Recensione Help Me Eros (2007)

Il regista ha assorbito la lezione del suo maestro Tsai Ming Liang, e ne rivisita lo stile, addolcendolo con elementi più popolari, come l'uso di canzoni melodiche e struggenti ad accompagnare l'incontrastabile tristezza.

Le solitudini notturne di Taiwan

Non brillano di alcuna luce gli occhi delle giovani generazioni di Taiwan, messe in ginocchio precocemente dall'impossibilità di vivere, dall'inganno delle vie di fuga rappresentate dal cibo, dalla droga, dal gioco, dal sesso estremo ed annoiato. Ancora una volta una Taiwan malinconica, già pennellata splendidamente altrove, ma che continua ad aver voglia di raccontare la polvere dei propri sogni, il disincanto di una gioventù perennemente sull'orlo del baratro, senza vie d'uscita se non quella dei salti nel vuoto. Come sulla soglia che separa lo strazio della vita dall'ignoto della morte è il protagonista di Help Me Eros, secondo film da regista del pupillo di Tsai Ming Liang, che qui produce e benedice un'opera autobiografica profondamente commovente che prova ad uscire dalla propria oscurità illuminandosi delle coloratissime luci al neon della notte che inquadra. Lee Kang-Sheng ha assorbito la lezione del maestro, per il quale rappresenta tuttora l'attore modello, presente in tutta la sua filmografia, e ne rivisita lo stile, addolcendolo con elementi più popolari, come l'uso di canzoni melodiche e struggenti ad accompagnare l'incontrastabile tristezza che soffoca i suoi personaggi.

Dentro gli spazi sterili degli interni, dove piantagioni di marijuana vengono confinate negli armadi, e sulle strade da malinconico luna park della Taiwan notturna, le anime in pena di Lee Kang-Sheng provano a stabilire un contatto con l'altro che ne alleggerisca la solitudine. L'impresa però non sembra avere possibilità di successo perché i propri problemi non possono trovare soluzione andando ad aggiungersi a quelli degli altri. L'uomo in bancarotta del film vuole essere salvato dai suoi propositi di suicidio, ma la voce alla cornetta del telefono amico e il corpo disponibile delle donne che possiede sono dolci illusioni che sembrano soltanto procrastinare l'inevitabilità del crollo ultimo. Il canale privilegiato per la ricerca di sé stessi passa ancora una volta per il sesso, che conduce puntualmente al fallimento. Le contorsioni erotiche dei protagonisti sono depurate di ogni sensualità e le bizzarrie delle loro coreografie (sublimate dal ricamo di giochi di luce sui corpi nudi degli amanti) cercano maldestramente di nascondere il vuoto dentro cui sono impantanati i protagonisti.

Inquadrature fisse e camera che si muove raramente per accompagnare i personaggi sui gelidi sentieri del niente, Help Me Eros aggiunge alla classica esplorazione dell'incomunicabilità da parte del cinema orientale il suo tocco delicato, le emozioni sincere che fanno vibrare il corpo e l'animo in sfacelo di un protagonista che stringe il cuore quando cerca di darsi al mondo nuotando nudo in una fontana. Lee Kang-Sheng è anche attore del suo film, di questa storia che prende a piene mani dal suo vissuto e lo rielabora. Questo è il cinema della lentezza, della sottrazione, delle vite raccontate attraverso sensazioni, è un cinema che chiede allo spettatore di aprirsi e lasciarsi attraversare. Se guardato con cuore aperto, dentro questo film si possono ritrovare tutte le inquietudini del nostro tempo. La nevicata finale, di tutte le speranze di una vita, sullo stupore dell'angelo sui trampoli che non sa più di chi essere custode, è poi pura meraviglia. Kang-Sheng s'avvia così ad una brillante carriera da regista, splendido erede di uno Tsai Ming Liang che stupisce anche quando si limita a produrre.