Nyqvist presenta La ragazza che giocava con il fuoco

Abbiamo incontrato Michael Nyqvist, il celebre attore svedese protagonista della trilogia cinematografica tratta dai romanzi di Stieg Larsson, a Roma per presentare La ragazza che giocava con il fuoco, secondo capitolo della saga che precede di qualche mese il già annunciato terzo ed ultimo atto.

A soli quattro mesi dall'uscita nelle sale di Uomini che odiano le donne arriva sul grande schermo La ragazza che giocava con il fuoco, la versione cinematografica del secondo romanzo di Stieg Larsson che con l'uscita primaverile de La regina dei castelli di carta vedrà completarsi l'opera di trasposizione di Millennium, la saga thriller-investigativa nata dalla penna del compianto scrittore e giornalista svedese scomparso nel 2004. A presentarlo alla stampa italiana oggi a Roma la star svedese Michael Nyqvist, già protagonista nei panni del giornalista d'assalto Mikael Blomqvist, direttore della rivista Millennium, creata per condurre inchieste scottanti e portare alla luce i più torbidi misteri della scena politica e sociale svedese. L'attore ci ha parlato delle evoluzioni del suo personaggio all'interno della trilogia, della tempistica delle riprese dei tre film e dei tre romanzi best seller che hanno permesso al mondo di conoscere l'alto valore sociale del lavoro di Stieg Larsson, una delle menti più illuminate e brillanti della Svezia contemporanea. La ragazza che giocava con il fuoco sarà nelle sale a partire da venerdì 25 settembre distribuito da Bim Film in oltre 250 copie.

Questo film è stato girato immediatamente dopo la fine delle riprese di Uomini che odiano le donne. Come si è misurato con questo personaggio così carismatico?
Michael Nyqvist: In effetti il primo e il secondo sono stati girati uno di seguito all'altro, senza interruzioni ed il motivo principale che mi ha spinto ad accettare la proposta è stato il grande impatto sociale di queste storie, il loro aspetto politico, l'etica e la morale del mio personaggio che è un uomo di grande personalità, intelligente, molto tattico e capace di raggiungere un profondo livello di empatia con le persone che gli ruotano intorno. Blomkvist, il giornalista che interpreto nei tre film è anche un buon ascoltatore, uno che non giudica, un uomo occidentale e moderno, quello che tutti noi svedesi abbiamo sempre cercato di essere. Credo altresì che egli incarni perfettamente l'ideale di uomo che aveva in mente il suo creatore, Blomkvist è quanto di più vicino possa esistere all'uomo che Stieg Larsson avrebbe voluto essere, il suo alter ego.

Gli ha mai invidiato qualcosa? Ha qualcosa in comune con lui? Magari il successo con le donne...
Michael Nyqvist: Nel film abbiamo dovuto attenuare di molto questo aspetto, mi riferisco al suo essere donnaiolo, nei romanzi praticamente lui si intratteneva con tutte le donne che incontrava, metterlo anche nel film avrebbe significato sviare un po' lo spettatore, confonderlo e in qualche modo sporcare il genere puro del thriller. A questo proposito prima di iniziare le riprese dei fiilm ho parlato anche con l'editore di Larsson e mi disse che rispetto al romanzo originale ci sono nei libri più di venti storie con donne che sono state tralasciate. Posso dirvi che anche a me piacciono molto le donne, soprattutto il loro mondo, parlare con loro mi affascina. Quando parli con gli uomini ti fanno di solito domande di cui sanno già la risposta, mentre con le donne questo non accade, se ti chiedono qualcosa è perchè vogliono un vero confronto.

Ha mai conosciuto di persona Stieg Larsson? Leggiamo dalla sua biografia che era un grande esperto di movimenti di estrema destra e nazisti e di organizzazioni anti-democratiche. Secondo lei c'è un nesso tra questo suo interesse e i suoi romanzi?
Michael Nyqvist: Diversi anni fa lavoravo come attore nella piéce teatrale di Primo Levi Se questo è un uomo, avevo un monologo lunghissimo che mi teneva più di due ore da solo sul palco. A causa di questa parte teatrale venni minacciato di morte e perseguitato a lungo da estremisti di destra che volevano uccidermi. Girai a lungo con guardie del corpo e fu proprio in quel periodo che conobbi Larsson, una delle voci più autorevoli al mondo sull'argomento. Parliamo di più di dieci anni fa, quando queste frange estreme rappresentavano un grande problema in Svezia. Ora la situazione per fortuna è cambiata. E' stato il primo autore svedese a parlare di questi argomenti, ad instaurare un dialogo con questi estremisti. Peccato che il nostro fu un incontro di qualche minuto, se fosse ancora in vita probabilmente neanche se ne ricorderebbe.

Il terzo capitolo è pronto?
Michael Nyqvist: Si, abbiamo finito le riprese di tutti e tre i film nel giro di un anno e mezzo. Alla base della trasposizione cinematografica della trilogia Millennium c'era la voglia di entrare nel mondo di Stieg Larsson, non quella di sovvertire o invertire l'ordine delle storie e realizzarne un qualcosa di diverso da quello che lui ha creato. Resta il fatto che c'è una differenza tra i film e i libri.

A proposito di differenze, cosa ci può dire della fase di produzione della trilogia cinematografica rispetto a quella letteraria?
Michael Nyqvist: Il primo libro e il primo film vanno di pari passo, lo spettatore e il lettore sono al fianco dei due protagonisti, sanno esattamente tutto quello che sanno loro, nel secondo e terzo film invece, come nei rispettivi romanzi lo spettatore e il lettore sanno di più di quanto non sappiano i personaggi. C'è stato quindi un cambio di passo da parte di Stieg che ha modificato in questo modo la narrazione della storia prendendo la scia del thriller tradizionale. nel primo film c'è in più l'aspetto mistico della vita, il viaggio interiore di alcuni personaggi che ripercorrono il proprio passato per rimettere a posto i pezzi di un puzzle, anche per questo Uomini che odiano le donne ha un look cinematografico più spiccato fatto di flashback, foto, ricordi e ricostruzioni. La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta sono invece viaggi all'inseguimento di qualcosa, fondamentalmente alla ricerca della verità. Un aspetto che io mi sento di avere in comune con Larsson.

Uno degli elementi di maggior fascino di queste storie è l'ambientazione nordica, il gelo, il freddo. Noi mediterranei rimaniamo incantati di fronte a scenari cui non siamo abituati, qual è la sua opinione in merito? Cosa pensa di questa nuova genìa di scrittori svedesi che hanno dato una nuova linfa al thriller europeo?
Michael Nyqvist: Il gelo cosiddetto polare ha indubbiamente un appeal diverso da quello che può essere uno scenario medeterraneo o americano. E' una grande tradizione svedese quella di raccontare la vita come in realtà è, in tutto il suo grigiore, ma in questa tradizione c'è anche una voglia di capire come cambiarla per renderla migliore. Nei libri di Stieg Larsson c'è una pesante critica di fondo al sistema assistenziale svedese ed emerge dall'opera di questo autore anche un profondo senso di colpa dopo gli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale, un argomento di cui sembra non si possa mai e non si debba mai parlare ma che traspare in maniera preponderante sia nella letteratura che nel cinema svedese. Certe storie emanano come una sorta di cattivo odore che tutti fanno finta di non sentire ma che persiste e pervade tutto.

Rispetto al film precedente c'è stato un cambio di regista, cosa ha significato per lei e per il film questo avvicendamento? C'è stato secondo lei un cambio radicale nello stile o nello sviluppo del suo personaggio?
Michael Nyqvist: L'idea era quella di cambiare l'atmosfera, l'umore e lo stile narrativo da film a film, questa avventura per noi attori è stata una vera e propria maratona. Daniel Alfredson, il nuovo regista che poi ha diretto anche il terzo e ultimo film, ha modificato molto rispetto al regista che lo ha preceduto. Ha variato la posizione delle macchine da presa e il tipo di macchina da presa passando da quella fissa su cavalletto alla steadycam, con la quale ha girato quasi interamente i due film. In questo modo anche lo spettatore è all'inseguimento della notizia e viaggia con Lisbeth e Mikael. Il problema di questo avvicendamento è stato maggiore per Daniel che per noi attori anche perchè quando è venuto sul set per la prima volta si è trovato di fronte un gruppo di attori che aveva già lavorato per cinque lunghi mesi al film precedente, conoscevamo la storia e la nostra parte molto meglio di lui. In questo secondo capitolo vedrete il mio personaggio lavorare come giornalista, cosa che non avete visto quasi per niente nel primo, molto più incentrato sull'introduzione al personaggio di Lisbeth, mentre il secondo inizia con un inseguimento...

In che modo il suo personaggio si evolve nell'arco dei tre film? Ha mai desiderato per lui un'evoluzione diversa?
Michael Nyqvist: Questo film è maggiormente incentrato sulla rivista Millennium, sul lavoro giornalistico della redazione giornalistica e la psicologia di Blomqvist evolve sempre di più verso la paranoia, non è più l'uomo carino e gentile che era nel primo film, in cui era costantemente vittima degli eventi. Per quel che mi riguarda lo vedo molto in evoluzione nell'arco dei tre film e l'ho visto raggiungere picchi davvero estremi. Quando lavoro come attore mi interessa molto l'evoluzione psicologica del mio personaggio ma sono poco attento alle evoluzioni fisiche.

Tutti e tre i libri sono stati dei best-seller, hanno scalato le classifiche mondiali dei dieci libri più venduti. Perchè secondo lei gli Usa hanno scoperto Larsson in ritardo rispetto all'Europa. Gira voce di un remake americano, lei ha qualche riscontro in merito?
Michael Nyqvist: Non ho mai compreso a fondo questa smania di 'rifare' degli americani. Nasconde forse una paura della nostra cultura europea, un complesso di inferiorità? Ve l'immaginate la saga Millennium ambientata che ne so, in Alabama? Oppure Tarantino che ne fa un remake con protagonista Brad Pitt? La mia non è una critica, l'America ha ottimi attori e ottimi cineasti ma loro hanno il 'vizio' di fare le cose sempre con occhio commerciale. Se proprio sono intenzionati a farne un remake il mio consiglio è quello di usare attori poco noti.

Qual è secondo lei l'elemento che ha reso i libri così amati dal pubblico?
Michael Nyqvist: Sia i libri che i film hanno un tocco anarchico inconfondibile, Larsson ha voluto mostrarci come sia possibile modificare la società e la propria vita con strumenti semplici come una penna, un telefonino o un computer. Questo a mio avviso conferisce ai libri e ai film quella chiave di lettura anarchica e rivoluzionaria che ne ha decretato il successo.

Qual è a livello giornalistico il modo di affrontare nel suo paese questi casi? C'è secondo lei un'ampia libertà di stampa o come da noi ci sono blocchi e censure?
Michael Nyqvist: Nel 1973 ci fu uno scandalo giornalistico-politico in Svezia che scosse molto l'equlibrio del paese. Un'inchiesta condotta da due giornalisti rivelò l'esistenza di una polizia segretissima legata al partito social democratico. Fu uno shock per la nostra democrazia, un duro colpo che però non portò ai risultati che tutti auspicavamo. I due giornalisti finirono in carcere e nulla è successo ai politici coinvolti. Questo fatto ha innescato una discussione controversa sull'effettiva esistenza di libertà di stampa. Da allora le cose sono molto migliorate ma sono stati anni difficili.

Esiste in Svezia un giornale sulla falsa riga di quello narrato nel film e nei libri?
Michael Nyqvist: Certo, Stieg Larsson era il fondatore e direttore responsabile della rivista di cui si parla nelle sue storie che però in realtà non si chiama Millennium ma Expo. Poi ne esistono anche altre ma il loro problema è che sono troppo noiose ed è un po' difficile venderle, troppo serie per il lettore medio.

Da quel che sappiamo Uomini che odiano le donne era stato concepito per il cinema ma questo secondo e anche il terzo solo per la televisione, poi il successo ha cambiato un po' le carte in tavola. Com'è cambiato produttivamente tutto il progetto? Avete avuto un budget maggiore o più tempo del previsto?
Michael Nyqvist: In realtà noi lo sapevamo dall'inizio che sarebbero andati tutti e tre per il cinema, quando abbiamo iniziato le riprese del secondo sapevamo che sarebbe andato in sala e per quanto ne so io non è cambiato molto a parte qualche dettaglio tecnico di produzione. Posso dirvi per certo che Stieg aveva venduto i diritti ad un'emittente televisiva ed è per questo che durante le riprese dei tre film abbiamo fatto due lavori in parallelo. In pratica è come se avessimo realizzato due prodotti distinti, uno per il cinema e uno per la tv. Per ciascun film abbiamo un'ora extra di girato che sicuramente verrà utilizzato per un'eventuale versione televisiva. La mia esperienza, dopo 19 film interpretati, è che se hai fatto un buon film alla fine in tv ci finisce comunque.