Recensione 4 Mesi, 3 Settimane e 2 Giorni (2006)

Ripreso quasi esclusivamente con camera a mano, il film riesce a rendere benissimo gli stati d'animo delle protagoniste, trasformando anche le sequenze più semplici e gli avvenimenti più banali in un esempio perfetto del crescendo di tensione.

Mesi, settimane e giorni contati per Gabita

Bucarest, 1987. Di lì a due anni sarebbe caduto il comunismo, portando con sè tanti cambiamenti, ma nel momento in cui entriamo a contatto con le due protagoniste di questo 4 months, 3 weeks, 2 days, in Romania l'aborto è ancora illegale e punibile con molti anni di carcere sia per chi lo pratica che per chi lo riceve. Ancora più seria la faccenda diventa se la donna ha superato i cinque mesi di gravidanza, perchè a quel punto l'accusa da aborto passa ad omicidio. Gabita è incinta appunto di quattro mesi, tre settimane e due giorni, lo sappiamo noi dal titolo di questo terzo lungometraggio del talentuoso Cristian Mungiu, ma non ne sono certe le ragazze, la stessa Gabita e la coinquilina Otilia, che cercano di organizzare questa operazione clandestina, e non ne è certo nemmeno il misterioso Mr. Bebe, ovvero l'uomo che dovrebbe risolvere il problema. La scarsa disinvoltura nel preparare il "piano" da parte delle giovani e l'incognita della data rendono tutto più complicato e rischioso, portano la posta più in alto, e così le richieste dell'uomo, che non vuole accontentarsi più del solo compenso in denaro.

Il film di Mungiu è teso quasi fosse un thriller ma si limita in realtà a descrivere una giornata nella vita di queste ragazze, l'inevitabilità di questa scelta e le dirette conseguenze: ripreso quasi esclusivamente con camera a mano, con lunghi piani sequenza, il film riesce a rendere benissimo gli stati d'animo delle protagoniste, trasformando anche le sequenze più semplici e gli avvenimenti più banali (come una visita da parte di Otilia a casa dei genitori del fidanzato) in un esempio perfetto del crescendo di tensione, della sensazione che un qualcosa di terribile sta per accadere. Ed ancora più riuscita è la sequenza shock in cui il problema, finora rimasto astratto e intangibile, si materializza e il feto espulso da Gabita viene mostrato senza indugi ad Otilia e a noi spettatori.

Entrambe le ragazze sono perfette nei loro ruoli, in particolare Anamaria Marinca, ma sono soprattutto la durezza di alcune sequenze, il tono asciutto e nervoso, la straordinaria essenzialità ed immediatezza dello script a funzionare a perfezione e a trasformare questa pellicola, costata solo 800,000 dollari e girata in tempi brevissimi, in un perfetto materiale da festival, degno di competere per la palma d'oro alla pari con i lavori di tanti colleghi ben più blasonati.

Movieplayer.it

4.0/5