Recensione London River (2009)

Oltre che una fotografia sobria su un recente capitolo nero della storia di Londra, il film di Bouchareb rappresenta una delicata riflessione sul tema del razzismo che ci tiene distanti dal nostro vicino, rischiando di allontanarci anche quando ci sarebbe bisogno di stringersi nello stesso dolore.

Gli ospiti in attesa

La tragedia del clamoroso attentato terroristico del 7 luglio 2005 a Londra rivive nel toccante London River, scritto e diretto con estrema delicatezza dal francese Rachid Bouchareb. La sua intuizione vincente è quella di parlare di un tragico evento di fresca memoria, utilizzandolo come pretesto per allargare il discorso ai pregiudizi e a quell'ignoranza che tiene gli esseri umani distanti. Il punto di vista prescelto per ricordare gli attentati ai danni dei mezzi di trasporto della capitale inglese, che fecero 56 vittime e ferirono oltre 700 persone tra metro e bus, è quello di due genitori alla ricerca dei propri figli scomparsi. Una contadina vedova, proveniente da un'isoletta inglese, senza più notizie della figlia dal giorno della tragedia, e un africano trapiantato a Parigi, sbarcato nella metropoli londinese per ritrovare il giovane figlio, si ritrovano per caso a confrontarsi nel dolore di un dramma comune.

Sarebbe potuta risultare facilmente ricattatoria una pellicola che va a infilarsi nelle pieghe di una simile disgrazia, che come l'11 settembre americano ha cambiato per sempre il volto di Londra, capitale multiculturale d'Europa colpita al cuore e destinata anch'essa a tremare per la mancanza di sicurezza. Invece il film di Bouchareb sa maneggiare con grande sensibilità il dramma, affidandolo ai primi piani dei due meravigliosi protagonisti. In particolare, Brenda Blethyn si cala con intensità in un personaggio profondamente umano, che esprime nello stesso tempo la fragilità di una madre sola di fronte alla disperazione provocata dalla scomparsa della figlia e la determinazione di chi spera che non tutto sia ancora perduto e si attiva per ottenere delle certezze. L'umanità del personaggio sta però anche nei suoi pregiudizi razzisti di donna lontana dal melting pot della metropoli, costretta a scontrarsi con una diversità di cultura e religione a cui non è preparata.

Il percorso di ricerca dei due personaggi si fa talvolta straziante, quando la solitudine unita all'impotenza di fronte alla mancanza di certezze tiene i due in un limbo di preoccupata attesa. Faticando a superare le barriere culturali, anche fare della speranza un sentimento comune diventa improbabile e l'ansia crescente per la sorte dei figli dispersi gonfia dentro sentimenti contrastanti. Bouchareb screzia però di un leggero umorismo il film, ma alcune soluzioni di sceneggiatura paiono troppo semplicistiche, come quando d'improvviso l'ottimismo prende il sopravvento e i due genitori s'illudono nel lieto fine. Le incertezze dello script non inficiano però il risultato finale: oltre che una fotografia sobria su un recente capitolo nero della storia di Londra, London River rappresenta una garbata riflessione sul tema del razzismo che ci tiene distanti dal nostro vicino, rischiando di allontanarci anche quando ci sarebbe bisogno di stringersi nello stesso dolore.