Analog Squad, la recensione: gli anni '90 per una serie Thai elegante, pop e rivelatoria

La recensione di Analog Squad: dalla Thailandia un'ottima serie in otto episodi che ci porta nel 1999, facendoci riflettere sul concetto di verità e di menzogna, parlando soprattutto di emozioni. In streaming su Netflix.

Analog Squad, la recensione: gli anni '90 per una serie Thai elegante, pop e rivelatoria

I vecchi computer, le VHS, i jeans larghi e la maglia rossa del Liverpool della Reebook, e poi ancora le fotografie da sviluppare e la paura del... Millennium Bug. Non c'è dubbio, se gli anni Ottanta si sono ampiamente esauriti, sono adesso gli anni Novanta la nuova decade di riferimento nelle produzioni cinematografiche e seriali. Un contesto molto più potente, narrativamente parlando. Il motivo? Semplice, i 90s sono un'epoca di transizione, in qualche modo definitiva nelle poetica influenzata da uno switch fondamentale, e oggi impattante: l'analogico che cede sotto il peso del digitale. Allora, non è un caso che l'interessante e inaspettata Analog Squad, serie Thai diretta e scritta da Nithiwat "Ton" Tharatorn (una sorta di fenomeno in Thailandia) inizi proprio con un simbolo di quegli anni: il Tamagotchi.

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Il tamagotchi...

"Quante volte lo hai fatto morire", si dice scherzando nel primo episodio, arrivato su Netflix, a proposito di quella piccola creatura aliena, divenuto fenomeno mondiale? E non è un caso che la serie, divisa in otto episodi, rifletta proprio sul concetto di vita artificiale, di verità e di menzogna, e di quanto la finzione siano in qualche modo enfatizzata dalla tecnologia stessa. Un punto di vista notevole, che rende Analog Squad un prodotto narrativo ed estetico di ottima fattura: se la serialità occidentale sta vivendo una certa flessione, i riflessi analogici dello show in questione affascinano e non poco. Nessuna svolta sci-fi, nessuna trovata distopica: Analog Squad, con una notevolissima cura formale, parla di sentimenti, di scambi, di perdono, di seconde possibilità. Il tutto, alleggerito da un tono umoristico funzionale allo scopo.

Analog Squad, la trama: bentornato, 1999!

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Analog Squad: una scena

Appunto, otto episodi da circa cinquanta minuti che ci catapultano indietro al 1999: i protagonisti li troviamo tutti insieme, all'inizio, come se fossero un'affiatata famiglia. Peccato però che tra loro non ci sia nessun legame di sangue: il protagonista, Pond (Nopachai "Peter" Jayanama), vuol dimostrare al padre, che sta per morire, di avercela fatta, di essersi creato delle relazioni, una famiglia, provando a superare i forti motivi legati che hanno portato i due a separarsi.

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I protagonisti di Analog Squad

E vuole dimostrarlo mettendo in piedi un arguto piano: convince l'ex fidanzata Lilly (Namfon Kullanut) a fingere che sia sua moglie, nonché madre dei due figli inventati, ovvero Keg (JJ-Krissanapoom Pibulsonggram), impiegato di una grande azienda che 'rintraccia le persone', e Bung (Primmy-Wipawee Patnasiri) che gestisce un videonoleggio. Chiaro: prima di far visita al padre morente di Pond, bisogna costruire un rapporto, provare le parti, strutturare la famiglia. Così, tra ammiccamenti agli anni '90 (dagli Oasis alla mitica Trasher, oggi tornata di moda), i quattro impareranno molto gli uni dagli altri, rivelando poco a poco la loro vera essenza. Con una domanda, che risuona forte: si può partecipare emotivamente ad un lutto, pur interpretando, di fatto, un parte?

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Pop ed elegante: dalla Thailandia un'ottimo esempio di narrazione seriale

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Tra passato e presente

Lo abbiamo detto, dai colori al tono, dalla regia alle musiche (grande colonna sonora, fatta di chitarre e suoni country!), Analog Squad è un tripudio di vibrazioni anni Novanta. Esplorando il passato (e il presente) dei quattro protagonisti (Keg potrebbe essere il più interessante, e il più indecifrabile) ritroviamo le inflessioni occidentali che, via via, si amalgamavano con la cultura thailandese. E ritroviamo frammenti di vita che, in qualche modo, ci appartengono: in questo senso, Analog Squad, dal titolo ammiccante, funziona come grancassa emotiva, legata alla nostalgia e al ricordo. Tuttavia, la serie di Nithiwat "Ton" Tharatorn scende in profondità, sfruttando la corposa durata di ogni episodio: c'è una caratterizzazione dei personaggi, e di contorno c'è una caratterizzazione del contesto storico.

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Analog Squad, vibrazioni Anni 90...

E i temi, in Analog Squad, sono preponderanti: ci scontriamo con la paura del futuro (l'ossessione del Millennium Bug) ma anche con la speranza che il nuovo millennio sia migliore di quello passato. Con il senno del poi ci sbagliavamo, ciononostante la figura di Pond, legandosi poi a Lilly, a Keg e a Bung, risulta perfetta nell'archetipo di un uomo che prova a ricucire il tempo, cercando una seconda possibilità affettiva. Il punto è che l'estremo saluto a quel complicato padre è un vero e proprio fake, che coinvolge negli episodi l'emotività dei personaggi, scritti e rappresentati in modo che potessero funzionare gli uni con gli altri, ma soprattutto costruiti per essere apprezzati dal pubblico. Quindi, spalancando un'ulteriore suggestione, Analog Squad, esempio di serialità efficace nel suo essere pop ed elegante, anticipa narrativamente i tempi, fotografando forse gli albori di una contemporaneità basata sull'apparenza: perché se finiamo per fingere anche l'amore, allora l'umanità si può considerare davvero estinta. Altro che Millennium Bug...

Conclusioni

Analog Squad potrebbe essere una sorpresa seriale, se non fosse poi che gli anni Novanta sono il nuovo presupposto narrativo. Una decade da rivedere e da raccontare, fotografando al meglio l'accavallamento tra analogico e digitale. Una dimensione storica che si aggancia perfettamente ad una storia emotiva, tra finzione, famiglia e amore. Personaggi ben caratterizzati, e un tono generale pop ed elegante. Peccato la durata delle puntate, quasi un'ora. Forse eccessiva.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.8/5

Perché ci piace

  • La caratterizzazione dei personaggi.
  • Il tono anni 90.
  • La colonna sonora country!
  • I riverberi emotivi.

Cosa non va

  • Le puntate durano troppo.