Sergi López e Catherine Corsini parlano de L'amante inglese

La regista e il fascinoso attore spagnolo hanno incontrato la stampa per parlare del sensuale 'L'amante inglese', nel quale López recita con Kristin Scott Thomas.

E' una storia d'amore, di libertà, di tragica emancipazione L'amante inglese, il nuovo film di Catherine Corsini presentato con successo al Toronto International Film Festival. Suzanne, moglie di un medico di successo e intrappolata nel proprio ruolo di casalinga borghese, si innamora inaspettatamente di Ivan, il muratore incaricato di ristrutturarle lo studio, e in questo nuovo legame trova la forza di opporsi alla vita di sudditanza impostale dal marito. Abituata ad essere considerata alla stregua di un oggetto, Suzanne (interpretata dalla bella ed intensa Kristin Scott Thomas) scoprirà che l'amore autentico di Ivan le offre l'occasione di vivere senza compromessi e, pur di opporsi ai ricatti del marito, sarà disposta a pagare un prezzo altissimo. Abbiamo parlato con la regista e con il protagonista Sergi Lopez, ancora nei panni di una figura maschile moderna e positiva, già vestiti in Ricky.

La relazione tra Sergi Lopez e Kristin Scott Thomas ricorda, anche fisicamente, quella tra Juliette Binoche e Jeremy Irons in Il Danno di Malle. Come mai ha accostato alla bellezza classica di lei una fisicità così diversa?

Catherine Corsini: I gusti sulle attrazioni sono molto personali, per me Sergi incarna una bellezza voluttuosa, fisica; non cercavo una bellezza classica, ma volevo trasmettere attraverso di lui la forza delle emozioni. Lui è molto più sensuale rispetto a lei, e l'attrazione tra loro non nasce dalla bellezza. Rispetto al film di Malle, in cui la passione assume anche delle sfumature morbose, ho voluto metterne in luce il lato gioioso, quello che non fa paura.

All'inizio il marito di Suzanne è presentato come un personaggio del tutto negativo, e quindi si è portati a simpatizzare con lei. Ma come possiamo non prendere le distanze dal gesto estremo della donna, anche pensando alle sue responsabilità nei confronti dei figli? Catherine Corsini: E' complicato decidere da che parte stare. In effetti all'inizio, quando lei confessa il proprio tradimento, lui piange, ne è sconvolto, ma poi si rende conto che per lui una cosa del genere è inconcepibile, e va incontro ad una reazione abominevole. Nelle storie di tradimenti è così, anche quando succede tra i nostri amici non si sa da che parte schierarsi. In questo caso lui le dichiara guerra, sul fronte economico, e per lei la scelta rimane quella di essere schiacciata o di compiere un gesto estremo. Per quanto riguarda la ricaduta sui figli, anche nel caso delle eroine classiche, come Madame Bovary o Anna Karenina, si poneva la stessa questione. Però queste sono cose che capitano nella vita reale, e che letteratura e cinema raccontano. Oggi su questo si ha uno sguardo molto più morale, e vi si pone l'accento più che in passato.

Il film ricorda film come La calda amante o La signora della porta accanto di Truffaut. Anche i suoi protagonisti erano da subito predestinati alla condanna o è un elemento venuto fuori in fieri, magari grazie agli attori?

Catherine Corsini: Ho pensato molto a Truffaut mentre realizzavo questo film, anche perché è il regista che preferisco per il modo in cui dipinge la tragedia della condizione umana. Come ne La signora della porta accanto sappiamo dall'inizio che i due amanti sono morti, qui sappiamo che avviene una tragedia, anche se non si sa di che genere. In una prima versione avevo pensato ad un suicidio di Suzanne, quasi fosse stata un'eroina del passato, ma poi ho scelto questo finale ancora più sconvolgente, in cui il suo gesto cambia anche il destino delle donne a cui si rifà. Il film ha anche un lato romantico che permette di rimanere comunque dalla sua parte, di farci capire i motivi che l'hanno portata ad agire così.

E' un film anche sulla mancata libertà: l'amante è stato in carcere, lei vive in una prigione dorata. Alla fine però i protagonisti non sembrano liberarsi: è una cosa di cui sono consci? Catherine Corsini: Io credo del determinismo, credo che le cose che una persona fa siano il prodotto delle proprie origini e della propria storia. Ivan ha la coscienza delle conseguenze che avrà l'amore suo e di Suzanne, è conscio della durezza delle cose, e per questo ammira la forza di Suzanne, che sostiene di voler cambiare la propria vita a tutti i costi. Lui intravede la tragedia, capisce che le cose che vogliono ottenere hanno un prezzo, che la loro voglia di vita non li farà uscire da una situazione disperata: alla fine non è vero che tutto andrà meglio, e in questo sta la mia visione un po' pessimista.

Come mai non è approfondito il senso di colpa di Suzanne nei confronti dei figli? Catherine Corsini: Avevamo fatto una scena proprio su questo, ma non era venuta bene e così ho deciso di non inserirla nel film, nonostante le insistenze di Kristin per cui era molto importante far vedere questo aspetto. Io credo che, sebbene non sia detto in maniera plateale, questo senso di colpa si senta: ad esempio Suzanne decide di non andarsene comunque da Nimes, si vede nel rapporto che ha con il figlio che continua a starle vicino, e con Ivan parla della propria sofferenza. Non è il punto chiave della pellicola, e per questo non ho voluto esagerare: il senso di colpa è comunque meno importante della passione tra Suzanne e Ivan, anche perché i figli non sono più dei bambini.

In tutti i suoi film è sempre abbastanza dura nei confronti del mondo borghese. Qui c'è un'attenzione particolare alla materialità, all'importanza delle cose: è un giudizio sulla società francese? Catherine Corsini: In effetti Yvan Attal, che interpreta il marito di Suzanne, per il proprio personaggio si è ispirato al Primo Ministro francese François Fillon, che è considerato l'esponente di punta della società cosiddetta "bling bling", basata sull'apparenza. Anche con ironia, ho voluto esprimere una critica a questo genere di società, che non è solo quella francese.

Sergi, cosa ti ha stimolato in questo personaggio e come è stato lavorare con Kristin Scott Thomas?

Sergi Lopez: Io ho la fortuna di lavorare spesso con registi che hanno un rapporto politico con il cinema. Non voglio fare film semplicemente per divertirmi, voglio essere d'accordo con il punto di vista non tanto del mio personaggio, perché potrei interpretare tranquillamente anche un fascista [come ne Il labirinto del fauno di Guillermo Del Toro, n.d.r.], ma con quello del regista. In questo caso c'è una posizione politica nei confronti della femminilità: attraverso una storia classica come quella del triangolo, c'è un rovesciamento di ruoli tra la moglie e l'amante. Il mio è un modello di uomo necessario, specialmente nei paesi del sud come la Spagna o l'Italia, perché esce dal prototipo dell'uomo che decide, che impone, che è obbligato ad avere sempre la soluzione. Ivan è capace di dubitare, di stare un passo indietro alla donna, e di rimanere con lei pur intravedendo la fine. Con Kristin Scott Thomas è stato facile fare la parte dell'innamorato. Io e lei siamo due extraterrestri che vengono da due pianeti diversi: abbiamo un accento diverso, un modo di affrontare il lavoro diverso, ma sappiamo che dobbiamo trovare un universo comune, sensuale e sessuale, che non è soltanto quello scritto sul copione, ma è una magia. Kristin quando recita trema, è completamente abitata dal proprio personaggio, e ispira tantissimo: è vero che le scene di sesso danno sempre impaccio, ma con lei è stato facile fingere.

E' stato imbarazzante girare tante scene così fisiche? E dopo tanti ruoli diversi, cosa ancora ti incuriosirebbe interpretare? Sergi Lopez: Non lo so, gli attori quando recitano non sanno mai niente, e più si va avanti, meno si sa. Io non sono particolarmente orgoglioso del mio aspetto, non mi sento a mio agio nudo davanti a una telecamera, ma con la regista e Kristin ci siamo aiutati a vicenda nell'impresa inquietante che è fingere l'intimità. In questi casi non puoi controllare tutto, devi superare te stesso e ti senti anche un po' perso, ed è la stessa cosa che avviene quando scelgo i personaggi da interpretare, perché voglio sentirmi coinvolto in tutto e per tutto nella pellicola. Non so cosa farò d'ora in poi, potrei fare anche soltanto ruoli grigi, basta che siano in film che mi dicano qualcosa.

Quanto è stata forte l'influenza di Truffaut in fase di sceneggiatura? Catherine Corsini: Truffaut è molto più letterario di me, i suoi film hanno sempre dei dialoghi eccezionali, mentre nel mio si parla poco. Mi ha influenzato perché è uno dei miei cineasti preferiti, ma non mi sono ispirata a lui direttamente. Inoltre ho scelto Kristin perché è di una bellezza particolare, che ricorda quella delle eroine di Hitchcock, che sembrano quasi al di sopra della realtà. Poi volevo riprenderla perché ho sempre immaginato che sarebbe stata fantastica da filmare, e sarebbe stato interessante provare a penetrare il suo mistero. La location poi è stata importante come se fosse un personaggio anch'essa, e per questo sono molto contenta che la regione abbia contribuito al film. Ho messo insieme Francia, Spagna, Inghilterra, borghesia e proletariato in uno scontro/incontro forse fatale, tanto che anche io ho pensato di aver fatto una follia, di essermi voluta spingere troppo lontano. Poi lavorando abbiamo creato la chimica, e anche se all'inizio è stato complicato e forse ho voluto eccedere, alla fine ci siamo riusciti.