L'amore ai tempi della crisi secondo Soldini

Il regista Silvio Soldini e gli attori Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Teresa Saponangelo hanno incontrato a Berlino i giornalisti italiani, discutendo intorno al loro nuovo film 'Cosa voglio di più', e rivelando a volte anche opinioni divergenti sui personaggi.

È una esigenza partita dal basso - stando a quanto confida lo stesso regista - che ha spinto Silvio Soldini, dopo il suo precedente Giorni e nuvole a buttarsi di nuovo con la macchina da presa in mezzo alla realtà quotidiana delle cose. E il suo nuovo Cosa voglio di più, presentato nella sezione speciale del 60esimo Festival di Berlino, parte da una piccola storia - quella del rapporto intenso e passionale che esplode tra Domenico (Pierfrancesco Favino) e Anna (Alba Rohrwacher) - con l'intento di raccontare le incertezze e le difficoltà esistenziali che viviamo un po' tutti in questi momenti di crisi. Durante un amichevole e colloquiale incontro con la stampa italiana, il regista Soldini e gli attori Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Teresa Saponangelo hanno dibattuto intorno al film, mostrando a volte anche opinioni divergenti sui personaggi. Segno che Cosa voglio di più può aprirsi a differenti letture, lasciando gli spettatori liberi di interpretare il senso della relazione tra Domenico e Anna.

Mi ha molto incuriosito questo rapporto con il denaro e le questioni materiali, che pian piano nel corso del tuo cinema è diventato quasi ossessivo.

Silvio Soldini: Dopo Agata e la tempesta, che rappresentava una realtà in chiave più astratta e surreale, ho sentito il bisogno di occuparmi anche della situazione sociale che stiamo vivendo. Già Giorni e nuvole, il mio penultimo film, andava in questa direzione. All'uscita di quel film sono stato molto colpito dalle reazioni degli spettatori che si identificavano con la realtà quotidiana vissuta dai protagonisti. Con gli sceneggiatori ho così deciso di ritornare su questo aspetto anche per Cosa voglio di più, concentrandomi in maniera ancora maggiore sulla questione della crisi economica, che già si stava incominciando ad avvertire. Volevo che il pubblico provasse la sensazione di osservare sullo schermo personaggi come quelli che si incontrano tutti i giorni.

Questa esigenza si avvertiva in effetti anche in Giorni e nuvole
Silvio Soldini: Ho sentito l'esigenza di prendere la macchina da presa, scendere per la strada e pedinare le persone vere nel loro contesto sociale. Per questo motivo, anche da un punto di vista stilistico, mi sono avvicinato maggiormente all'approccio del documentario, e la macchina da presa è posta molto spesso alle spalle dei personaggi. Una storia d'amore come quella descritta nel film non mi avrebbe interessato se fosse stata raccontata in altro modo. Per me è stato estremamente importante utilizzare questo tipo di approccio stilistico e circondare i personaggi con un contesto sociale e famigliare realistico.

C'è stato dunque un cambiamento di sguardo nella regia dei suoi ultimi film. Ti stai avvicinando sempre di più ai tuoi personaggi?
Silvio Soldini: Il mio primo lungometraggio L'aria serena dell'ovest manteneva uno sguardo da osservatore distante, come se ci fosse la necessità di lasciare uno spazio di critica allo spettatore. Lentamente invece mi sono avvicinato di più ai personaggi. Ho tentato di analizzarli in maniera ravvicinata e di comprenderne meglio le motivazioni, quindi è stato necessario cambiare anche lo stile di regia. In questo caso lo studio attraverso la macchina a mano si accompagna all'uso del cinemascope (nonostante il mio operatore fosse un po' titubante), proprio per l'esigenza di seguire le dinamiche di entrambi i personaggi.

Il suo approccio è diverso da quello di altri registi, che magari raccontano di realtà alto-borghesi con uno stile poco ancorato alla realtà.
Pierfrancesco Favino: Facciamo i nomi e i cognomi dei registi, visto che qui ci sono attori che hanno lavorato anche in quel film! (ride) In realtà non credo che i due tipi di cinema andrebbero paragonati, perché partono da motivazioni diverse. Quello di Soldini vuole descrivere la realtà sociale, quell'altro ha solamente l'intensione di raccontare un sogno. Ed è positivo che esistano opere così diverse tra loro.

Le scene d'intimità vissute dai protagonisti sono solo fugaci attimi, eppure sono incredibilmente intense e autentiche. Come avete lavorato per realizzarle in maniera così intima e realistica?

Alba Rohrwacher: Come tutte le altre scene del film, abbiamo prima provato anche queste. Il lavoro preliminare ci è servito per raggiungere una maggiore chiarezza nei confronti dei personaggi e per arrivare a sentirli vicini. In questo modo siamo riusciti a evitare anche il pudore e la vergogna. Siamo partiti da tutte le nostre paure e le abbiamo affrontate, fidandoci tra di noi e facendo affidamento su Silvio. Alla fine credo che siamo riusciti a raccontare le scene d'amore in maniera onesta, delicata ma al tempo stesso libera.
Silvio Soldini: Fin dall'inizio abbiamo pensato di provare anche le scene d'amore, cosa che solitamente non si fa per evitare l'imbarazzo dovuto a simili situazioni. Ma trattandosi in questo film di scene fondamentali - che non si poteva semplicemente accennare, ma che andavano mostrate nella loro interezza - il lavoro preparatorio è stato fondamentale. Durante le riprese di queste sequenze la troupe era ridottissima e io stesso ho manovrato il carrello. Per creare un'atmosfera più autentica abbiamo girato le scene senza alcuna interruzione, così che io ho dovuto semplicemente preoccuparmi di raccontare al meglio l'azione attraverso il punto di vista della macchina da presa.

Come avete lavorato alla costruzione dei personaggi?
Pierfrancesco Favino: Abbiamo avuto la fortuna di fare le prove sul serio, non attorno a un tavolo come è consuetudine. Questo ha permesso a regista e sceneggiatori di capire se quello che si era scritto era funzionale, mentre ha consentito a noi attori di entrare nei personaggi in maniera realistica, evitando il rischio del bozzetto, perché così ti rendi subito conto se una battuta suona finta o meno. Non avrei mai potuto definire il mio personaggio senza il rapporto continuo con quello di Anna.
Alba Rohrwacher: Sono assolutamente d'accordo con Pierfrancesco. All'inizio c'è stata la curiosità di scoprire insieme a Silvio un personaggio che per quanto mi riguarda è lontanissimo da quello che ho interpretato nel suo precedente Giorni e nuvole. Abbiamo discusso a lungo e, alla fine, seguendo le nostre intuizioni siamo pian piano andati a scoprire il carattere profondo di Anna. È del tutto vero che Anna esiste grazie alle relazioni con gli altri personaggi che la circondano, instaurando un rapporto diverso con ciascuno di essi.

Cosa pensate invece delle scelte dei vostri personaggi?
Alba Rohrwacher: Durante la lavorazione del film io e Pierfrancesco discutevamo di continuo, ciascuno di noi sostenendo le motivazioni del proprio personaggio. Abbiamo quasi litigato veramente durante la scena che si svolge in Egitto! In Anna all'inizio è più forte la passione, e non si domanda più di tanto dove questa la porterà. Poi entrano in gioco la paure e il confronto con la realtà. Ma penso che alla fine la sua si una scelta di coraggio.
Pierfrancesco Favino: Penso che la differenza principale tra i due personaggi sia che Domenico ha due bambini e questo fattore condiziona enormemente le sue scelte, che io ritengo molto giuste (al contrario di quanto pensa Alba...). Se anche Anna avesse avuto un figlio sarebbe stato tutto diverso. Credo che alla fine del film Domenico provi a cercare una soluzione per far soffrire meno tutte le persone che sono intorno a lui, compresi la moglie e i bambini, che continua ad amare seppure in modo diverso. Come vedete il finale del film è aperto all'interpretazione!