Recensione Il mondo perduto: Jurassic park (1997)

Dato il successo spettacolare del primo capitolo, era abbastanza ovvio che ne venisse prodotto un seguito.

Questa volta fa paura

Dato il successo spettacolare del primo capitolo, era abbastanza ovvio che ne venisse prodotto un seguito.
Non altrettanto ovvio che ne uscisse fuori un buon film.
Spielberg ci stupisce, con questo secondo capitolo, perché, sebbene la storia non brilli per originalità e la sceneggiatura del film risenta dei buchi e delle incongruenze riscontrabili anche nel primo, non sarebbe giusto affermare che Il mondo perduto: Jurassic Park è un film brutto o mal riuscito.
Certo, siamo sempre lontani dai fasti de Lo squalo (per mantenerci in un genere affine), e la formula così ben sperimentata nel numero uno della serie comincia a stancare. Ma Spielberg, questa volta, calca la mano e ci presenta un prodotto costruito appositamente per far saltare lo spettatore sulla poltrona.
Si perdono i tocchi favolistici del primo episodio e veniamo scaraventati in un'epopea sanguinaria.
Certo, le leggi del sequel impongono di raddoppiare, come minimo, il numero dei morti dal primo al secondo episodio, ma girare il seguito di un film (anche se con i suoi aspetti semi-orrorifici) "per famiglie" e spandere a piene mani paura, sangue e corpi spappolati, rende onore all'operazione spielberghiana, salvo poi mitigare tutto col messaggio ecologista del finale e lasciare la porta aperta ad un terzo (poi realizzato) capitolo della saga, con quell'immagine dello pterodattilo vittorioso sull'isola abbandonata dall'uomo.

Questa volta, l'errore più evidente di Jurassic Park non viene ripetuto: dopo il solito incipit terrificante (una bambina attaccata da un branco di piccolissimi dinosauri carnivori), si entra quasi subito nel vivo della vicenda.
La parte introduttiva è molto breve: eccoci immediatamente scaraventati sull'isola, con il "solito" Ian Malcom che prevede "grida e mutilazioni" (e noi che, chissà per quale motivo, siamo gli unici a credergli) e una flotta di elicotteri che, trasportando jeep, fucili, gabbie e cacciatori, irrompono nella tranquillità idilliaca del luogo, creando scompiglio fra gli scienziati e, quel che è peggio, fra i dinosauri.

La scena della caccia è strepitosa e incredibile per i livelli di perfezione (superiori perfino a quelli del primo film) raggiunti dall'animazione dei dinosauri, per la fluidità e la bellezza delle immagini, per l'eccezionale capacità di Spielberg di emozionare, divertire ed esaltare il pubblico.
Il resto del film è girato quasi tutto di notte. Ed è nel buio, nella pioggia, negli alberi smossi dai giganteschi passi dei T-rex, nelle sagome dei cacciatori che vengono letteralmente inglobati dall'erba alta e divorati dai Velociraptor, nelle movenze feline dei perfidi carnivori, nel branco di piccoli mostri che divora vivo Peter Stormare, che l'horror prende il posto della favola e irrompe, inaspettato, in un film che si presupponeva fosse un clone di secondo livello di Jurassic Park.

Certo, si potrebbe affermare con una piccola dose di cattiveria, che l'ampio spazio dedicato ai momenti e ai temi tipici dei film dell'orrore (spazio inesistente nel primo capitolo) serve soltanto a compensare una colossale mancanza di idee. Ed è probabilmente vero, dato che Il mondo perduto manca di qualsiasi struttura narrativa e personaggi, dialoghi e predicozzi ecologisti non sono altro che pretesti che Spielberg utilizza per mostrarci quanto è bravo e fin dove è arrivata la computer grafica.

Ma non è questo che conta. Nessuno si aspetta da un film come questo dei contenuti profondi o delle idee narrative vincenti. In un film del genere si cerca soltanto divertimento, perfezione tecnica e una costruzione della suspence che funzioni come una bomba a orologeria. E Il mondo perduto possiede tutte queste doti, anche in misura maggiore rispetto al primo (più noioso) capitolo.
Le possiede per tutta la parte ambientata sull'isola, e le perde clamorosamente nel momento in cui i protagonisti (T-rex in testa) sbarcano a San Diego.
Certo, vedere il T-rex aggirarsi per le strade di una grande metropoli è di sicuro effetto. Ed è altrettanto vero che è una delle scene tecnicamente meglio realizzate che io abbia mai visto.
Ma l'attacco del dinosauro a San Diego, spacca nettamente il film in due parti e questa cesura si sente e stride.
Un film cupo, angosciante, pauroso, abbiamo detto, per tutta la prima parte. Un film che assume toni e caratteristiche dell'horror puro, molto più simile a [Lo squalo che a Jurassic Park. Un film che, a un certo punto, e non richiesto, si trasforma in Godzilla...
Il passaggio è brusco, ci sembra, dopo un lungo e piacevole incubo, di essere entrati nel baraccone di un luna-park, e il film, scampato, fino a quel momento, dall'essere una delle tante "americanate" in circolazione, proprio grazie alle sue atmosfere quasi dark e poco rassicuranti, si trasforma in uno dei tanti prodotti di quel genere,entrando a pieno titolo nel limbo delle occasioni sprecate.