Loki 2, la recensione del finale di stagione: il "chi" al centro di tutto

La seconda stagione di Loki raggiunge il suo culmine concettuale e qualitativo proprio a fine percorso, in una potente conclusione che arriva dritta al cuore del Multiverso e trasforma definitivamente il Dio degli Inganni.

Loki 2, la recensione del finale di stagione: il 'chi' al centro di tutto

Senza alcun piano per una terza stagione, almeno a breve e media distanza, Loki raggiunge quella che sembra essere la sua conclusione naturale. Il sesto episodio della seconda stagione dovrebbe infatti essere il series finale dell'intero progetto, il più lungo e meglio strutturato dei Marvel Studios in casa Disney+ fino a questo momento. In una Crisi delle Meraviglie destinata a coinvolgere anche il nuovissimo The Marvels di Nia DaCosta, accolto tiepidamente dalla critica e rivolto a un pubblico totalmente disinteressato e poco ricettivo, la serie streaming sul Dio degli Inganni raggiunge un apice soddisfacente e inatteso proprio in ultima battuta, ricalibrando l'essenza stessa del Multiverso e quella del suo grande protagonista.

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Loki 2: un'immagine del finale di stagione

Alla fine e più che mai Loki 2 si rifà ai moti drammaturgici di Shakespeare, alle migliori run a fumetti sul personaggio (ad Agent of Asgard, a Fratelli di Sangue), ad articolate riflessioni sul libero arbitrio, maestosi obiettivi e responsabilità cardinali. Tutto per salutare in via definitiva il Dio degli Inganni per come abbiamo imparato a conoscerlo, dagli inizi machiavellici passando per le diverse trasformazioni caratteriali, arrivando a una svolta concreta e pienamente risolutiva sulla questione identitaria di Loki attraverso una delle ore più intense, belle e potenti della quindicennale storia del Marvel Cinematic Universe. [ATTENZIONE, SPOILER A SEGUIRE]

Sacrificio

"Sono Loki di Asgard e sono ricolmo di gloriosi propositi"

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Loki 2: un'immagine del finale di stagione

Si presentava così la divinità interpretata da Tom Hiddelston all'inizio della prima stagione della serie, ed è proprio da questa affermazione che comincia l'ultima e risolutiva presa di coscienza di Loki. L'asserzione viene attivamente decostruita e ristrutturata senza mai modificarne la grammatica, solo il senso, dalla curatela Michael Waldron alla scrittura chirurgica di Eric Martin. Il protagonista era, è e sarà sempre Loki di Asgard, ma il "chi" della storia muta radicalmente nella sua essenza morale, da villain ad antieroe, da antieroe a supereroe.

Il suo viaggio è molto più massimalista nello spirito di quanto non lo sia nella realtà. Tra i tanti personaggi del Marvel Cinematic Universe, Loki è quello con il margine evolutivo più drastico di tutti: una divinità ingannatrice ed egoista che raggiunge l'apice del suo vero Io abbracciando il suo dolore e la sua umanità e accettando il suo ruolo divino in senso cristiano, votato all'altruismo e al sacrificio. La decisione di Loki non è però un'immolazione e nemmeno un martirio, perché non offre la sua vita a nessuno, non la perde in senso letterale e non subisce alcuna pena fisica. No.

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Loki 2: un'immagine del finale di stagione

Il sacrificio di Loki è quello di Atlante (seppure quest'ultimo venne punito da Zeus) ma scelto e voluto personalmente al di là dei dove, dei quando, dei come e dei perché: soltanto pensando al "chi". Chi essere. Chi proteggere. È il chi a permettere al Dio di controllare i salti temporali ed è sempre il chi a spingere Loki verso "i suoi grandi propositi", ad essere "il re che è sempre stato destinato ad essere", a "reclamare il suo trono". Un personaggio in cerca d'identità sin da principio: nato gigante di ghiaccio di jotunheim, cresciuto come asgardiano, alleato di Thanos e poi tra le sue prime vittime, fratello di Thor e suo principale rivale. Un nemico diabolico che diventa protagonista sfaccettato nobilitando se stesso e la sua missione.

Rilettura del mito

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Loki 2: un'immagine del finale di stagione

Quando Loki diventa prima di ogni cosa divinità positiva e poi ancora supereroe, in lui sono riscontrabili le cosiddetta virtù kalokagathali, che rispondono cioè all'antico ideale greco di perfezione fisica e morale, sorretto da una forte rettitudine che rispecchia in chiave di genere le caratteristiche omeriche dell'eroe per antonomasia. Quando abbraccia la via del sacrificio per un bene superiore, deciso a salvaguardare le miliardi di ramificazioni temporali e tutte le varianti del Multiverso, Loki subisce la metamorfosi decisiva e incontrovertibile, abbracciando di fatto i criteri più stringenti e fondamentali dell'epica in senso narrativo e del mito norreno in chiave rielaborata. Loki diventa Ymir, il primo gigante di ghiaccio della cosmogonia nordica dal cui sacrificio furono creati i nove mondi sorretti dal tronco di Yggradsil, l'albero cosmico. Quando afferra le ramificazioni morenti donandogli nuovamente vita tramite la sua magia, Loki sta creando come Ymir i tanti mondi e le tante dimensioni differenti che andrà poi a intrecciare insieme in una struttura simile a quella di Yggdrasil.

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Loki 2: un'immagine del finale di stagione

In questo senso, il suo sacrificio è anche una ri-elaborazione di quello di Odino, che in cerca di saggezza superiore rimase appeso per molti giorni all'albero cosmico per divenire in buona sostanza la migliore versione di sé stesso. Un sacrificio di sé a sé rivolto però agli altri. Ed è interessante come proprio la divinità ingannatrice per eccellenza accetti con abnegazione l'unica verità possibile per salvare tutto e tutti, sfruttando i suoi poteri smeraldo per lasciar fiorire il suo Yggradsil, sedendo sul trono dorato al centro esatto dell'albero, divenendo il re che sarebbe sempre dovuto essere, il Dio "degli intrecci", l'Atlante del Multiverso.

Conclusioni

Guardando alle radici del mito norreno, all'epica greca, alle virtù omeriche, a Shakespeare e alle migliori run a fumetti del personaggio, Loki raggiunge il suo apici definitivo in ultima battuta, portando a compimento un percorso lungo 14 anni che trova pieno compimento e grande misura in una conclusione di respiro drammaturgico e riflessivo inaspettata, emozionante e incisiva.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • La scrittura di Eric Martin.
  • L'interpretazione di Tom Hiddleston, davvero al suo meglio.
  • Gli ultimi e straordinari 15 minuti della serie.
  • La regia di Benson e Moorhead che nobilita dramma e fantascienza.

Cosa non va

  • Una delle ore più belle e incisive del Marvel Cinematic Universe finora. Trovare un difetto? I soliti legati ai racconti temporali. Ma non ci interessano davvero.