Recensione Decameron Pie (2008)

Tanto erotismo e poca parodia per il film di David Leland, un calderone piccante pieno di scenette che lasciano poco spazio all'immaginazione.

Una spensierata favola erotica

In un week-end cinematografico particolarmente affollato di uscite, fa capolino nelle nostre sale questo Decameron Pie, diretto dall'attore e regista inglese David Leland e interpretato da un cast di richiamo nel quale figurano Hayden Christensen, Tim Roth, la star di The O.C. Mischa Barton e alcuni volti noti dello showbiz nostrano, tra cui Anna Galiena, Elisabetta Canalis e Katy Louise Saunders, popolarissima per il suo ruolo nel cult adolescenziale Tre metri sopra il cielo. Una pellicola, che, almeno sulla carta, si suppone vorrebbe proseguire il filone delle sex comedy incentrate su un gruppo di teenager in piena tempesta ormonale che nel tentativo di andare a letto con una ragazza ne combinano di tutti i colori; un genere iniziato con il successo della saga di Porky's e poi proseguito con quella, più attuale ma ormai esaurita, di American Pie.

Decameron Pie invece - nonostante il titolo italiano possa trarre in inganno - si discosta da quel genere di pellicole e soprattutto dal franchise di American Pie, della quale non va considerato un sequel. Ambientato nel 14esimo secolo, in una Firenze messa in ginocchio dalla peste, il film racconta la storia della bionda Pampinea, figlia di una delle famiglie più in vista della città, che si ritrova improvvisamente da sola, a causa del male che ha ucciso i suoi familiari. La ragazza si vede costretta a prendere marito, e accetta quindi di sposare un aristocratico russo, come aveva promesso a suo padre, ma dovrà vedersela con il viscido Gerbino Della Ratta, che ambisce a portarla all'altare con il ricatto, ma anche con il destino, che le farà incontrare "un angelo caduto dal cielo" che ha le fattezze di Hayden Christensen. Per non parlare dell'aristocratico russo, uno stravagante dandy che possiede armi a quel tempo sconosciute nel nostro paese e che suscitano l'invidia di Gerbino e che è determinato a ottenere ciò che gli era stato promesso.

La storia alla base di Decameron Pie, piuttosto esigua, funge in realtà da canovaccio nel quale sono raccolte una serie di vicende licenziose che non hanno la verbalità sbracata delle sex comedy adolescenziali, e neppure un'impostazione parodistica - se si esclude un accenno di lap-dance medioevale: semplicemente si tratta di scenette spesso incentrate sul tabù del sesso visto come peccato mortale - soprattutto se fatto prima del matrimonio - e che si concludono con immagini che non hanno nulla da invidiare al genere erotico.

Va inteso ovviamente che Decameron Pie non ha alcuna pretesa, se non quella di divertire e lustrare gli occhi con immagini di provocanti fanciulle nude, e con situazioni che stuzzicano l'immaginazione (una su tutte la scena sesso che si consuma sotto le mammelle di una mucca, che schizzano latte sui volti dei ragazzi).
Il punto di forza del film di Leland alla fine è proprio questo, l'erotismo decisamente poco "americano" che caratterizza la pellicola, e non certo la recitazione, o la mise en scène, che a tratti risulta decisamente piatta. Peccato, perché una regia più articolata avrebbe dato risalto alle belle scenografie, tra cui campi punteggiati di papaveri, o luoghi di notevole interesse artistico dell'Italia Centrale; ma è anche vero che chi sceglierà di vedere Decameron Pie quasi sicuramente lo farà per lasciarsi intrattenere senza eccessivo impegno, e in questo caso il film è l'ideale.

Movieplayer.it

2.0/5