Caccia al Re - La narcotici: presentata a Roma la miniserie di Soavi

La nuova fiction Rai diretta da Michele Soavi, incentrata su una squadra di poliziotti che deve stroncare un giro di stupefacenti nella capitale, è stata presentata a Roma dal regista insieme agli sceneggiatori e al cast al completo.

Dopo aver beneficiato di un'anteprima all'ultimo Roma Fiction Fest, la nuova fiction di Michele Soavi Caccia al re - La narcotici è stata presentata stamattina alla Casa del Cinema di Roma, in una conferenza stampa che ha visto la presenza del regista, degli sceneggiatori Leonardo Fasoli e Maddalena Ravagli e praticamente di tutto il cast: all'interno di quest'ultimo, spicca il protagonista Gedeon Burkhard, che gli spettatori italiani conoscono bene come inseparabile alleato de Il commissario Rex nella omonima serie, e un Ricky Memphis che qui interpreta un insolito ruolo di villain. Ritorno di Soavi alla televisione dopo il recente, criticatissimo Il sangue dei vinti, Caccia al re - La narcotici è una miniserie che getta uno sguardo crudo e senza facili moralismi sul sottobosco del traffico di droga nell'hinterland romano, con un'attenzione particolare alla sua penetrazione tra gli adolescenti. Un intreccio poliziesco declinato però in chiave di fiction d'azione, terreno abbastanza inusuale per un pubblico come quello di RaiUno, ma decisamente adatto per il regista che ha diretto film come Arrivederci amore, ciao ma anche opere televisive come Uno bianca e Ultimo - La sfida.
A introdurre la fiction, che andrà in onda sul primo canale Rai in sei puntate, a partire da domenica 16 e lunedì 17 gennaio, per poi proseguire ogni lunedì, è stato come sempre il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce: "La serie era stata inzialmente progettata per RaiDue, le cui opere hanno in genere ritmi narrativi diversi da quelli di RaiUno. Solo in seguito ci siamo resi conto che poteva essere adatta al primo canale Rai, specie per i temi come la droga e i giovani, che qui vengono trattati per la prima volta in modo non buonista. Mostrando le prime puntate abbiamo raccolto buone impressioni, al punto che la casa di produzione tedesca Beta ha già messo un'opzione su una possibile seconda stagione".

Il regista ha poi preso la parola, spiegando i motivi che l'hanno portato a dirigere una serie con questi temi. "Ero molto interessato all'argomento, l'abbiamo trattato senza falsi buonismi, documentandoci su diversi fatti di cronaca. La serie riguarda gli adolescenti, secondo me può essere anche didattica per loro: credo che girandola abbiamo fatto davvero servizio pubblico, abbiamo trattato un tema difficile come questo che per la prima volta ci mette anche davanti a noi stessi, come genitori."
La parola è passata poi a Gedeon Burkhard, che ha risposto a chi gli chiedeva un parallelo con il poliziotto da lui interpretato ne Il commissario Rex: "Direi che l'unica cosa in comune tra i due personaggi, è che entrambi sanno come si usa un'arma. Questa è una serie molto drammatica e vicina alla realtà, Rex in fondo era un po' una favola. Nella mia carriera ho interpretato figure di poliziotti che hanno rappresentato un po' un'escalation di drammaticità: prima quello di Rex, poi quello di Squadra speciale cobra 11, infine questo. Qui, interpreto un uomo che ha avuto un tragico destino, che deve capire come procedere nella vita e sceglie di mettere al centro l'educazione di sua figlia. Quando però capisce che potrebbe trovare colui che anni prima uccise sua moglie, si dedica anima e corpo a questo compito, e arriva quasi a tralasciare la ragazza; ma non lo farà del tutto. Il problema della droga, comunque, c'è anche da noi in Germania, negli ultimi anni i ragazzi iniziano a confrontarcisi sempre prima, a volte già dai 10 anni. E' un problema che va affrontato a livello internazionale, e serie come questa sicuramente possono aiutare a riflettere."
A parlare del suo ruolo è stato poi Stefano Dionisi, che interpreta il famigerato "ottavo re di Roma", nuovo padrone della malavita capitolina: "E' un ruolo che ho interpretato con grande passione, e non ho avuto problemi ad accettarlo visto che ero già in buoni rapporti con Soavi. E' un 'cattivo' complesso, che è frenato dall'avvicinarsi agli altri: i suoi impedimenti sono legati alla sua infanzia, e al fatto che in passato gli hanno fatto del male. Credo comunque che la parte più interessante sia quella che riguarda gli adolescenti e il loro rapporto con la droga: questo tema non era mai stato raccontato in modo così realistico. Il risultato è terapeutico, visto che nella serie si vede davvero che effetto produce l'uso delle droghe sul mondo giovanile." Della funzione pedagogica dell'opera hanno parlato anche gli sceneggiatori. "Il punto di vista principale è proprio quello dei ragazzi", ha detto Leonardo Fasoli. "Noi abbiamo cercato di raccontare la storia mettendoci più verità possibile. Quello che si vede è un universo che non va criminalizzato ma neanche trattato con superficialità: ci piaceva indagare in questo mondo, e specialmente capire cosa succede quando un adolescente raggiunge il punto di rottura con la generazione precedente, quel momento di ribellione che poi deve generare una proposta nuova." "Più che criminalizzare volevamo indagare", ha aggiunto Maddalena Ravagli. "Indagare sui motivi che spingono dei ragazzi a usare o anche spacciare droghe. Ci siamo chiesti: e se capitasse a noi? Se fossero coinvolti i nostri figli? Questo è un periodo in cui c'è una cronica difficoltà nei rapporti genitori/figli, ancora maggiore che in passato. Questo capita perché questa generazione di genitori manca anch'essa, spesso, di una personalità ben definita".
Anche l'attrice Raffaella Rea, che interpreta la spalla femminile del protagonista, ha parlato della fiction e del modo in cui ha affrontato il suo ruolo: "Mi piace il modo, il linguaggio con cui la storia è stata raccontata. Il mio personaggio è un commissario capo, e ho cercato di essere più realistica possibile: simile a un vero commissario, ma non dimenticando mai la parte femminile, che in certi momenti è un'arma in più". Ricky Memphis, che è il cattivo che nella serie aiuta il boss interpretato da Dionisi, si è invece concentrato sulla corrispondenza della storia a situazioni realmente riscontrabili nella capitale: "Certo, queste cose esistono, ma in genere ci si incappa solo se le si va a cercare: l'aria di criminalità e di perdita di valori comunque c'è, a Roma come ovunque. Sulla droga, secondo me più che "fa morire" bisogna dire che fa vivere male, che distrugge la tua vita e quella di chi ti sta accanto. Il mio è un cattivo particolare, che in fondo non è tanto cattivo: a modo suo è un ingenuo, un sognatore. Forse è legato a vecchi valori, ad antichi codici malavitosi di onore che ormai non esistono più." Anche Michele D'Anca nella storia ha un importante ruolo di criminale: "E' un personaggio che ho amato tantissimo", ha detto. "Lui vive per l'amicizia, è un valore a cui tiene molto, e questo avrà anche delle conseguenze drammatiche. E' un po' un sognatore folle: il personaggio di Stefano è la testa, lui il cuore". Altro villain importante, ironico ma feroce, è quello interpretato da Bruno Conti, già visto in Romanzo criminale: "Credo sia rivelatrice una frase detta da Stefano nella prima puntata", ha spiegato l'attore. "La frase è: 'Franchino a volte fa paura anche a me'. È un bandito di strada, che di mestiere fa il criminale, per lui quello di delinquente è un vero e proprio lavoro. E' quasi un Mr. Wolf, diciamo. Comunque è un personaggio vero, non macchiettistico".