George Clooney, il fascino e l'ingegno dietro la macchina da presa

Dopo Confessioni di una mente pericolosa, Good Night and Good Luck e In amore niente regole Clooney si prepara a presentare il suo Le idi di marzo, aggiungendo così un nuovo tassello a un'autorialità, se non particolarmente prolifica, già ben definita.

E' il sogno proibito del pubblico femminile e il protagonista assoluto della cronaca rosa, ma dietro la sua facciata mondana batte il cuore di un artista. Così George Clooney, abbandonate momentaneamente le copertine dei tabloid internazionali, torna a far parlare di sé come regista grazie alla sua ultima fatica Le Idi di Marzo, film d'apertura della 68esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. La pellicola, tratta dalla pièce teatrale di Beau Willimon Farragut North, riporta l'attore dietro la macchina da presa per la quarta volta nel tentativo di unire l'intento cinematografico con la passione politica. Per questo motivo, messi da parte ammiccamenti e sorrisi in stile Danny Ocean, gorgeous George affronta il cammino impegnativo di un candidato democratico verso le presidenziali, aggiungendo un nuovo tassello a un'autorialità, se non particolarmente prolifica, già ben definita. Forte di un background culturale dichiaratamente liberal e di una passione per lo show business ereditata dalla zia Rosemary Clooney, l'indimenticabile dottor Ross ha utilizzato la materia cinematografica come espressione personale fin dall'esordio avvenuto nel 2002 con Confessioni di una mente pericolosa.

E' l'anno del sodalizio artistico/produttivo con Steven Soderbergh e dell'appena fondata Section Eight, votata alla realizzazione di progetti indipendenti come il remake di Solaris, ma è anche il momento in cui la critica si accorge di un nuovo autore e della sua inaspettata capacità visionaria, accogliendo con entusiasmo la sua opera prima presentata in concorso niente meno che alla Berlinale. Scritta da Charlie Kaufman ed ispirata all'omonima biografia di Chuck Barris, famoso autore televisivo a cui si deve l'invenzione di popolari game show nonché agente segreto della CIA durante gli anni più intensi della guerra fredda, la pellicola ha dovuto compiere un lungo cammino prima di arrivare tra le mani di Clooney e colpire la sua attenzione tanto da fargli rischiare il tutto per tutto dietro la macchina da presa. Acquistato dalla Columbia Pictures negli anni Ottanta e successivamente riscattato dalla Warner Bros alla fine dei Novanta, il soggetto sembrava destinato ad una lunga peregrinazione senza alcuna possibilità di realizzazione fino all'arrivo all'orizzonte della Miramax, poi affiancata dalla Section Eight.

A complicare ulteriormente le fasi produttive una lunga serie di registi blasonati come Sam Mendes, David Fincher e Darren Aronofsky, interessati al progetto ma non tanto da porre la propria firma su di un contratto, e di un altrettanto folto gruppo d'interpreti come Russell Crowe, Kevin Spacey, Edward Norton e Ben Stiller, attratti dalla materia ma costretti a declinare. Così, dopo l'ultima defezione di Bryan Singer, chiamato a dirigere X-Men 2, e di Johnny Depp, probabilmente mai seriamente coinvolto nel progetto, Clooney decide di tentare il grande passo. Ispirato dallo stile dei fratelli Coen e guidato dai consigli di un manuale di regia, l'uomo più sexy del pianeta si avventura verso una nuova fase della sua carriera in cui produzione, recitazione e direzione si sovrappongono con naturalezza. Tecniche di ripresa a parte, però, il vero asso nella manica è l'utilizzo dell'istrionico Sam Rockwell, che, premiato con l'Orso d'Argento per la sua interpretazione di Barris, offre al neo regista non solo la possibilità di ricostruire il ritratto di un personaggio discusso e discutibile, ma soprattutto di ricomporre lo scenario culturale di un paese condizionato dagli effetti di un trentennio di sottocultura televisiva.

Un discorso, questo, affrontato da una prospettiva diversa tre anni dopo con Good Night, and Good Luck, emozionante viaggio in bianco e nero dentro i segreti del giornalismo e le sue responsabilità. Presentato in concorso alla 62esima edizione del festival di Venezia, il film conquista immediatamente critica e pubblico caratterizzando, probabilmente, il momento più alto della carriera cinematografica di Clooney regista ma anche il più arduo per quanto riguarda la sfera personale. Reduce dal set di Syriana, thriller politico chiaramente ispirato da un'attualità internazionale post-11 settembre grazie al quale conquista il suo primo Oscar, l'attore scopre di aver riportato un grave lesione alla spina dorsale che mette in serio pericolo la sua incolumità. Eppure, nonostante una condizione fisica sempre più incerta, un momentaneo calo di memoria e l'opposizione delle banche che non sembrano credere in un suo recupero, il desiderio di tornare alla regia lo porta a superare problemi fisici ed economici.

Particolarmente sensibile alla necessità di una stampa libera e competente, l'ex studente in giornalismo si avvale di una sceneggiatura evocativa scritta a quattro mani con Grant Heslov e della sofisticata interpretazione di David Strathairn per dare nuovo vigore e significato al lavoro di Edward R. Murrow, celebre reporter della CBS cui si deve l'attacco più duro al maccartismo e ai suoi abusi. Un progetto che Clooney realizza sostenendo alti rischi finanziari ed un impegno fisico non semplice da affrontare, ma che gli regala la ricompensa di un successo insperato. Terminata giusto in tempo per la kermesse veneziana, la pellicola, grazie ad una sintesi narrativa che lascia il giusto spazio alla parola e alla sua enfasi, arriva dritta al cuore della giuria che assegna al suo colossale protagonista la Coppa Volpi e a un incredulo George il premio Osella.

Il minuzioso lavoro di ricerca e il sofisticato montaggio di filmati d'epoca, grazie ai quali il senatore McCarthy in persona sembra condividere la scena con attori d'esperienza come Robert Downey Jr. e Patricia Clarkson, conquistano il favore internazionale tanto da ottenere una vera e propria valanga di riconoscimenti tra cui fanno bella mostra di sé ben sei nomination dell'Academy Awards. Premi a parte, però, Good night, and Good Luck viene ricordato dalle cronache non solamente per il suo valore artistico ma per l'impatto culturale esercitato sull'opinione pubblica americana in un momento in cui il ripristino del Patriot Act e di una nuova caccia alla streghe sembrano molto più concreti di una velata minaccia. In questo modo, con una vicenda d'altri tempi che nasconde in se le stesse debolezze dell'America contemporanea, il film non prende posizioni politiche e non impartisce lezioni civili ma offre al suo pubblico la possibilità di non dimenticare il valore dell'individuo e le sue responsabilità.

A questo punto, sazio di tanta gloria e riconoscimenti, Clooney torna a casa con l'intenzione di spegnere per un po' la macchina da presa, dedicandosi esclusivamente alla recitazione e al suo impegno umanitario. Nei due anni successivi sceglie di interpretare Intrigo a Berlino e Ocean's Thirteen, entrambi diretti dall'amico Soderbergh, senza però dimenticare la campagna in favore del Darfur, attività per la quale nel 2007 riceve il Peace Summit Award assegnato dai Premi Nobel della Pace. Ed è proprio questo il momento in cui la voglia di raccontare una nuova storia torna a farsi sentire. Questa volta i toni e le intenzioni sono completamente diverse. Messe da parte le problematiche sociale almeno sul grande schermo, a creare i presupposti per In amore, niente regole (Leatherheads), insolita avventura romantica ambientata a bordo campo tra un allenatore inaffidabile e una reporter d'assalto, è una passione dichiaratamente maschile: il football e la sua evoluzione in sport nazionale.

Pur se ispirato alla vicenda personale del campione Harold "Red" Grange che nel 1925 entrò a far parte dei Chicago Bears grazie all'intervento dell'allora allenatore George Halas, il film riesce comunque a celebrare un romanticismo cinematografico d'altri tempi sostenuto dal ritorno di "George il conquistatore", con tanto di sorrisi sfolgoranti e tecniche di seduzione in stile anni venti , capace di sedurre ma non domare la vivace Renée Zellweger nei sofisticati panni di una giornalista in carriera. Al ritmo coinvolgente di The Man I Love, i due danno vita ad un incontro amoroso che, prima di ogni altra cosa, è uno scontro verbale senza esclusioni di colpi. Grande conoscitore della storia del cinema del suo paese e, in particolare, appassionato dei film in bianco e nero degli anni quaranta, l'attore/regista ripropone chiaramente gli schemi della classica commedia americana, imprimendo una ritmica personale che dona alla vicenda una vivacità moderna ed accattivante.

Gli elementi ci sono tutti; il triangolo amoroso, la guerra uomo/donna e una certa pulsione sessuale che, nel rispetto della morale dell'epoca, deve essere solo intuita e mai consumata. Evidente è l'omaggio ai grandi protagonisti del genere come Cary Grant, Katharine Hepburn, Spencer Tracy, Clark Gable e Claudette Colbert, mentre i riferimenti cinematografici sono da ricercare in film come Philadelphia Story o La signora del venerdì. Ma questo film rappresenta molto di più che un semplice esercizio di stile od un divertissement per un pubblico raffinato. Girando interamente tra il Tennessee, il South Carolina e il Kentucky, Clooney compie soprattutto un viaggio a ritroso per celebrare i luoghi cui appartiene dimostrando di possedere una poetica e una varietà espressiva capace di trasformare finalmente il sex symbol in un seducente narratore.