Recensione Welcome (2009)

Quando non si lascia appiattire dalla tentazione della critica sociale politically correct, l'opera di Lioret si lascia apprezzare per la leggerezza di alcuni momenti che si svincolano dal dramma e fanno di situazioni comuni fonte di divertenti sketch.

Lasciate ogni speranza voi che non entrate

Bizzarro come un film intitolato Welcome, si fondi tutto sul concetto di limite di confine, di barriera impossibile da superare. Philippe Lioret, uno che mastica evidentemente la commedia ma non può che piegarsi al dramma quando va a raccontare delle anomalie della nostra società, mette il dito nella piaga del razzismo dilagante e delle leggi rigorose che regolano il flusso degli stranieri nei paesi del benessere calpestando spesso la loro dignità. Nel suo film, presentato nella sezione Panorama Special a Berlino 2009, un iracheno diciassettenne tenta disperatamente di raggiungere clandestinamente Londra per ricongiungersi alla ragazza che ama, ma viene fermato alla frontiera e si ritrova perciò a Calais, nel nord della Francia, a prendere lezioni in una piscina locale per attraversare a nuoto i 32 chilometri della Manica che separano la costa francese da quella inglese.

Scritto a sei mani da Olivier Adam, Emmanuel Courcol e dallo stesso regista, il film mette accanto al giovane protagonista (interpretato da Firat Ayverdi) una figura paterna, rappresentata dall'insegnante di nuoto (Vincent Lindon) che prenderà a cuore il destino del suo pupillo e lo ospiterà nel proprio appartamento pur di evitargli lo squallore di una vita da immigrato ai margini del mondo. Il regista francese non concede vie di mezzo: verso il povero disgraziato che ancora trova lo spazio per sognare c'è chi mostra una compassione così eccessiva da risultare fasulla e chi mosso da razzismo incontrollabile (il vicino di casa) fa di tutto per cacciarlo via.

Parlando di immigrati e della loro infelice condizione, il film non ci risparmia alcuna immagine di 'repertorio': il clandestino che finisce soffocato nel camion della speranza, gli oggetti di valore che spariscono e la colpa immediatamente data allo straniero, il matrimonio imposto dalla famiglia a una ragazza che non ha il diritto di opporsi. Quando non si lascia appiattire dalla tentazione della critica sociale politically correct, l'opera di Lioret si lascia apprezzare per la leggerezza di alcuni momenti che si svincolano dal dramma e fanno di situazioni comuni fonte di divertenti sketch. Il meglio risiede però ovviamente nel rapporto tra il ragazzo e il suo insegnante, quando si fa vigoroso e tenero allo stesso tempo. Nei fili che il film intreccia tra i due sta tutta la speranza di vivere in un mondo migliore rispetto a quello che si crede. Purtroppo la consapevolezza di trovarsi di fronte a una situazione di pura fiction rende ancora più amara la realtà. Welcome è un film esagerato ma che comunque resta coerente fino alla fine, immersa in una disperazione che non lascia alcuno spazio alla speranza. Quanto è dura sopravvivere in un mondo come il nostro.