Recensione Caterpillar (2010)

Kiji Wakasatsu firma il suo miglior film da molti anni a questa parte calibrando perfettamente il discorso politico, inequivocabile nei suoi intenti e nella sua durezza, con la storia di una donna costretta a accudire un uomo che per tutti è un Dio della guerra pluridecorato dall'Imperato, ma che in realtà non è nient'altro che un soldato che si è macchiato di uno stupro imperdonabile

Il Dio della guerra

Durante la seconda guerra mondiale, il tenente Kurokawa fa ritorno a casa decorato come eroe di guerra, ma privo di braccia, gambe e udito. Incapace perfino di esprimersi e con mezzo volto ustionato, diventa il simbolo della virtù militare giapponese e un Dio per la comunità, ma non per la moglie Shigeko che dovrà onorare l'impero accudendolo, ma che lo ricorda come un uomo violento e prevaricatore, vivendo con conflitto tutte le attenzioni che egli necessita. Intanto il Giappone si avvia verso la perdita della guerra e il soldato è ossessionato da uno stupro commesso sul campo di battaglia che è costato la vita a una donna.

Caterpillar dà una scossa salvifica al concorso berlinese (fino ad ora piacevole ma troppo privo di opere di tale peso specifico e portata corrosiva) con un film estremo e coraggioso; un atto di accusa alla società giapponese di una frontalità impressionante, come nello stile del regista. Koji Wakamatsu, che ha fatto la storia della new wave giapponese trent'anni fa e non è certo nuovo a un cinema senza compromessi, firma il suo miglior film da molti anni a questa parte calibrando perfettamente il discorso politico, inequivocabile nei suoi intenti e nella sua durezza, con la storia di una donna costretta a accudire un uomo che per tutti è un Dio della guerra pluridecorato dall'Imperato ma che in realtà non è nient'altro che un soldato che si è macchiato di uno stupro imperdonabile. Pubblico e privato si compenetrano e si sostituiscono simbolicamente per una sintesi che è una reprimenda senza mediazione della falsa coscienza su cui si è edificato il mito autoconservativo di una nazione.
Quasi a volersi mostrare fedele al suo titolo, Caterpillar fa a pezzi, con una furia e una potenza sovversiva impensabile, tutto quello che incontra: dalla retorica patriottica nazionale (raccontata attraverso i filmati di repertorio e il sentimento generale del popolo) alla figura del soldato, trofeo della comunità, al sistema classista della società giapponese, alla figura dell'Imperatore. Un pezzo di carne che mangia e dorme, lo definisce la moglie, costretta a servirlo e onorarlo e a sfogarne perfino i frequenti appetiti sessuali. Un rapporto conflittuale, memore di un passato in cui l'uomo, la picchiava ogni giorno, accusandola di essere sterile. Un'aggressività mantenuta anche nel suo nuovo corpo inerme e che si affievolisce nel tempo, quando l'uomo impazzisce, devastato dai sensi di colpa per le sue azioni, in contemporanea con l'esplosione delle bombe atomiche e la fine della guerra.

Wakasatsu racconta tutto, anche il sesso e i duri sfoghi della moglie, senza temere mai la sgradevolezza, non abbassando lo sguardo, ma selezionando con un rigore assoluto che gli impedisce di cedere alle trappole voyeuristiche e di chiudere il discorso con una coerenza esemplare, con immagini e didascalie raggelanti sui risultati della seconda guerra mondiale. Il tutto con una lucidità e una forza impressionanti per un uomo e un regista che non smette di essere una spina nel fianco nel sistema culturale.