Recensione Soffocare (2008)

Fin dall'incipit scoppiettante, Soffocare gioca a carte scoperte dichiarando immediatamente la direzione che ha intenzione di seguire e, di fatto, le premesse vengono tutte rispettate.

Il boccone di traverso

Dopo lo straordinario Fight Club, diretto da David Fincher nel 1999, il cinema americano torna ad attingere alla vena creativa dell'autore di culto Chuck Palahniuk adattando uno dei suoi romanzi più amati, il caustico Soffocare. Noto per i suoi personaggi malsani e borderline, lo scrittore non si è risparmiato neanche questa volta dando vita alla disfunzionale, famiglia formata da Victor Mancini e dalla madre Ida, che l'attore Clarke Gregg, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, ha deciso coraggiosamente di portare sul grande schermo. Coraggiosamente in quanto basta leggere poche pagine del romanzo per ritrovare l'inconfondibile stile di Palahniuk caratterizzato da una costante e invasiva presenza del narratore, da reiterate interpellazioni al lettore e volgarità in abbondanza da far tremare i polsi ai più sensibili. Adattare un lavoro simile era un'impresa titanica che comportava il trovare produttori disposti a investire su un materiale che non farà certo la gioia della puritana America pre-elettorale e, nello stesso tempo, accontentare i numerosi e agguerriti fans dello scrittore di Portland pronti a difendere il loro beniamino contro ogni tradimento. Nonostante i rischi che questo esordio registico comportava, Clarke Gregg ha superato brillantemente la prova. Soffocare è un'opera che riproduce con grande aderenza il Palahniuk style tradendo la materia letteraria quel tanto che era necessario per realizzare una pellicola solida e autosufficiente.

Feroce e irriverente satira che non risparmia strali alla società americana ipocrita e perbenista, Soffocare narra la storia di Victor, studente di medicina fuori corso che lavora come comparsa in un parco a tema dedicato all'America coloniale e ha escogitato un trucco infallibile per pagare le cure della madre Ida, affetta da una rara forma di demenza. Ogni volta che si reca in un ristorante, il giovane finge di soffocare così colui che interviene per salvarlo si sentirà responsabile per lui instaurando un rapporto di reciproca dipendenza fatto di attenzioni, telefonate e regali. A interpretare i protagonisti di Soffocare sono gli straordinari Sam Rockwell e Anjelica Houston, entrambi incredibilmente in parte. Rockwell, con quella faccia da schiaffi da uomo-bambino che si ritrova, è l'incarnazione perfetta di Victor, irriverente e sbruffone, disinibito seduttore, sospetto stupratore di vecchiette, colono irlandese post moderno. Niente di ciò che il ruolo del personaggio creato da Palahniuk richiede sembra troppo per lui che, con la sua naturale scanzonatezza, riesce a rendere credibile ciò che imbarazzerebbe gran parte dell'umanità. Anjelica Huston, nei panni della grottesca e patetica Ida, conferma la sua predilezione per i personaggi borderline aggiungendo la mamma di Victor alla sua personale galleria di madri sui generis.

Fin dall'incipit scoppiettante, Soffocare gioca a carte scoperte dichiarando immediatamente la direzione che ha intenzione di seguire e, di fatto, le premesse vengono tutte rispettate. La pellicola mantiene per tutta la sua durata un elevato ritmo narrativo, costellato di battute fulminanti e surreali siparietti che vedono Victor coinvolto in atipici incontri sessuali, scontri con l'insopportabile e lagnoso capo del parco a tema o tentativi di fuga per sottrarsi a un gruppo di vecchiette fuori di testa che lo hanno preso per il nuovo Messia. In questa catena di feroci ed esilaranti gag trovano posto squarci più intimisti in cui emerge la vera natura del protagonista che, privato dell'infanzia e dell'identità a causa dei continui colpi di testa della madre, è talmente ossessionato dal proprio passato e dalla ricerca di sé da impedirsi di maturare, di diventare veramente adulto. Nel limbo in cui Victor dimora trovano posto innumerevoli personaggi altrettanto sgangherati che dimostrano come, di fatto, la crisi e la perdita dei punti di riferimento siano un problema globale che spinge le nuove generazioni a stordirsi con una qualsiasi forma di dipendenza per non provare emozioni. Il finale catartico e pungente lascia, però, aperto uno spiraglio per una possibile storia d'amore. In fondo non è quello che tutti vanno cercando?

Movieplayer.it

4.0/5