Recensione Borderland (2007)

La trama di Borderland, la storia vera da cui deriva, non è solo un pretesto per mostrare scene forti e il film è piuttosto un thriller che sceglie di essere diretto ed esplicito quando la messa in scena lo richiede.

Orrore e torture al confine

E' stato definito Torture Porn il genere che negli ultimi anni si è fatto strada nelle sale di tutto il mondo, da Saw - L'enigmista fino ai vari Hostel passando per Captivity, Turistas ed una serie di film in cui torture, mutilaziono e sadismo sono più o meno presenti. Tra questi possiamo includere Borderland, film scritto e diretto da Zev Berman nel 2007 ed in arrivo nelle nostre sale solo ora, per riempire una programmazione estiva che, come spesso accade, va a recuperare alcune pellicole che non hanno trovato spazio nei mesi caldi della programmazione cinematografica.
Le prime sequenze del film sembrano essere una dichiarazione d'intenti e ci mettono subito faccia a faccia con la violenza, lasciandoci assistere alla mutilazione di un poliziotto, mentre il suo partner Ulises, lasciato poi vivere per poter raccontare l'accaduto e fungere da monito per i suoi colleghi, assiste inerme.
Subito dopo, però, l'azione si sposta di un anno in avanti e segue la storia di tre giovani texani, Ed, Henry e Phil, in procinto di intraprendere un breve viaggio oltreconfine prima di seguire le proprie strade nella vita. A noi spettatori smaliziati è chiaro che il loro viaggio finirà male, ma Berman è abile nel concentrarsi sui personaggi, seguendo il loro viaggio e dandosi il tempo per descriverceli mentre fanno la conoscenza di due ragazze locali, Valeria e Lupe, ed iniziano ad avere i primi segnali di qualcosa di stonato; segnali che poi sfociano nella sparizione del più giovane di loro, Phil, dando il via ad una serie di eventi che porterà al confronto finale con i rapitori.

Come dichiarato nel prologo del film, quanto raccontato si ispira ad una storia vera ed in particolare ad una setta, attiva nei tardi anni '80 nel traffico di droga e nella pratica di sacrifici umani, che ha operato per molti anni passando inosservata finchè non ha attirato l'attenzione su di sè rapendo e giustizando dei giovani americani. Da queste basi, Berman, insieme al co-autore Eric Poppen, dipinge la figura di Santillan, un trafficante locale carismatico al punto da diventare leader di un culto e canalizzare la violenza insita nei suoi seguaci verso sacrifici umani ritualistici per assicurare la buona sorte del gruppo, convincendoli che la più potente forma di magia nera sia alimentata dalle urla agonizzanti delle loro vittime sacrificali.
A dare vita su schermo alla storia raccontata da Berman, troviamo un discreto cast composto da Jake Muxworthy, Brian Presley e Rider Strong nei panni dei tre giovani americani, mentre tra i violenti cultisti messicani spicca l'inquietante Marco Bacuzzi. Sorprende la prova di un irriconoscibile Sean Astin nel ruolo di uno sgradevole emigrante americano ora aggregato alla setta messicana, che fornisce un'immagine dell'attore ben lontana da quella placida e rassicurante dell'hobbit Sam della serie de Il signore degli anelli.
La violenza mostrata nel prologo permette al regista di tenere il pubblico in tensione, mettendolo nella condizione di aspettarsi il peggio in qualunque momento e di poter costruire la sua storia con equilibrio, ricorrendo alla rappresentazione esplicita delle torture solo per brevi sequenze giustificate dall'evolversi della vicenda e meno estese di quanto visto in altri film dello stesso genere.
Borderland, quindi, non è del tutto assimilabile agli altri esponenti del genere torture porn e la trama, la storia vera da cui deriva, non è solo un pretesto per mostrare scene forti; il film è piuttosto un thriller che sceglie di essere diretto ed esplicito quando la messa in scena lo richiede e da questo punto di vista potrebbe anche deludere o annoiare uno spettatore che vi si avvicini solo per il suo aspetto più grafico, mentre per altri potrebbe risultare una piacevole sorpresa.

Movieplayer.it

3.0/5