Emmy 2011: il nostro bilancio

Vincono ancora Modern Family e Mad Men, ma non manca lo spazio per le novità e per i momenti emozionanti durante uno show nel complesso ben ritmato e divertente.

Al Nokia Theatre di Los Angeles, nella notte tra il 18 e il 19 settembre si è festeggiato un altro anno di televisione con i 63. Primetime Emmys; si è già detto in lungo e in largo dello schiacciante dominio di Modern Family, vincitrice di cinque premi importanti, indubbiamente una serie molto popolare in questo periodo grazie a una scrittura fresca e variegata a un cast ampio e decisamente amabile, nell'ambito del quale quest'anno l'Academy of Television Arts & Science ha voluto incoronare Julie Bowen e Ty Burrell dopo aver celebrato Eric Stonestreet nel 2010.
E' una caratteristica degli Emmy, spesso invisa a un pubblico bramoso di novità, quella di "adottare" degli show favoriti e di riconoscerne immancabilmente i meriti fatti salvi improvvisi scivoloni: di qui l'entusiastica conferma di Modern Family, già migliore comedy lo scorso anno, e il quarto appuntamento consecutivo con l'Emmy per la migliore serie drammatica per Mad Men, in un anno in cui in questa categoria ci sono novità decisamente prestigiose. Se d'altronde lo show di Matthew Weiner continua a rappresentare per l'ATAS l'eccellenza assoluta, è davvero difficile dargli torto.

Tra "tradizione" e novità

Non sono mancati, d'altro canto, i riconoscimenti per le nuove serie di rilievo: i due pesi massimi HBO, Boardwalk Empire - L'impero del crimine e Game of Thrones, non hanno lasciato il Nokia Theatre a mani vuote. Il primo ha fatto incetta di premi tecnici, tra i quali spicca quello per la regia del bellissimo pilot consegnato a Martin Scorsese; il secondo ha ottenuto solo due premi, uno dei quali minore (ma meritatissimo, tributato ai grandiosi titoli di testa); è rilevante tuttavia l'Emmy al miglior attore non protagonista in una serie drammatica andato allo straordinario Peter Dinklage, un grande talento che merita il plauso che sta finalmente ottenendo; ci sarebbe piaciuto però sentirlo ringraziare, oltre ai creatori dello show David Benioff e D.B. Weiss, anche l'autore della Song of Ice and Fire, saga da cui è tratto Game of Thrones e a cui si deve l'irresistibile personaggio del minuto, scaltro e pungente Tyrion Lannister. Ma confidiamo che George R.R. Martin avrà modo di salire lui stesso sul palco del Nokia Theatre nei prossimi anni, come d'altronde anche Benioff e Weiss.
Se una sorpresa in positivo sono senz'altro i numerosi premi andati alla miniserie Downton Abbey, tra tradizione e novità si colloca il premio attoriale che ci ha fatto più piacere di tutti, quello al migliore attore in una drama series Kyle Chandler: High School Team - Friday Night Lights era alla quinta e ultima un nuovo show, ma questo è il suo primo Emmy importante, e doveroso, tributato alla stagione finale di una serie dalla storia difficile a e bellissima, che è riuscita ad andare avanti per cinque stagioni nonostante rating deludenti grazie alla dedizione di NBC e Direct TV e all'affetto della critica (lanciando anche un buon numero di giovani attori promettenti, tra cui la nuova Charlie's Angels Minka Kelly che ha premiato Chandler). Un affetto che domenica sera la platea sembrava condividere, considerati gli applausi che risuonavano ad ogni menzione di Friday Night Lights durante la cerimonia.
Un altro show in chiusura, Entourage, non può reclamare allori visto il netto calo qualitativo delle ultime due stagioni, ma viene comunque onorato quando tutto il cast è chiamato sul palco a celebrare la HBO e il produttore Mark Wahlberg - non prima di aver incassato una gustosa stoccata femminista da parte dell'hostess Jane Lynch: "Molte persone si chiedono perché sono lesbica. Signore e signori, il cast di Entourage."

La conduzione

E parliamo di lei, allora. Jane Lynch, giunonica, sfrontata e orgogliosamente gay, sarà pure piaciuta poco a tanti commentatori di sesso maschile, ma noi la promuoviamo a pieni voti: spontanea, calorosa e divertente, Jane si è dimostrata anche autoironica dopo aver perso l'Emmy per la migliore attrice non protagonista in una comedy in favore della silfide Julie Bowen ("Se non avessi lo show da condurre, in questo momento sarei a casa ad abbuffarmi"). Per quando ci sembri bizzarro vedere la sgraziata Coach Sue Sylvester di Glee in capi d'alta moda, Jane azzecca anche le mise sfoggiando abiti che esaltano le sue scultoree spalle e la sua maestosa statura.
Tra i segmenti dello show di cui la Lynch è protagonista assoluta, da apprezzare nonostante qualche faux pas e qualche lungaggine è il montaggio musicale iniziale, impreziosito da deliziosi "siparietti" sui set di vari show: se ci è piaciuto il tête-à-tête di Jane con l'impagabile Sheldon Cooper/ Jim Parsons di The Big Bang Theory, è assolutamente geniale l'intrusione sul set di Mad Men, con Jane che fa avances a Peggy Olson/ Elisabeth Moss e sconvolge Don Draper/ Jon Hamm rivelandogli il fatto che nel 2011 siamo in grado di saltare la pubblicità con il fast forward.
Decisamente meno felice è l'altro segmento video in cui la Lynch veste i panni della produttrice mafiosa Donatella Alberghetti Mangiana D'Borgia, in un maldestro spoof del reality Jersey Shore.

Assolutamente spassoso, invece, è il montaggio video orfano di Jane Lynch che si svolge sul set della comedy The Office, con un cast "allargato" che include anche il simpatico Ashton Kutcher, in procinto di debuttare nel cast di Due uomini e mezzo - il primo episodio della nuova stagione dello show di Lee Aronsohn e Chuck Lorre è andato in onda proprio ieri sera - per sostituire il controverso ex lead Charlie Sheen. Il caso Due uomini e mezzo è stato uno dei tormentoni della serata, tanto più che i produttori avevano pure pensato di invitare il mal congedato Sheen a presentare il premio per il migliore attore protagonista in una comedy.

Highlights and lowlights

Duole dirlo, ma l'esibizione di uno Sheen jr. dall'aria non certo più sobria del solito è forse il momento peggiore dello show: l'interprete di Platoon si produce in un fervente augurio nei confronti della serie di cui è stato protagonista per otto anni, ma lo sforzo è evidente e penoso e così l'imbarazzo di Jim Parsons, che riceve da Sheen il suo secondo Emmy e commenta "Tutto questo è bizzarro, per molte ragioni". Non possiamo che affiancare a questa triste parentesi anche i numeri musicali davvero mediocri, a cominciare da quello con il cast di Saturday Night Live, i Lonely Island e Michael Bolton travestito da Jack Sparrow (o meglio, da Keith Richards, vista l'età).
Più simpatici gli "Emmy-Tones" Taraji P. Henson, Cobie Smulders, Kate Flannery, Zachary Levi, Wilmer Valderrama e Joel McHale, ma vista la resa musicale e scenica delle loro intro canore non ci sentiamo proprio di definirli un successo.
Tra i numeri musicali salviamo il segmento In Memoriam, con protagonisti i non particolarmente noti ma piuttosto bravi Canadian Tenors, la splendida Hallelujah e un montaggio che non lascia fuori nessuno, nemmeno la star di Jackass Ryan Dunn e il recentemente scomparso Andy Whitfield.
Ma il momento più memorabile della notte di domenica è stato tutto al femminile: durante la premiazione della migliore attrice protagonista di una comedy series, tutte le meravigliose ragazze in nomination, ovvero Tina Fey, Amy Poehler, Laura Linney, Martha Plimpton e Edie Falco, sono salite sul palco accanto alla vincitrice, la splendida plus size girl Melissa McCarthy, incoronata come una reginetta di bellezza e protagonista, poco dopo, di una favolosa presentazione dell'Emmy al miglior attore protagonista in un film TV o miniserie insieme alla Poehler, in cui le due comédienne hanno sbeffeggiato con classe i colleghi uomini, parlando di come finalmente sembrano riuscire a ottenere ruoli di spessore e ad essere apprezzati al di là dei loro bei faccini.
Altro momento trascinante, l'intervento "via satellite" di Ricky Gervais che, dopo la sua caustica e feroce conduzione degli ultimi Golden Globe, si dichiara bandito dal territorio americano durante gli awards show, e infila una serie di boutade e amenità varie con tanto di finta censura, riuscendo a prendere in giro sé stesso quanto chi gli vuol mettere la museruola.

Vogliamo citare infine l'entusiasmo contagioso e da ragazzina di quasi 36 anni di una delle attrici più premiate della Terra: evidentemente Kate Winslet temeva che Mildred Pierce sarebbe rimasto a mani vuote, di qui la sua gioia incontenibile con per gli Emmy suo e di Guy Pearce, gli unici due che la miniserie di Todd Haynes incassa su 21 nomination. Non certo una gran percentuale, ma ciononostante, ancora una volta la prima pagina è per il sorriso di Kate.