Recensione The Informant! (2009)

Soderbergh è bravissimo a donare al film un ritmo serrato, trasformando una storia fondamentalmente drammatica in una commedia divertente e al limite del surreale quasi fosse un film dei fratelli Coen.

Mais, bugie e intercettazioni

Il cinema contemporaneo americano negli ultimi anni ha più volte dimostrato una fascinazione per storie vere che raccontino di adorabili truffatori, si pensi ad esempio a Prova a prendermi o al più recente I Love You Phillip Morris. Questo The Informant! di Steven Soderbergh (tratto da un saggio quasi omonimo, il regista aggiunge, non a caso, un punto esclamativo finale che ben si addice al tono della pellicola) segue questo fortunato filone raccontandoci la bizzarra storia di Mark Whitacre, un dirigente di una multinazionale agroalimentare che si trova (per colpa sua) coinvolto in una investigazione dell'FBI riguardante prima una fantomatica talpa che sta sabotando il lavoro di ricerca e poi i capi dell'azienda accusati di controllare i prezzi sul mercato internazionale della lisina, un additivo estratto dal mais usato in molteplici prodotti alimentari.

Nonostante la storia sia ambientata nello scorso decennio e nonostante i titoli di testa richiamino un capolavoro del cinema degli anni '70 come La conversazione di Coppola, sia la fotografia che la straordinaria colonna sonora richiamano lo stile delle commedie anni sessanta, facendoci capire da subito di trovarci sì davanti ad una spy story, ma quantomeno anomala, magari da non prendere troppo sul serio. Eppure l'argomento serio lo è certamente, ma Soderbergh è bravissimo a donare al film un ritmo serrato, trasformando una storia fondamentalmente drammatica (o quantomeno dalle moltiplici conseguenze drammatiche) in una commedia divertente e al limite del surreale quasi fosse un film dei fratelli Coen. Tanto che alla fine le bugie, gli equivoci e soprattutto la faccia tosta di Mark Whitacre finiscono con il contare ben più dei milioni di dollari rubati o degli anni d'investigazioni sprecati dall'FBI.
Ma nè Soderbergh nè il bravissimo Matt Damon (per l'occasione ingrassato di più di dieci chili) trasformano il protagonista in una macchietta: nonostante sia il mattatore assoluto della pellicola e non faccia altro che mentire per tutta la durata del film, Whitacre rimane un personaggio con cui è facile empatizzare, soprattutto grazie alla sua (auto)ironia e al suo contagioso ottimismo. Per molti forse sarà troppo poco, molti magari diranno che sarebbe stato meglio adottare un altro tono e parlare dell'ennesima truffa ai danni dei consumatori da parte delle coorporazioni, ma è anche vero che in tempo di crisi qualche risata non si rifiuta mai, soprattutto se accompagnata da un buon film.

Movieplayer.it

3.0/5