Alberto Barbera e i festival: “Joker è finito in concorso a Venezia per sbaglio”

Alberto Barbera ha commentato il presente e il futuro dei festival cinematografici e raccontato retroscena curiosi, incluso uno su Joker, in occasione di un evento a Locarno.

58430 Photocall   Roberto Cicutto And Alberto Barbera  Credits La Biennale Di Venezia   Foto Asac  Photo By Giorgio Zucchiatti
Venezia 2020: Roberto Cicutto e Alberto Barbera

Il 12 e il 13 marzo si è svolta l'edizione 2022 de L'immagine e la parola, l'evento primaverile del Locarno Film Festival, e tra gli argomenti affrontati nelle sale del PalaCinema ticinese c'è stato quello del futuro dei festival cinematografici. Per parlarne, il direttore artistico della kermesse svizzera, Giona A. Nazzaro, ha invitato Alberto Barbera, direttore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Una scelta logica, anche per il ruolo di Venezia in un discorso più generale sul futuro dell'audiovisivo, data la sua apertura nei confronti di Netflix. Riflettendo invece sul presente, e rispondendo alla domanda di uno spettatore, Barbera pensa che il tema della pandemia al cinema non sarà particolarmente presente: "Non credo che vedremo molti film sull'argomento, perché è una cosa che vogliamo tutti lasciarci alle spalle dopo due anni. Penso invece che vedremo molti titoli sulla guerra in corso, perché quello è stato un vero trauma, ha spezzato l'illusione che non avremmo mai rischiato un terzo conflitto mondiale."

L'importanza dei festival

Alfonso Cuaron e Alberto Barbera a Venezia 2013
Alfonso Cuaron e Alberto Barbera a Venezia 2013

Insieme alla crisi delle sale, si parla anche di una crisi dei festival, soprattutto negli ultimi due anni caratterizzati da edizioni annullate o dirottate online. Venezia è stato uno dei pochi eventi a sopravvivere in presenza sia nel 2020 che nel 2021, cosa che Alberto Barbera attribuisce al periodo fortunato nel calendario. E aggiunge che secondo lui, anche se i cinema dovranno forse reinventare le proprie strategie, i festival rimarranno quello che sono sempre stati: "Quest'anno festeggiamo il novantesimo anniversario di Venezia, la prima edizione si è tenuta nel 1932. Il modello festival è lo stesso da novant'anni, al netto di occasionali modifiche e aggiornamenti, e non c'è motivo per pensare che la situazione sia destinata a cambiare. Sarebbe sicuramente più economico spostare tutto online e non spendere milioni di euro per l'edizione fisica, ma il senso dei festival è quello di recarsi in un luogo preciso, per un periodo specifico, e vedere una selezione di film di ogni tipo. Film che cercano un primo riscontro del pubblico, anche quelli di Netflix. Le piattaforme hanno bisogno dei festival per promuovere certi titoli, quelli più autoriali."

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Roma Set Alfonso Cuaron Yalitza Aparicio
Roma: Alfonso Cuaron e Yalitza Aparicio in una scena del film

A non pensarla esattamente così è Cannes, che dal 2018 impedisce per regolamento a Netflix di partecipare al concorso principale. "E credo sia l'unico festival con quelle regole", dice Barbera. "È una situazione complessa, legata agli esercenti e al consiglio d'amministrazione, perché so che Netflix andrebbe volentieri a Cannes, e Thierry Frémaux venderebbe l'anima per avere i loro film, ragion per cui continua a dire che Roma [inizialmente selezionato per Cannes e poi andato a Venezia dopo essere stato acquistato da Netflix, n.d.r.] era un film suo. E in ogni caso, credo che tra cinque o dieci anni nessuno si ricorderà se i film di Sorrentino, Fincher e Cuarón sono usciti in sala o meno, ma quei titoli rimarranno in quanto grande cinema. E si parlerà dei festival che li hanno programmati, cosa che si fa tuttora per film di trenta o quarant'anni fa. Ancora oggi si parla di come Rashomon vinse il Leone d'Oro negli anni Cinquanta e sdoganò il cinema giapponese a livello internazionale." Quello che invece cambierà, sostiene Barbera rispondendo a un'altra domanda in sala, sono i mercati. "La parte dei festival legata al mercato, in particolare quelli grossi di Berlino e Cannes, dovrà cambiare. Rimarranno gli incontri in presenza, ma non è più fattibile oggigiorno affittare uno stand all'interno di uno spazio sterminato. Infatti, alcune società di vendita hanno già abbandonato quel modello, optando invece per un appartamento o una stanza d'albergo per le loro presentazioni."

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Retroscena curiosi

Joker
Joker: un'immagine di Joaquin Phoenix

Altro argomento a favore della sopravvivenza dei festival nella loro forma classica è l'offerta eterogenea, che si riflette anche nei gusti delle giurie e dei loro presidenti: da un lato, un regista non immune al cinema commerciale come Sam Mendes ha premiato il filippino Lav Diaz, dall'altro una cineasta impegnata e rigorosa come Lucrecia Martel ha assegnato il Leone d'Oro a Joker. Un risultato ancora più sorprendente alla luce di un retroscena svelato da Barbera: "Quel film è finito in concorso per sbaglio. Le major solitamente evitano la competizione principale perché accettando danno l'impressione che il film non sia abbastanza commerciale, e se poi non vince nulla è un altro problema. Con la Warner ci eravamo accordati su uno slot fuori concorso, ma al momento dell'invio dell'invito ufficiale la mia assistente ha sbagliato nell'indicare la sezione. Dopo qualche ora, a causa del fuso orario tra Italia e Stati Uniti, ci hanno contattati da Burbank dicendo che Todd Phillips aveva saputo dell'invito in concorso e voleva andarci a tutti i costi. E trovo giusto che in un festival uno possa vedere, nello stesso programma, un film come quello e poi qualcosa di radicalmente diverso come Il buco. Poco importa se poi uscirà su larga scala nelle sale di tutto il mondo. Facendo un altro esempio, vedere Dune in Sala Grande al Lido è un'esperienza diversa da quella del multiplex nella propria città."