Recensione Ballet Shoes (2007)

Ballet Shoes deve molto al suo cast ed alla freschezza con cui le tre attrici più giovani hanno dipinto i propri personaggi, a cominciare da una Emma Watson in forma anche lontana dal ruolo che l'ha resa famosa in Harry Potter.

Ballando con i sogni

Presentato in concorso nella sezione dedicata ai film per la televisione dell'edizione 2008 del Roma Fiction Fest, Ballet Shoes è una produzione inglese curata da Piers Wenger e tratta da un romanzo di Noel Streatfeild. La storia racconta la vita ed il forte rappoto di tre orfane adottate dall'eccentrico esploratore Gum nella Londra degli anni '30. Le tre bambine, Pauline, Posy e Petrova, restano a carico della tutrice Sylvia Brown quando Gum sparisce improvvisamente e crescono tra difficoltà economiche, lottando per realizzare i propri sogni, rispettivamente di affermarsi nella recitazione, nel ballo e nel campo dell'aviazione.
Le scarpe da ballo che danno il titolo all'opera fanno riferimento proprio al sogno di una delle tre sorelle, la piccola Posy, e sono l'unico oggetto lasciato alla ragazza dalla madre ballerina, diventando per lei la molla per impegnarsi ed affermarsi in quella disciplina artistica.

Sono proprio i sogni delle tre giovani protagoniste a fungere da binari per una storia che ha la struttura narrativa e l'impostazione della favola, ma diretta in modo asciutto da Sandra Goldbacher senza enfatizzare gli aspetti più melensi della sceneggiatura di Heidi Thomas. In questo modo la regista riesce a rendere il tono leggero della narrazione uno dei punti di forza di Ballet Shoes, evitando il rischio di renderla stucchevole.
Ma il TV movie deve molto al suo cast ed alla freschezza con cui le tre attrici più giovani hanno dipinto i propri personaggi, a cominciare da Emma Watson che in più di una scena dimostra che avrà un futuro nel campo anche dopo l'ultimo ciak dell'ultimo Harry Potter, come ci aveva lasciato intuire a sprazzi in alcuni dei film dedicati al popolare maghetto.
Al loro fianco una brava Emilia Fox ed un altro volto noto della saga nata dalla penna di J.K. Rowling, Richard Griffiths, che dà il volto all'eccentrico Gum. La presenza di quest'ultimo attore, insieme ad alcuni passaggi della colonna sonora che fanno da sottofondo alle prime scene del film in cui Griffiths compare e che evocano le musiche realizzate da John Williams proprio per i film di Harry Potter, fa pensare che la sua presenza insieme a quella della Watson non sia casuale, ma sia piuttosto una scelta della produzione fatta nel tentativo di attrarre un certo tipo di pubblico appassionato della saga letterario-cinematografica più popolare degli ultimi dieci anni.

Immancabile, date le premesse, il lieto fine che chiude nel modo più giusto una storia che non si sarebbe prestata ad una conclusione diversa e drammatica, e che quindi risulta una visione piacevole per tutta la famiglia e che si candida ad arrivare anche sulle nostre televisioni in un futuro prossimo.

Movieplayer.it

3.0/5