Recensione The Hours (2002)

Diretto da Stephen Daldry e con un ricco cast di grandi attori, il film è cadidato a ben 9 premi Oscar, tra i quali miglior film, miglior regia e miglior attrice protagonista: Nicole Kidman nei panni della scrittrice Virginia Wolf.

Un giorno qualunque nella vita di tre donne

Un giorno nella vita di tre donne... le ore quotidiane di esistenze che "non possono trovare pace evitando di vivere". Un giorno nello scorrere del Tempo di tre momenti storici e di tre città diverse che convergono e si fondono in un'unica storia di rarefatto fascino e misteriosa e trascendente identificazione. Ed un film, The Hours diretto dal regista Stephen Daldry (Billy Elliott) che ha conquistato la critica americana (ben 9 nomination ai prossimi Oscar), di non semplice e facile fruizione ma che nel suo sospeso suggerire ed accennare non lascerà insensibili un pubblico assetato di storie vicine ai ritmi del cuore. Pubblicato nel 1998, The Hours di Michael Cunningham ottenne diverse riconoscimenti (fra cui il Premio Pulitzer) imponendosi per l'originalità e la maestria nell'intrecciare racconti di vita che partendo da una pesante ed artificiosa letterarietà riuscivano a trasformarsi in vibranti e reali emozioni di personaggi a noi vicini.

E Stephen Daldry adattanto il libro per il grande schermo (sceneggiatura di David Hare) ha conservato questa cornice austera e "classica" dove far muovere le sue tre donne (ma la macchina da presa gli permette di sorvolare da una storia all'altra con una leggerezza e naturale contemporaneità che nel libro è assente!) facendoci in tal modo riscoprire il piacere di un testo "pulito" e di parole pesante come macigni. Come autolesioniste e pesanti sono le vite di Virginia Woolf (un'irriconoscibile e sorprendente Nicole Kidman) che nei dintorni di Londra, negli anni venti, lotta contro la malattia mentale che la sta logorando mentre cerca di scrivere il suo romanzo Mrs Dalloway. O come la vita, vent'anni dopo, di Laura Brown (Julianne Moore in un altro toccante ritratto di donna Lontana dal Paradiso), moglie e madre, che vive a Los Angeles alla fine della Seconda Guerra Mondiale , dedita alla lettura di Mrs Dalloway che la sta esortando a cambiare radicalmente la propria vita. O come le ore quotidiane nell'odierna New York di Clarissa Vaughan, moderna Mrs Dalloway, (la nevrotica ed intelletual chic Meryl Streep di costante intensità) che sta organizzando una festa in onore del suo amico poeta ed ex amante Richard che sta morendo di AIDS.

Ci sono fiori da comprare e da regalare, visitatori in anticipo da accogliere, suicidi desiderati e realizzati e languidi ed appassionati baci tra donne a scandire le identiche ore di queste pesanti vite legate indissolubilmente nella ricerca del significato della propria esistenza. Ed il regista (onesto nei confronti del testo letterario e poco incline a concessioni spettacolari) costruisce un preciso e tragico meccanismo ad orologeria che scandisce i minuti di un film a tratti esageratamente calligrafico ed intellettualistico ma (pur nella sua calda e patinata confezione) morbosamente intimo nel suo ingenuo/perverso desiderio di interrogarsi sul mistero della vita.