Recensione Bright Star (2009)

La storia d'amore tra John Keats e la sua Fanny è, nelle mani della Campion, soprattutto la storia di quest'ultima e del suo amore senza speranza per un poeta squattrinato e ammalato che ha ottenuto la fama che meritava solo dopo la sua morte precoce.

Lezioni di poesia

Con Bright Star Jane Campion, già autrice di Lezioni di piano e Ritratto di signora, torna a cimentarsi con il period drama, stavolta utilizzando materiale biografico ed epistolare. La vicenda è quella di una delle storie d'amore più letterariamente significative del diciannovesivo secolo britannico: quella tra John Keats, autore di capolavori poetici quali Ode to A Nightingale e Endymion, e Fanny Brawne. Ma nelle mani della Campion, eccelsa narratice di condizioni e sentimenti femminili, diventa soprattutto la storia di quest'ultima, una ragazza frivola che passava gran parte del suo tempo libero (e non era poco quello a disposizione di una ragazza nubile di buona famiglia a quei tempi) a ideare e a realizzare i propri abiti, e che, dopo l'incontro con il giovane poeta, impara ad amare la sua arte così impalpabile e mistica senza perdere il contatto con propria quotidianità e gli affetti più cari. La situazione finanziaria di Keats non permette ai due di sposarsi, e gli amici di lui ritengono Fanny una colpevole distrazione, ma il loro legame finisce per vincere ogni difficoltà. Tranne l'ultima, la più insidiosa: la malattia.

Sulla base di una sceneggiatura ben scritta e intessuta di una grande abbondanza di riferimenti all'opera keatsiana, e con a disposizione supporti tecnici di eccellente livello, la Campion dispone la sua narrazione con la consueta eleganza, ma senza la penetrazione e la complessità dei suoi lavori migliori - ma anche dei meno riusciti. La Campion minore, infatti, peccava di confusione e di freddezza, mai di convenzionalità. Bright Star è sorprendentemente simile a tanti drammi in costume, e per gli estimatori della regista neozelandese non può rappresentare altro se non un brutto risveglio. I meriti del film vanno però riconosciuti e risiedono, oltre che nella pregevole fattura tecnica e realizzativa, anche nell'interpretazione dell'incantevole Abbie Cornish, che ha fatto con la Campion - che in lei deve avere rivisto una giovane Nicole Kidman, e la somiglianza è palese - un lavoro meticoloso. E' meno incisivo Ben Winshaw, sacrificato d'altronde anche dallo script, che lo inquadra come amante più che personalità sviluppata in sé. Ma Keats entra nel film e nel cuore dello spettatore attraverso i suoi scritti, e non è poca cosa.

Movieplayer.it

3.0/5