Marina Abramovic e la verità nell'arte

Abbiamo incontrato a Venezia la celebre performer artist, giurata del concorso internazionale insieme al presidente Michael Mann, per parlare della sua concezione di arte e del documentario incentrato sullo spettacolo teatrale dedicato alla sua vita.

Il Festival di Venezia si è chiuso con una cerimonia confusa, seguita da un clamoroso errore nella consegna dei premi, da una presa di posizione del presidente di giuria Michael Mann sulla segretezza del giudizio che lo ha spinto a 'zittire' il giurato italiano Matteo Garrone, il tutto seguito dalle solite polemiche sollevate dalla stampa italiana. Di questa giuria che ha consegnato il Leone d'oro nelle mani del controverso regista coreano Kim Ki-duk faceva parte anche la straordinaria Marina Abramovic, artista serba nota per le sue performance estreme, fisiche, sconvolgenti che, a partire dagli anni '70, ha modificato il concetto di perfomance art mettendo il corpo al centro di tutto fino a spingersi a livelli sadomasochistici in una disperata ricerca di verità e autenticità. Abbiamo incontrato la Abramovic a Venezia per parlare di un film che la vede protagonista, un documentario/backstage dedicato allo straordinario spettacolo sulla sua vita creato insieme al regista teatrale Bob Wilson intitolato Bob Wilson's Life & Death of Marina Abramovic. Il backstage, realizzato in due tranche durante le prove dello spettacolo tenutesi a Manchester e Madrid, è diretto dalla regista italiana Giada Colagrande.

Come è nata l'esigenza di realizzare un backstage del tuo spettacolo? E' stata un'idea tua?
Marina Abramovic: Da tanto tempo pensavo di realizzare un film sui miei lavori anche per una questione di utilità. In America nel mondo dell'arte servono prove delle opere realizzate. Ma a convincermi definitivamente è stato un evento in particolare. Da tempo ero amica di Susan Sontag, una persona piena di energia che mi ha ispirato spesso nella mia carriera. Quando Susan è morta mi sono recata al funerale ed è stato molto triste. Susan era una persona bigger than life e pensare che non ci fosse più è stato straziante. L'idea di aprire con un funerale uno spettacolo sulla mia vita è nata proprio in quella circostanza. Volevo mostrare il mio funerale per celebrare la vita senza paura.

Il tuo spettacolo mostra eventi dolorosi della tua infanzia e adolescenza, ma anche della maturità? E' stato difficile?
Lo spettacolo contiene aspetti dolorosi del mio passato, cose personali e drammatiche. Lavorarci è stato un trauma, ma anche un'esperienza catartica.

Willem Dafoe, che nello spettacolo di Wilson interpreta il narratore, ci ha parlato della vostra diversa visione dell'arte. Avete avuto problemi a lavorare insieme?
Willem è uno degli attori più professionali che abbia mai conosciuto. Io ho sempre pensato che il teatro fosse finto, mentre le perfomance sono reali, concrete, vere. Devo dire, però, che dopo aver lavorato con Willem, Bob e con il resto del team ho un po' modificato la mia opinione. Tutto il cast e tutti i tecnici sono stati fantastici. Anche Bob Wilson è così professionale, ha il controllo di ogni elemento dello spettacolo. E' un regista incredibile.

In questa tua ricerca costante della verità va detto che le tue perfomance sono vere, ma non naturalistiche..
E' vero. Mi piace misurarmi con sfide assolute. Superare i miei limiti. La società moderna ci dice di non preoccuparci di niente, mentre io non accetto la rassegnazione. Fin da piccola ho sofferto di emofilia e la prima cosa che ho fatto nelle perfomance è tagliarmi, lasciar scorrere il mio sangue per comprendere a fondo me stessa. Se uno ha paura di volare deve immediatamente salire su un aereo. La cosa peggiore da fare è lasciare che il nostro corpo o la nostra mente pongano dei limiti. D'altra parte vengo da una famiglia eroica. I miei erano entrambi militari e questo è il frutto dei loro insegnamenti. Mio padre era una persona molto pratica. Sosteneva di voler morire nel weekend perché erano tutti a casa. Quando ormai era anziana un giorno si è messa a letto convinta di stare per morire e ha incrociato le braccia. Dopo due ore si è svegliata affamata. E' morta qualche settimana dopo molto serenamente.

Dopo esserti spinta oltre i tuoi limiti quali sono i tuoi prossimi obiettivi?.
Ora vorrei fare qualcosa che non ho mai fatto nella vita. Una coreografia di bolero moderna, qualcosa che sto ancora preparando e per adesso l'unica cosa a cui riesco a pensare è l'elettricità. Questo per me è un territorio nuovo, ma so che ci sarà elettricità nella perfomance. Un altro mio sogno sarebbe fare una nuova versione di Teorema di Pasolini. Qualche giorno fa qui a Venezia ho conosciuto la produttrice del film. Non potevo crederci. Abbiamo parlato a lungo, anche del mio progetto. Teorema è un film meraviglioso, incentrato sul senso morale. Tutti dovrebbero vederlo. Inoltre continuo a occuparmi del mio centro per la conservazione della perfomance art in cui ho creato un percorso di diverse ore. La regola è che i visitatori si rechino nel mio centro disposti a stare lì sei ore. All'ingresso devono depositare telefonini e smartphone perché voglio che l'attenzione sia interamente concentrata sull'esperienza che stanno vivendo. Il patto è che il pubblico mi dà il suo tempo e io in cambio gli offro il mio spirito.

Tu trovi l'ispirazione dentro di te o all'esterno?
Io credo che l'artista debba essere ispirato dalla natura, dall'esperienza e da ciò che conosce, non da cose di seconda mano. Per questo motivo nei prossimi mesi farò un viaggio di ricerca in Brasile per sperimentare la materialità. La perfomance art è la forma più materiale che esista e io necessito di nuovi stimoli. Il presente è l'unica realtà che abbiamo. Non abbiamo nessun posto dove andare eccetto noi stessi.

Come riesci a gestire tutta l'energia che possiedi?
Sono sempre stata una persona energica, capace di fare tante cose tutte insieme. Ho troppa energia per tutti gli altri, parlo molto, non bevo e non mi drogo. Mi sveglio ogni mattina entusiasta. Per me realizzare opere d'arte è come respirare. Io non chiedo di creare, ma questa necessità nasce spontanea dentro di me.

Riusciremo a vedere anche in Italia il tuo spettacolo teatrale?
Vorrei tanto. Io amo l'Italia, ma non dipende da me. Il problema sono Willem Dafoe, che è una star di Hollywood, e Antony Hegarty, anche lui sempre pieno di impegni.

Come hai vissuto l'esperienza nella giuria di Venezia?
Quella di giurata è stata un'esperienza bellissima. Ogni giorno abbiamo visto film molto interessanti. Ne abbiamo discusso a lungo insieme ed è stato molto stimolante, ma sui giudizi non posso dire di più.