Il clandestino, la recensione: Edoardo Leo versione Marlowe per un’ottima serie metropolitana

La recensione de Il clandestino: Rolando Ravello dirige una fiction decisamente contemporanea nei toni e nella dolenza, tra umorismo e graffi. Su Rai1 dall'8 aprile.

Il clandestino, la recensione: Edoardo Leo versione Marlowe per un’ottima serie metropolitana

Sarà l'atmosfera stropicciata, sarà il climax urbano, intervallato da sferzate umoristiche, ma Il clandestino è una serie che funziona. E funziona bene. Con una prerogativa, non da poco: diretta da Rolando Ravello e creata da Renato Sannio e Ugo Ripamonti, l'apparato narrativo, pur derivativo da un immaginario noir, è originale. Non c'è quindi un materiale di partenza legato ad un romanzo o legato ad una serie estera, prontamente remixata. Un tratto importante, anche perché Il clandestino, in onda su Rai1 in sei serate (e disponibile su RaiPlay), si distacca in questo senso dalla maggior parte della serialità Rai che, appunto, si rifà ad una letteratura già nota (da Montalbano a Lolita Lobosco, per intenderci).

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Il Clandestino: Edoardo Leo e Hassani Shapi in una scena

Quindi, in apertura di recensione, ci teniamo a rimarcare lo sforzo degli autori: cercare un personaggio nuovo che si rifacesse ad un narrativa ben conosciuta (prendetelo come una iperbole, ma i punti di partenza sono il Detective Marlowe e Perry Mason) per dargli "un tocco personale" e inserirlo in un panorama riconoscibile e, soprattutto, molto contemporaneo. Non c'è dubbio che sia una buona base di partenza, comunque strutturata seguendo i canoni della serialità episodica ma contestuale ad una storia che avanza inesorabile, creando un immediato rapporto di fiducia con il pubblico da prime-time Rai.

Il clandestino, la trama

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Edoardo Leo e Alice Arcuri in una scena de Il Clandestino

Abbiamo parlato del contesto, del timbro e dell'atmosfera metropolitana, in qualche modo sorretta dalle musiche di Maurizio Filardo che si rifanno alle colonne sonore dei poliziotteschi Anni Settanta. Anche per questo motivo la cornice geografica si rivela essenziale ne Il clandestino: Milano. Città distante, scostante, appariscente ma, secondo lo sguardo di Ravello, funzionale a ciò che la serie vuole raccontare. Pure perché la trama gira attorno ad un cambio di prospettiva: il protagonista, Luca Travaglia (interpretato da Edoardo Leo, che convince), lascia Roma e il suo ruolo di ispettore capo dell'antiterrorismo dopo un terribile attentato, di cui sente la colpa.

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Edoardo Leo, protagonista de Il Clandestino

E se Il clandestino è essenzialmente una storia di un uomo che prova a reinventarsi, ecco che Luca si trasferisce a Milano. Provando a sedare il rammarico con l'alcool, sarà l'incontro con il cingalese Palitha (Hassani Shapi, irresistibile) a fargli cambiare postura: Travaglia mette in piedi un'agenzia investigativa, seguendo i casi di quelle persone invisibili che, costantemente, vivono ai margini della società e della legge.

Edoardo Leo, Milano e una serie Rai che funziona

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Il Clandestino: Edoardo Leo e Lavinia Longhi in una scena

Niente fronzoli, dunque. Il clandestino, come Rolando Ravello ci ha abituato sul grande schermo, va dritto al sodo (memorabile l'amarissimo esordio del 2013, Tutti contro tutti). Va dritto al sodo, e segue la sua strada: sferza sommessamente delle lecite accuse contro il sistema socio-politico italiano (e su quanto sia complicato integrarsi, o appunto semplicemente reinventarsi), si schiera dalla parte degli "ultimi", di cui Travaglia si fa in qualche modo protettore e testimone. Se ogni episodio segue un caso diverso, la backstory si allunga poi verso la generalità della trama: funziona il tormento che avvolge il protagonista (ben sfumato da Edoardo Leo), e funziona il viaggio che compie verso una nuova consapevolezza e un'accettazione di sé, che lo spinge ad affrontare il mondo circostante seguendo più l'istinto che la ragione.

Per questo il contrasto ne Il clandestino è accentuato dalla rigidità di Milano (ben concepita dalla fotografia grigia di Fabio Di Battista, e dalla scenografia di Priscilla Rossi e Stefano Giambanco); una rigidità comunque spezzata da un'iconografia piuttosto reale nel tradurre l'anima multietnica della città, diventata crocevia di un'Europa ai suoi minimi storici. Un contrasto che poi vive sulle spalle del personaggio principale, di sicuro impatto (al netto di alcune svolte didascaliche, che risuonano in diversi dialoghi enfatizzati e ridondanti) e di sicuro appeal. Tra il neo-noir che non si prende sul serio, ereditando la tradizione di genere tipica della miglior tradizione italiana, per remixarla in una serie da prima serata Rai, Il clandestino è allora ciò che di meglio si potrebbe sperare: una serie coerente nella scrittura, negli umori variegati (e per questo umani), e nel suo bisogno di evadere dalla solita (e davvero sfinente) realtà televisiva (pubblica) italiana.

Conclusioni

Come scritto nella recensione de Il clandestino, la fiction Rai funziona per umori, colori, sfumature. Interessante il personaggio di Travaglia che, pur derivativo, è originale nella scrittura. In questo senso convince Edoardo Leo, dolente al punto giusto, inserito a dovere nell’ambiente multiculturale di Milano, cornice ben sfruttata dalla regia di Rolando Ravello.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.2/5

Perché ci piace

  • Il tono generale.
  • L'originalità della sceneggiatura.
  • La cornice milanese.
  • La prova di Edoardo Leo.

Cosa non va

  • Alcuni dialoghi, strutturati in modo estremamente didascalico.