L'industriale: la crisi secondo Giuliano Montaldo

L'energico regista presenta la sua dura pellicola sulla crisi, mostrata in anteprima fuori concorso al Festival di Roma, insieme al cast capitanato da Pierfrancesco Favino e Carolina Crescentini.

La crisi economica colpisce a tutti i livelli e chi cade dall'alto rischia di farsi più male. Il regista Giuliano Montaldo decide di affrontare il tema nel suo L'industriale, drammatica pellicola ambientata nel mondo dell'alta borghesia incentrata sul proprietario di una fabbrica sull'orlo del precipizio che cerca di salvare l'azienda di famiglia senza svendere né perdere la propria dignità. La tematica pubblica si intreccia col privato visto che al collasso lavorativo corrisponde una profonda crisi personale e matrimoniale che corre parallela al primo. Protagonista del film è il bravissimo Pierfrancesco Favino che, sotto la regia di Montaldo offre una perfomance vigorosa sfoggiando un perfetto accento torinese. A interpretare la ricca moglie è Carolina Crescentini, mentre l'ambiguo avvocato dell'azienda è l'ottimo Francesco Scianna. Il cast al completo, insieme allo sceneggiatore Andrea Purgatori, affiancano Montaldo nella presentazione romana del film che sarà nei cinema nei primi mesi del 2012.

Giuliano, cosa l'ha convinta a girare questo film? Giuliano Montaldo: Da un po' di tempo sui giornali si legge che ogni giorno sono stati bruciati milioni e milioni di euro. Io volevo capire chi fosse il piromane. Girando per il Nordest si trovano centinaia di capannoni industriali vuoti così noi abbiamo immaginato una città un po' surreale con dei colori particolari e una fotografia che contribuisse a creare un'atmosfera cupa e drammatica. La città è Torino, ma potrebbe essere anche un altro posto. Abbiamo costruito un set per girare la scena di una fabbrica occupata e poco dopo sono arrivate persone urlanti a chiedere cosa stesse accadendo. Basta poco perché la fantasia si fonda con la realtà in un momento come questo.

Come si riflette lacrisi che state vivendo nei vostri personaggi? Carolina Crescentini: L'episodio della vera manifestazione che abbiamo filmato mi ha fatto comprendere immediatamente la responsabilità di ciò che stavamo girando. Il mio personaggio è ambiguo perché da tre anni vive una situazione difficile e sente che è giunto il momento di cambiare. Il marito non le parla più, lei cerca di aiutarlo, ma lui non si apre così cerca qualcun altro che la faccia ridere e che la faccia sentire viva. All'inizio la giudicavo in modo negativo e trovavo molte sue azioni sbagliate, ma poi ho capito.
Pierfrancesco Favino: La crisi è talmente familiare che non è neppure necessario spiegarla. Il nostro non è un film sulla crisi, ma è un film durante la crisi. E' una storia personale incastonata in un particolare momento storico. Il mio personaggio è un uomo ostinato sia sul lavoro che nel privato. Lui è abituato a essere un vincente e non conosce i problemi del quotdiano. Non lo ritengo un fallito, ma vive in un contesto molto particolare e tende a mescolare lavoro e vita privata senza capire che agire nello stesso modo in entrambi i campi è sbagliato.

Dopo un momento di resurrezione in cui abbiamo l'illusione che le cose si sistemeranno, il finale del film è molto cupo. Il pubblico viene sconvolto dalla rivelazione che viene fatta proprio nel finale e che sconvolge tutto. Perché hai scelto di inserire questo colpo di scena?.
Giuliano Montaldo: Perché alla fine penso che il delitto debba sempre essere punito, anche se involontario.

Francesco, il tuo è un personaggio connotato in modo piuttosto negativo. Come lo hai costruito?.
Francesco Scianna: Nel film non sono cattivo, ma penso soprattutto ai miei interessi. Il mio lavoro è quello di convincere le persone attraverso la seduzione e spesso con l'inganno. Cerco anche di sedurre Carolina, ma con lei non riesco perché è fedele al marito.

Giuliano, perché il tuo film non è in concorso al festival? Giuliano Montaldo: Non ho più l'età per fare concorsi. Ho iniziato a fare cinema 62 anni fa come attore, ma non ero bravo. Qualcuno tentò di distogliermi dall'idea perché già nel 1950 il cinema era in crisi. Noi siamo dei precari e se ci ammaliamo non lo possiamo neanche dire perché non lavoriamo più.

Come è cambiata l'etica dell'industrale negli anni? Nel film il personaggio di Favino tenta di salvare la sua fabbrica con un inganno. L'integrità alla fine non paga?.
Andrea Purgatori: Il problema di raccontare questo paese è che bisogna fare un enorme sforzo di sintesi e di creatività per sorpassare la nostra classe politica e dirigente che ogni giorno ne inventa una. Ora non vorrei fare la fortuna dei sushi bar con l'escamotage utilizzato nel film perché temo che venga riutilizzato. All'inizio del film i personaggi di Carolina e Pierfrancesco tentano di difendere i valori morali e l'integrità, ma alla fine sembra che oggi ciò non sia più possibile. Nel nostro paese le regole si piegano e si modificano sempre in favore di uno stesso gruppo che detiene il potere. Mi piace l'idea che ci sia ancora qualcuno che pensa che la dignità sia un valore.

Perché avete scelto di girare L'industriale a Torino? Giuliano Montaldo: Torino è una città incredibile, io ci ho anche ricostruito Pietroburgo. Torino, col suo indotto, rappresenta la città simbolo dell'industrializzazione e per girare usato gli spazi creati dalla famiglia Agnelli. A Torino si gira bene, ma anche se la città fosse stata meno accogliente avremmo comunque dovuto ambientare il film lì per una ragione simbolica. In Italia l'operaio è torinese.

Pierfrancesco, hai mai pensato di diventare regista? Pierfrancesco Favino: Ogni tanto l'idea di fare il regista mi accarezza, ma poi mi trovo a lavorare con persone con Giuliano e capisco che di strada da fare ce n'è tanta. Quello che non vorrei fare è scegliere la strada della regia per frustrazione.