Recensione Antichrist (2009)

Il nuovo film di Von Trier mantiene le terrificanti promesse spaventando, irritando e sconvolgendo Cannes.

Il messia dell'anti-cinema

Mentre circa un migliaio di giornalisti si affollavano per assistere all'attesissima proiezione stampa di Antichrist, il regista Lars Von Trier, ci scommettiamo, se la rideva alle loro spalle. Da grande maestro delle provocazioni, aveva preannunciato scandalo e infatti così è stato, ma sempre e comunque secondo le regole dettate dal regista danese.

Se infatti ci si aspettava un horror puro, alla The Kingdom, e ci si aspettava un'incursione quasi nella pornografia, a cui già Von Trier si era avvicinato con Idioti, nessuno, come direbbero i Monty Python, si aspettava l'inquisizione spagnola. E' così che quando la storia di questa coppia ancora sconvolta dalla tragica morte del figlio incrocia le sue strade con temi da caccia alle streghe e sconfina nel torture porn, è chiaro che Trier l'ha fatto di nuovo, ha spiazzato il pur esperto, e verrebbe da dire avvezzo, pubblico del Festival di Cannes trascinandolo in un vortice fatto di paura, sesso, psicoanalisi e irrazionalità che molti troveranno fine a sé stesso, ma che ha dalla sua una capacità irruente e sconvolgente difficile da ignorare.

Il film è provocatoriamente dedicato a Andrei Tarkovsky, ma in esso emergono aspetti di Lynch, di Bergman e, come da dichiarazione dello stesso regista, del drammaturgo svedese Strinberg; tuttavia al tempo stesso Antichrist è un film di Von Trier puro al 100%, lontano mille anni luce dai figli di quel Dogma che lui stessò creò e rifiutò, ma che in un certo senso abbraccia e al tempo stesso capovolge la figura della donna sempre presente nei suoi film.

Il film dividerà e farà discutere, senza compromessi: sicuramente ci saranno coloro che ne saranno irritati, sconvolti, malediranno il suo regista e ne annunceranno a voce alta la morte artistica. La verità è che Von Trier sa quello che fa e lo dimostra in più occasioni; anche quando eccede nel mostrare i corpi nudi e i genitali in bella vista, anche quando questi ultimi sono al centro di orribili tormenti e torture, oltre la mera volontà di provocare (comunque elemento fondamentale ed insistito per tutto il film) c'è la consapevolezza di riuscire a portare su schermo il male assoluto: la follia, la disperazione e la paura passano sempre e solo attraverso i nostri corpi, attraverso la natura umana che è ben più spaventosa dell'altra natura, quella del bosco che fa da teatro a questa tragica vicenda.

Da questo Antichrist emerge esattamente quello per cui il film era stato pensato: disperazione e dolore. Per questo è più facile fischiare e ridere del suo autore che affrontarne di petto l'opera. E' più facile pensare che si tratti solo di visioni e ossessioni di un povero pazzo che la manifestazione delle più ancestrali delle paure. E forse, chi lo sa, è così anche per il protagonista del film che piuttosto che ammettere le proprie responsabilità decide di vedere tutt'altro.

Movieplayer.it

4.0/5