stewart cerca di mettere in piedi con Legion un action horror intrigante e ritmato, che tra tensione e mostri, armi ed esplosioni, possa intrattenere e coinvolgere lo spettatore. Gli ingredienti potenziali c'erano tutti, dall'assedio alla tensione scaturita dall'isolamento e dall'imminente apocalisse, ma non sempre è facile miscelarli nel modo giusto e l'(in)esperienza del regista ha sicuramente influito in negativo: la battaglia messa in scena, lo scontro finale per la salvezza dell'umanità che vede come parti in causa gli Angeli e perfino Dio, ha un tono epico e solenne che mal si sposa con gran parte delle trovate visive del regista, al suo debutto dopo una discreta esperienza nel campo degli effetti speciali; si tratta di situazioni spesso sopra le righe ed eccessive, che girate con la dovuta ironia avrebbero fatto del film un divertente b-movie senza pretese, ma che nel contesto messo in piedi scivolano nella comicità involontaria. In questo non lo aiuta la sceneggiatura, da lui stesso rielaborata da un soggetto originale di Peter Schink, che si pone traguardi più alti di quelli nelle proprie possibilità, non riuscendo a raggiungerli.

Sia Stewart che il produttore David Lancaster sono stati d'accordo fin dall'inizio sull'esigenza di avere un cast di alto livello per animare il film e questo obiettivo è stato raggiunto con indiscutibile successo: Paul Bettany è Michael, la figura misteriosa che si unisce al gruppo per difendere il bambino non ancora nato, mentre Kevin Durand è il suo avversario. Dennis Quaid e Lucas Black sono i due Hanson, Bob e Jeep, mentre Charles S. Dutton dà il volto a Percy e la giovane Adrianne Palicki è la futura mamma Charlie; gli Anderson, la famigliola di passaggio, è invece interpretata da Jon Tenney, Kate Walsh e Willa Holland. Tanti nomi più o meno noti che mettono al servizio della storia le proprie qualità, ma che non riescono a dare spessore a personaggi soltanto abbozzati, con cui di conseguenza è difficile empatizzare.
Nè purtroppo possiamo promuovere a pieni voti il comparto tecnico: nonostante il passato di Stewart nel campo, gli effetti speciali sono di qualità variabile e non sempre reggono il confronto con gli standard piuttosto alti a cui la moderna cinematografia di genere ci sta abituando. Ma al regista vanno riconosciute alcune sequenze d'azione ben costruite, che lasciano sperare che le sue produzioni future possano far dimenticare il passo falso dell'esordio.

Movieplayer.it

2.0/5