Zampaglione, un cinemusicista da paura

In occasione dell'uscita nelle sale del suo secondo film Shadow - L'ombra abbiamo intervistato in esclusiva per i lettori di Movieplayer.it Federico Zampaglione al ritorno sul grande schermo con un avvincente horror che racchiude tutta la sua rabbia artistica e in primis la grande voglia di riportare in auge in Italia uno dei generi più amati e prolifici della nostra storia cinematografica.

Dalla musica pop al cinema horror il passo non era nè facile nè breve, ma Federico Zampaglione è uno che non demorde, specialmente quando si tratta di passioni. A quattro anni da Nero Bifamiliare si prepara all'uscita nelle sale del suo secondo film, Shadow - L'ombra, un horror elegante tutto giocato sulla suspense, sul ritmo e su momenti da brivido in cui sullo schermo si materializza il terrore allo stato puro.

Voce, leader e fondatore del gruppo pop-rock dei Tiromancino, Zampaglione ha sempre avuto sin da bambino una grandissima passione per il cinema e in particolare per quello dell'orrore. La storia che ha scelto per questo suo debutto orrorifico in grande stile è quella di David, un giovane soldato reduce dal conflitto in Iraq che decide di intraprendere un viaggio in bicicletta per l'Europa per buttarsi definitivamente alle spalle il suo doloroso passato. Nei boschi incontra Angeline una bella ragazza con la sua stessa passione per le due ruote insieme alla quale decide di esplorare i segreti delle montagne. Presto però quella splendida natura si trasforma in un incubo: la fuga da due cacciatori di frodo spingerà i ragazzi nelle braccia di un nemico ancor più spietato che si nasconde in una grotta. Morthis, il torturatore misterioso assetato di vendetta, farà capire a David quanto a volte la realtà possa essere assai più macabra di qualsiasi incubo. Di colpo gli orrori affrontati in guerra non gli sembreranno poi così lontani...

Presentato in una ventina di festival internazionali di genere e applaudito ovunque in giro per il mondo, Shadow - L'ombra porta una ventata di ottimismo in un genere in cui non è facile trovare qualcosa di nuovo, nè nella forma nè nel contenuto, e riesce nella difficile impresa di mescolare intrattenimento orrorifico con temi sociali di grande attualità. Ma non è tutto, Zampaglione in Shadow - L'ombra, nelle sale da venerdì 14 maggio, unisce cinema horror classico e moderno ad una cura impressionante delle immagini e dei dettagli nonchè della colonna sonora, rigorosamente rock, che molto ricorda i fasti del cinema argentiano. Le musiche del film non sono però farina del suo sacco bensì curate da The Alvarius, un gruppo nato appositamente per il film di cui fa parte il fratello Francesco che per Shadow ha voluto cimentarsi con suoni sperimentali definiti narco-rock per la psichedelia elettronica che il contraddistingue. Grande attenzione è stata rivolta anche alle location scovate tra le montagne friulane e i boschi della provincia romana. Il nuovo lavoro di Zampaglione, che non senza difficoltà è arrivato in sala grazie alla produzione coraggiosa della Blu Cinematografica di Massimo Ferrero che ne è anche distributore con la Ellemme Group distribution, non è passato inosservato neanche agli occhi di Fangoria, la rivista-bibbia del cinema horror mondiale che l'ha definito "un film cattivo, spaventoso e sanguinario che segna un grande passo avanti per l'Italia che, sul piano dell'horror, sembrava finita da anni".

Alla fine della proiezione in anteprima a Orvieto ti abbiamo visto molto emozionato agli applausi del pubblico in sala, sembrava quasi una liberazione per te che hai creduto fortemente in questo progetto. A due giorni dal debutto in sala che sensazioni hai addosso?

Federico Zampaglione: Mamma mia! Ero emozionatissimo e lo sono tuttora, non vedo l'ora che venga venerdì, ho voglia di lasciar andare il film al suo destino. Arriva un momento in cui devi lasciare andare le cose per la loro strada, l'ho voluto fortemente, l'ho coccolato, l'ho amato tantissimo questo film, ora tocca a lui.

In Shadow c'è molto Argento, Fulci, Bava e del cinema nostrano di genere degli anni '60 e '70, secondo te cosa ha contribuito alla scomparsa di un genere che solo qualche decennio fa era dei più prolifici in Italia?
Federico Zampaglione: E' il solito meccanismo italiano, la colpa è di quel tipico atteggiamento autolesionista che tende a prendere sotto gamba il patrimonio culturale e storico del paese. Grazie a questo meccanismo un po' sadico si è tolto valore ad una cinematografia che nel passato è stata tanto amata e celebrata. Trattato come cinema di serie B, l'horror ha dovuto subire in questi decenni l'embargo televisivo non essendo adatto ad un pubblico di prima serata. L'industria dell'intrattenimento italiana ha questo atteggiamento un po' menefreghista nei confronti del pubblico e non è attenta alle sue vere esigenze. Si è così ben pensato di radere al suolo un genere nella sua interezza per lasciar spazio a quella cinquantina di film all'anno tutti uguali sugli adolescenti alle prese con i loro primi turbamenti. Una scelta che fa più orrore degli horror stessi. Lasciare il cinema italiano orfano del genere che il mondo ci invidiava di più è una vera follia.

Hai più volte definito il tuo film come un horror 'sociale' e dichiarato che gli italiani secondo te hanno messo da parte l'horror cinematografico per viverlo nella realtà. Cosa ti fa più paura dell'Italia e degli italiani di oggi?
Federico Zampaglione: Mi fa enormemente paura questa voglia di girarsi dall'altra parte di fronte ai problemi reali del paese, il bisogno di attaccarsi a cose superficiali che non portano a niente, il credere alla televisione e ad ogni cosa che viene pronunciata senza porsi domande, come fosse la verità assoluta e inconfutabile. Diciamocelo chiaramente, il 90% dei nostri programmi televisivi sono inguardabili e propongono falsità lontanissime dalla cultura e dalla realtà. Il mezzo televisivo è diventato per gli italiani oggi un modello stereotipato che a mio avviso fa danni su danni, non sopporto che ci si sia un po' tutti calati le braghe di fronte alle tante mistificazioni che vediamo ogni giorno.

Sappiamo che prima di intraprendere l'avventura di Shadow hai chiesto consigli e opinioni ai maestri dell'horror nostrano che conosci meglio, pensiamo a Dario Argento, Ruggero Deodato e Lamberto Bava. Qual'è stato il consiglio più prezioso che hai ricevuto e di cui hai fatto immediatamente tesoro?


Federico Zampaglione: E' stato un coro unanime il loro: "non ascoltare nessuno perchè tanto ti diranno tutti che un horror oggi in Italia non si può fare, tu vai avanti per la tua strada". Un consiglio che ho seguito alla lettera ma non senza difficoltà. Ricordo che quando ho cominciato a proporre il film mi pareva di stare in un deserto, venivo deriso e sbeffeggiato, tacciato di essere un presuntuoso assolutamente incapace di guardare la realtà dei fatti. "Portare avanti un'idea del genere è da folli" mi rispondevano i produttori e quando insistevo sul fatto di girare con un cast internazionale e in inglese in modo da provare a venderlo anche fuori spesso mi arrivavano delle sonore pernacchie. "Perchè all'estero dovrebbero comprare l'horror italiano? Qui l'horror è finito, è un genere che andava di moda una volta, ora li compriamo già fatti, dimenticatelo proprio", questo mi sentivo dire in continuazione, come un nastro, poi ho incontrato Massimo Ferrero, un produttore anticonformista che si è appassionato alla storia e ha deciso di produrlo. Non finirò mai di ringraziarlo.

Quanto è stato importante avere dalla tua il supporto morale di Dario Argento?
Federico Zampaglione: Dario è una persona straordinaria, uno che sforna buoni consigli a raffica, tra noi ci fu un accordo amichevole non firmammo mai nessun contratto, poi vedendosi le porte chiuse in faccia decise di abbandonare il progetto. Fu lui a consigliarmi di girare in inglese e mi suggerì un modo in cui potevo migliorare il montaggio. E' una persona molto sensibile, con una capacità comunicativa molto spiccata, è uno che va dritto al punto senza troppi fronzoli.

Quant'è difficile portare avanti la carriera di musicista e quella di cineasta in parallelo?
Federico Zampaglione: Direi che è praticamente impossibile portarle avanti contemporaneamente, i film e i dischi sono come figli, vanno accuditi giorno per giorno e poi messi in condizione di camminare con le proprie gambe. Cerco di alternare le due cose ovviamente, ed ora che ho finito il viaggio cinematografico di Shadow - L'ombra mi rimetterò a lavoro sul nuovo disco dei Tiromancino. Il film dal 14 maggio andrà avanti con le sue gambe, nel bene e nel male.

Senza svelare molto ai nostri lettori, nella seconda parte di Shadow ci sono dei riferimenti agli orrori della Storia, il nazismo e i recenti conflitti. Un modo per ampliare il senso di disagio nello spettatore o c'è da parte tua una chiara presa di posizione politica?
Federico Zampaglione: Più che una presa di posizione politica è stata una presa di posizione sociale, mi sono schierato dalla parte dell'essere umano. Il cattivo del mio film è largamente ispirato alla figura di Josef Mengele, ufficiale tedesco e medico delle SS conosciuto per gli esperimenti umani sui prigionieri di Auschwitz, è stata dura visionare le immagini di repertorio che in parte si vedono nel film, torture avvenute realmente che sono ancor più agghiaccianti di tutto quello che il cinema può far vedere. Ho perso il sonno per queste cose, non riuscivo più a scrollarmi di dosso quell'orrore. Mentre le vedevo pensavo ai mostri del cinema, a licantropi, zombi e vampiri e li vedevo quasi buoni in confronto a certi scempi compiuti da esseri umani.

Hai presentato Shadow al Fright Fest di Londra, a Sitges, al Rojo Sangre di Buenos , in Texas, a San Francisco, in Estonia e in Svizzera, in Italia a Trieste e al Fantasy Horror Award, ricevendo critiche entusiastiche e riconoscimenti ovunque. Perchè la scelta di mostrarlo prima all'estero e poi di farlo uscire nelle sale in Italia?

Federico Zampaglione: E' stato tutto un susseguirsi di casualità. L'anno scorso ero a Cannes e avevo una copia del film con me, in quel momento non avevamo ancora alcuna strategia distributiva o pubblicitaria. Casualmente mi hanno presentato un certo Alan Jones, direttore di un importante festival di genere a Londra che io non conoscevo e lui ha insistito per vedere il film. Quando ho chiamato Dario Argento e gli ho fatto il suo nome ho scoperto che si trattava del Fright Fest e di uno dei più grandi ed apprezzati critici dell'orrore, un luminare che ha scritto qualcosa come 35 libri sull'horror ed è uno degli uomini di punta di Fangoria. A volte nella vita ti accadono cose incredibili senza che te ne rendi conto. Dopo la presentazione a Londra si può dire che la mia vita è cambiata, dal giorno dopo è cominciato un tam tam di richieste e che hanno portato il film in tutto il mondo. La comunità horror è come una grande famiglia e appurarlo sulla mia pelle è stata una cosa davvero fantastica.

Verrà distribuito in Usa, in Canada, Germania, Austria, Lussemburgo, Svizzera, Medio Oriente e Inghilterra e magari qualche sorpresa arriverà anche dal mercato di Cannes. Che effetto ti fa sapere che tutti gli appassionati di genere potranno vedere il tuo film in sala?
Federico Zampaglione: Sono sincero, in alcuni momenti ero davvero basito, non riuscivo a credere che mi stesse davvero succedendo una cosa così bella, pensavo di sognare in alcuni momenti, da fan dell'horror poi sono stato ancora più contento di sapere che il film verrà distribuito anche negli Usa dalla IFC, la stessa casa che ha distribuito negli Usa anche Gomorra e Antichrist di Lars von Trier. La cosa buffa è che lo lanceranno direttamente in tv, in America accade tutto il contrario di quello che accade qui da noi.

Ci sono inseguimenti adrenalinici, torture, momenti introspettivi, qual'è stata la scena più difficile da girare?
Federico Zampaglione: Sicuramente le sequenze delle torture, gli attori erano legati ai lettini immobilizzati, faceva freddo, erano tutti molto provati fisicamente, il protagonista Nuot Arquint recitava tranquillamente nudo a temperature che andavano da -3 a -8 gradi. Provavo un malessere fisico nell'andare ad esplorare le parti più malate della storia, non avrei mai voluto ispirarmi a quegli orrori ma è stato quasi necessario farlo, sono finito addirittura in ospedale perchè dopo una settimana di riprese mi ritrovavo a dormire un'ora per notte per via degli incubi. Il mio stato d'animo si era legato indissolubilmente all'atmosfera angosciante degli ospedali nazisti e non riuscivo più a chiudere occhio. Poi un giorno è arrivato il crollo, un calo di pressione mi ha fatto finire in ospedale dove poi mi sono ripreso. E' stata una lavorazione molto difficile e lunga.

Viene spontaneo parlare dell'esile attore scelto per il ruolo del cattivo, Nuot Arquint, già visto ne Il Divo di Sorrentino e ne La passione di Cristo. Ballerino, mimo e attore italo-svizzero, un artista a tutto tondo che si divide tra teatro, cinema e televisione. Come avete lavorato insieme sul set?

Federico Zampaglione: E' stato un colpo di fulmine, appena l'ho visto ho capito che era lui il mio 'cattivo'. E' un uomo molto intellettuale che ha una grande visione metafisica del mondo che lo circonda, è stato un lavoro molto lungo quello fatto con lui, otto mesi di studi sul personaggio che hanno spaziato dalla lettura di libri allo studio della mimica del serpente, il tutto a ritmo di musica con in sottofondo le canzoni dei Tool (gruppo alternative metal californiano ndr). Nuot si isolava spesso ed era quasi muto sul set, per 'caricarsi' andava spesso a passeggiare al cimitero di Tarvisio ed era ormai tanto entrato nel personaggio che un giorno lo hanno anche quasi arrestato, una volante della polizia ce l'ha riportato sul set chiedendoci se veramente fosse un attore come dichiarava. Gli agenti ci dissero: "Quest'uomo è veramente inquietante, non ce lo fate più vedere nei dintorni del cimitero per favore..."

I critici europei hanno parlato del tuo film come il suggello alla rinascita dell'horror italiano. Pensi che le critiche positive ed un eventuale buon risultato in sala possano far finalmente decollare la tua carriera di regista?
Federico Zampaglione: Io sono già andato oltre ogni più rosea aspettativa, posso ritenermi soddisfatto del riscontro che ha avuto il film, uscirà in tanti paesi diversi e quindi avrà tante chance di farsi vedere. Ovviamente mi auguro che il risultato al botteghino sia buono in Italia, ma non tanto per me quanto per il mio produttore e in generale per la credibilità del genere horror in Italia, che possa essere di buon auspicio per le produzioni future.

Perchè secondo te paesi come la Francia e la Spagna sono riusciti a riportare l'horror in auge mentre l'Italia l'ha annientato?
Federico Zampaglione: In questi due paesi i film sono finanziati anche dalla televisione, se pensiamo che Canal+ ha investito una parte di budget in un film estremo come Martyrs ci rendiamo meglio conto della situazione. E poi c'è la Filmax che da la possibilità ai giovani autori di cimentarsi nel genere, c'è un'attenzione maggiore per il cinema, questa è la verità. In Italia non mancano i talenti, il problema nasce se a questi giovani leve fai fare un film con 100 euro mettendoli in grossa difficoltà. Il cinema horror è fatto di scenografie, di immagini di grande impatto visivo, a parte Paranormal Activity che può essere visto come un'eccezione, l'horror è un genere fortemente visivo. Se lo facciamo sopravvivere sempre con gli spicci del salvadanaio allora sarà sempre più difficile fare bei film. Quando Dario Argento negli anni '70 faceva quei meravigliosi film non li faceva con due lire ma con una notevole disponibilità economica, per fare film di un certo livello servono prima di tutto i mezzi.

Quindi è un problema di finanziamenti ma principalmente è un problema di cultura...
Federico Zampaglione: Viviamo in un paese in cui il Ministero non mette mai un euro per finanziare i film di genere, un paese in cui al cinema si può parlare solo di tematiche familiari, di corna e di altre sciocchezze da cinepanettone. L'horror una volta era l'unico genere che regalava guizzi di creatività ora tutto si è appiattito. è sempre stata la parte folle e visionaria del cinema e oggi tutto quello che non è omologato o un po' fuori dagli schemi viene fatto fuori. Il sale della cinematografia è venuto a mancare e io, nel mio piccolo, farò tutto quello che è in mio potere per tornare agli antichi sapori.